18.06.10
lavoro repubblica Condannato anche De Gennaro i giudici riscrivono la storia del G8
Repubblica Genova
Condannato anche De Gennaro i giudici riscrivono la storia del G8
Il pm Enrico Zucca: "La sentenza di una Corte libera"
Un anno e due mesi per l´ex numero due della questura genovese Spartaco
Mortola
MASSIMO CALANDRI
«Non sono sorpreso ora. Lo sono stato prima, ma allora i giudici di primo
grado si erano forse sentiti investiti da pressioni troppo forti. Forse
hanno semplicemente sbagliato. Se i precedenti verdetti sono stati
ribaltati in maniera così netta ed omogenea, probabilmente è segno che
quelle sentenze erano sbilanciate». Enrico Zucca è insieme a Francesco
Cardona Albini uno dei pm che hanno sostenuto l´accusa contro i
super-poliziotti della scuola Diaz, e contro il prefetto Gianni De
Gennaro. Tutti gli imputati sono stati condannati in appello. «Allora è
vero, le legge è uguale per tutti», hanno commentato gli avvocati delle
vittime. «Sono d´accordo. O magari è solo l´ottimismo del momento.
L´uguaglianza è un´aspirazione. Una tendenza. Di sicuro i giudici hanno
mostrato una grande autonomia di giudizio, sorprendendo tutti e ridando
vita a quell´aspirazione». Queste sentenze riscrivono la storia del G8 di
Genova. «No, la storia non si scrive con le sentenze. Le sentenze si
calano in un contesto storico ma si occupano di casi individuali, di prove
concrete e di persone singole. Questa storia la conoscete bene tutti, non
c´è bisogno delle sentenze». L´inchiesta che ha portato alla condanna del
prefetto De Gennaro è nata da una telefonata intercettata tre anni fa.
Insieme a quella chiacchierata ne sono state registrate altre. Ad esempio
quelle dei colleghi di Colucci, che si felicitavano dopo la testimonianza
resa in aula. "Mi ha chiamato Manganelli e mi ha detto: gli ha dato una
bella botta in testa, a ‘sto magistrato". Antonio Manganelli, attuale capo
della polizia, non ha mai rettificato. «Le intercettazioni. Voi
giornalisti denunciate i pericoli di una legge che ne limita la libertà di
pubblicazione. In questa inchiesta aprivano una squarcio su uno spettacolo
davvero poco commendevole della polizia, e impietosamente negavano quella
versione di facciata secondo cui loro – una delle istituzioni –
rispettavano il lavoro dei giudici. Bene. Mi sono stupito di quanto poco
quelle intercettazioni siano state pubblicate. E ancor meno commentate».
Ma la polizia ha davvero collaborato nell´accertamento della verità sul
blitz della scuola Diaz? «Mi prende in giro? Lo ha scritto bene la Corte
Europea dei Diritti dell´Uomo: questo è stato uno dei casi più clamorosi
di ostruzione alla giustizia, di violazione del dovere che ha lo Stato di
assicurare – in tutte le sue articolazioni – un´indagine indipendente,
rigorosa, approfondita in caso di violazioni dei diritti come quelle che
sono state registrate nel G8 di Genova».
Giuliani, la rivincita delle vittime "Mi chi ha sbagliato deve dimettersi"
Il presidente della Provincia, Alessandro Repetto: "Ora il futuro della
polizia diventa problematico"
Alessandro Repetto, il Presidente della Provincia, parla di valore "anche
etico" della sentenza sul caso De Gennaro - Mortola, ma questo,
sottolinea, non tocca le qualità del corpo di polizia. Spiega il
presidente Repetto: «Se la magistratura, verso cui da sempre provo il più
solido rispetto, è arrivata a una sentenza del genere, c´è un valore
giudiziario e uno etico, direi, anche se, naturalmente, questo non tocca
il valore e le capacità della polizia. Guai se le colpe dei singoli
arrivano a toccare il collettivo. Adesso, però, il futuro della Polizia
diventa problematico». Aggiunge Repetto: «La sentenza é un fatto
clamoroso, che offre bene il senso della libertà della magistratura e la
rende sempre più indispensabile per il Paese. D´altra parte, se colpe ci
sono state, sono state individuate e circoscritte, e, sottolineo, non
tolgono nulla all´apprezzamento per il lavoro quotidiano delle forze di
polizia». Giuliano Giuliani, il padre di Carlo, il ragazzo ucciso in
piazza Alimonda, ragiona così: «Ogni tanto accadono cose che ti fanno
pensare di essere in un Paese normale. Quando ci fu l´assoluzione, in
primo grado, la cosa scandalosa era che c´era un "colpevole", l´ex
questore Colucci, ma non chi l´aveva indotto a sbagliare. La sentenza
d´Appello rimette le cose a posto e stabilisce che è impossibile che De
Gennaro non sapesse quello che stava accadendo a Genova. Dopo la sentenza
Diaz che colpisce i vertici delle forze di polizia, adesso si arriva a chi
sta più in alto di tutti. E allora, al di là del fatto che si deve
comunque aspettare l´ultimo grado di giudizio, in un Paese normale, chi
viene accusato di reati così gravi dovrebbe dimettersi, per dignità,
almeno temporaneamente».
