12.11.07
il mattino Lo spettro del G8, la polizia prova ad affidarsi ai silenzi
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Lo spettro del G8, la polizia prova ad affidarsi ai silenzi
Roma. È ormai sera quando il Viminale diffonde una nota con le
dichiarazioni di Amato. C’è il cordoglio per la morte del ragazzo -
Gabriele Sandri, romano di 26 anni -, ma anche la rassicurazione che si
farà tutto quanto possibile per arrivare alla verità . «Sembrerebbe
trattarsi del tragico errore di un agente che era comunque intervenuto per
evitare che una rissa tra tifosi potesse degenerare. Le responsabilitÃ
saranno accertate senza reticenze», dice il ministro. E analoga fermezza è
espressa anche dal capo della polizia Antonio Manganelli: «Mi sento di
assicurare che la Polizia si assumerà le proprie responsabilità e senza
reticenze fornirà massima collaborazione alla magistratura. Un giovane ha
perso la vita per mano di un poliziotto giovane come lui e che era lì per
portare legalità e non certo lutti». «Un giovane - sottolinea Amato - è
morto in circostanze legate alla violenza che ruota intorno al mondo del
calcio, una violenza che costringe tutti i fine settimana migliaia di
uomini e donne delle Forze dell’ordine a presidiare autostrade e città per
evitare il peggio. È estremamemte grave che ancora oggi, invece di
concorrere con dignitoso silenzio al cordoglio per la morte di questo
ragazzo, alcuni abbiano trovato il modo di causare nuovi incidenti»,
scrive il responsabile del Viminale. Perché è stato proprio questo, fin
dall’inizio il timore del Viminale, la paura di nuovi scontri, di altro
sangue. Una paura condivisa, peraltro, anche negli ambienti sportivi.
Tanto che il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete aveva
prospettato un black out per la giornata di ieri. «È successo un evento
tragico, perché è andata persa una vita, ma è stato un evento del tutto
casuale e da inserire in un contesto completamente diverso da quello di
Catania dello scorso febbraio dove ha perso la vita l’agente Raciti». Una
domenica di forti tensioni per il Viminale, in particolare per i vertici
della polizia di Stato. C’è lo spettro del G8 e, subito dopo il fatto,
appare chiaro che la vicenda va gestita nel modo più trasparente
possibile, per evitare nuove polemiche, nuove inchieste. Appunto, un nuovo
caso Genova. Ma le decisioni sul da farsi non arrivano subito. Dal
dipartimento si tende a prendere tempo, in attesa di avere notizie più
precise da Arezzo. Si sceglie di non dare alcuna informazione ufficiale
riguardo alla dinamica, ma ciò non aiuta a fare chiarezza. Di fronte alle
ridda di ipotesi, filtrano le prime notizie sulla responsabilità del
poliziotto della Stradale. Nel primo pomeriggio, d’accordo con la procura
di Arezzo, si decide di improvvisare una conferenza stampa lì in Toscana,
affidata al questore Vincenzo Giacobbe. Ma si decide anche di affiancargli
subito un esperto di comunicazione, Roberto Sgalla, anche lui questore,
responsabile delle pubbliche relazioni del dipartimento, inviato in tutta
fretta con un elicottero ad Arezzo. È lo stesso funzionario che, durante i
drammatici fatti di Genova, ebbe il compito di rispondere alle domande
scomode dei giornalisti (fino a essere tirato in ballo nell’inchiesta che
ne è seguita). Sgobba si presenta alla folla di giornalisti accanto al
collega Giacobbe. È quest’ultimo, in diretta tv, a rilasciare le prime
dichiarazioni. Si vede che è chiaramente addolorato ma anche imbarazzato,
a un certo punto ha difficoltà a rispondere alle domande incalzanti dei
cronisti. Cita anche il G8 e il riferimento non fa piacere a Sgalla che
quasi lo blocca e comincia lui a rispondere. Anzi, non risponde. La
conferenza si trasforma in una semplice lettura di un comunicato. I
giornalisti protestano. E più tardi protesterà anche la Federazione
nazionale della stampa per quella che definisce un’iniziativa anomala
della polizia. m. p. m.