11.02.09
il giornale L'analisi La violenza fu da entrambi i lati Ma basta vittimismo
L'analisi La violenza fu da entrambi i lati Ma basta vittimismo
di Mario Cervi
E' utile avere quante più informazioni e valutazioni è possibile su quella
esemplare vicenda italiana che porta il nome del G8 di Genova (2001). E
dunque ben vengano i due nuovi libri di cui si occupa qui accanto Stefano
Zurlo. Ho definito «esemplari» i fatti di Genova non già - l'avete di
sicuro capito - perché quanto allora avvenne possa essere preso a modello
di gestione dell’ordine pubblico. Furono, quei fatti, esemplari proprio
per il motivo opposto. Vi si scatenarono pulsioni e passioni, anche nelle
forze dell’ordine, che avrebbero dovuto essere evitate: ma che - una lunga
esperienza e una lunga casistica lo dimostrano - inevitabilmente
deflagrano quando la tensione e' al calor bianco.
Non voglio ripetere qui delle ovvieta' . Che cioe' ai dimostranti può essere
concesso il lusso del vociare insultante, della pressione, dell'irrisione
quando non dell'aggressione, e gli uomini in divisa delle forze
dell'ordine devono invece, come sta scritto nei loro regolamenti,
mantenere la calma. Accade poi che la perdano del tutto la calma e che si
lascino andare, come nella scuola Diaz, a eccessi di sconvolgente
violenza. È giusto che chi ha subito percosse brutali accusi poi i
poliziotti che l’hanno colpito, e che i responsabili siano puniti.
Mi sembra invece ipocrita l'atteggiamento di scandalizzata innocenza con
cui dimostranti impegnati in una azione di piazza contro le forze
dell'ordine, risoluti a violare i divieti posti dalle autorita' , smaniosi
di attestare, creando disordini, l'impopolarita' dell'avvenimento -
nell'occasione il G8 - contro il quale si scagliano, ostentino poi stupore
per il divampare di tafferugli. In realta' i disordini sono il loro
obiettivo, e la presenza di telecamere è considerata una ghiotta occasione
propagandistica.
Così come è legittimo protestare, e sacrosanto denunciare i comportamenti
scorretti della polizia, è tartufesco negare l’evidenza: ossia che
scalmanati come Carlo Giuliani, avventatosi contro una camionetta
impugnando un estintore - che non è un arnesino leggero - e che è stato
ucciso da un carabiniere male addestrato e spaventato, fossero e siano
eroi della libertà e della democrazia. Lo sventurato Giuliani era un
ragazzo difficile, che si comportava da sovversivo. Se si tace questo tipo
di evidenze, mistificando la realtà e purtroppo trascinando nella
sceneggiata i poveri genitori dell’ucciso, non si ha poi il diritto
d’insistere - come ha fatto la magistratura, e gliene va reso merito - su
altre evidenze riguardanti invece i poliziotti. Che sono tanto più
pericolosi, nelle emergenze, quanto meno sono preparati ai loro compiti.
Lo spettacolo offerto, ogni volta che lo si è visto in pubblico, dal
carabiniere che ha sparato a Giuliani, era davvero deprimente.
Lo so, si sono avuti - li si hanno quasi sempre - anche atteggiamenti
ambigui o insinceri di dirigenti delle forze dell’ordine. Che si sono
illusi di nascondere le loro colpe con bugie dalle gambe corte:
consapevoli di diventare, quando le cose volgono al peggio, stracci che
ballano. Un capo della Squadra mobile di Milano fu coperto di contumelie,
dopo la strage di piazza Fontana, per avere inizialmente orientato le
indagini verso il circolo anarchico XXII Marzo di Pietro Valpreda che
aveva per motto «bombe, sangue e anarchia». Si sbagliò insistendo su
quella pista. Ma imboccarla dopo lo scoppio di una bomba era proprio così
bizzarro?
Non mitizzo, anzi, le forze dell’ordine. Fanno parte delle strutture di
uno Stato sgangherato, perché mai dovrebbero essere indenni da difetti? Ho
tuttavia la peggio opinione d’un certo rivoluzionarismo e ribellismo
stentoreo, di invettive contro la repressione nei Paesi, come l’Italia,
dove dimostrando non si rischia nulla. Veri eroi e martiri furono e sono
coloro che dimostrano dove per una critica al governo si va in galera.
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