Vittorio Agnoletto, nel 2001 era parlamentare europeo e il portavoce del
Genoa Social Forum. Ora commenta: «avevamo ragione, la condanna De Gennaro
conferma quello che sosteniamo dal 2001: i vertici della polizia erano al
corrente di tutto, di quanto accadeva alla Diaz, e del resto. Ora
dovrebbero dimettersi e si deve far luce su chi erano i mandanti politici
delle violenze, dei successivi depistaggi». Era Genova, alla Diaz, anche
Gigi Malabarba, allora deputato del Prc ora passato a Sinistra Critica.
Che definisce «sorprendente» il verdetto per l´ex capo della Polizia e
loda il lavoro dei pm del caso Diaz che «ha certo contribuito a cambiare
anche questo processo».
(w.v)
Vincenzi, la trincea della democrazia "Chi chiedeva chiarezza aveva
ragione"
Un risarcimento per la città? Le sentenze non possono mai avere un valore
del genere
Mi riconosco in questo Stato che agisce con limpidezza. Ne abbiamo
bisogno, soprattutto ora
WANDA VALLI
Marta Vincenzi, nel 2001 ai tempi del G8, era presidente della Provincia,
una delle prime a lanciare l´allarme sui blac block che si armavano nella
zona destinata a ospitare parte dei manifestanti, a Quarto. Un allarme
inascoltato. Adesso, come sindaco di Genova, conferma: chi allora, in
politica o nelle istituzioni, chiedeva di andare avanti e far chiarezza,
non era un gruppo di scalmanati. E aveva ragione. Molte cose si dovevano
chiarire fino in fondo, ora è accaduto, se ne avvantaggia la democrazia. E
poi sottolinea che ogni sentenza colpisce singole persone, non certo il
collettivo.
Sindaco Marta Vincenzi, con la sentenza d´appello di De Gennaro, dopo
quelle della Diaz e Bolzaneto, Genova si può sentire risarcita?
«Il problema non è il risarcimento alla città, non credo che le sentenze
abbiano un valore del genere in alcun caso, si limitano a giudicare fatti
individuali. Se questa è la premessa, è altrettanto chiaro che le
questioni individuali non debbono trasformarsi in giudizi sommari».
La sua idea sulla condanna dell´ex capo della Polizia e sull´ex capo della
Digos di Genova?
«I giudici confermano che, all´epoca, durante il G8 del 2001, ci sono
stati errori nella catena di comando, errori che rimandano a
responsabilità di singoli e non collettive».
Un giudizio anche etico?
«Spero che tutto derivi da un´attenta valutazione delle carte e delle
testimonianze, senza trascurare un altro fattore».
Quale?
«Chi, in politica, da subito aveva chiesto di fare chiarezza, perché
intuiva che le cose non erano proprio come apparivano, a quell´epoca venne
definito trinariciuto di sinistra che voleva difendere i no global, mentre
il governo era il tutore delle forze di polizia».
E invece?
«Non era così. Le istituzioni che chiedevano di andare fino in fondo,
volevano impedire una giustizia sommaria, non c´erano trinariciuti, il
tema forte era il non nascondere le responsabilità dei black block, dei no
global, ma anche quelle dei singoli che agivano in nome dello Stato. Il
non individuarle significava mettere a rischio la stabilità dello Stato
stesso».
Questa sentenza ha rafforzato lo Stato?
«Il discorso non è di merito ma di principio. Al di là dell´iter
processuale non ancora concluso, al di là dei singoli casi, credo che solo
così, in uno Stato che fa chiarezza, che agisce con limpidezza, io
cittadino posso identificarmi e aiutare la democrazia. Perché riconoscere
certe responsabilità aiuta la democrazia. E noi ne abbiamo bisogno.
Soprattutto in questo momento».