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17.11.08

Repubblica Il giornalista inglese: Manganelli poteva identificare certi agenti ma non l´ha fatto


Repubblica

Il giornalista inglese: Manganelli poteva identificare certi agenti ma non
l´ha fatto
"Troppo tardi per quelle parole" la protesta dei feriti della Diaz
MASSIMO CALANDRI
GENOVA - «Ma Antonio Manganelli non era quello che si complimentava al
telefono col questore Colucci, poi processato per falsa testimonianza
durante il processo Diaz, e gli diceva: "Abbiamo dato una bella botta a
?sto magistrato"?». Le vittime della notte del G8 protestano, dopo la
pubblicazione della lettera del capo della polizia. Mark Covell, il
giornalista inglese che rischiò di morire, pretende un incontro pubblico:
«Manganelli dice che è pronto a muoversi nelle sedi istituzionali: ma
perché non l´ha già fatto all´interno della sua amministrazione? Perché
non ha identificato gli uomini che parteciparono all´irruzione? L´agente
Coda di Cavallo è rimasto senza nome per tutti questi anni. Ed è solo uno
dei tanti».
Lorenzo Guadagnucci, un altro giornalista picchiato nella scuola, risponde
insieme ad Enrica Bartesaghi, madre di Sara, un´altra vittima, a nome del
Comitato Verità e Giustizia: «Vorremmo ricordare al dottor Manganelli che
la polizia di Stato ha avuto sette anni di tempo, e alcune centinaia di
udienze in tribunale, per dare spiegazioni al paese (e ai giudici) su quel
che accadde a Genova. Sette anni per ?muoversi con i fatti´ e per
dimostrare quella fedeltà alla Costituzione che nella notte del 21 luglio
2001 alla Diaz non fu assolutamente messa in pratica. Il tribunale non è
forse un luogo ?istituzionale e costituzionale´ nel quale dare le dovute
spiegazioni? Né lui né il suo predecessore Gianni De Gennaro hanno mai
chiesto scusa alle vittime dei brutali pestaggi e degli arresti arbitrari:
la polizia, come denunciato dai pubblici ministeri in aula, ha ostacolato
l´inchiesta e il processo. Ben 27 funzionari su 29 si sono avvalsi della
facoltà di non rispondere Un loro diritto, certo. Ma funzionari e
dirigenti fedeli alla Costituzione non dovrebbero evitare di ripararsi
dietro questa formula come farebbero imputati comuni per reati comuni?».
Le conclusioni sono amare. «Temiamo che le ?spiegazioni´ che vorrà dare al
paese saranno tardive e quindi insufficienti a cancellare quella macchia
che dal 2001 deturpa l´immagine della nostra polizia». C´è però ancora
spazio per una proposta. «La invitiamo a chiedere formalmente scusa alle
vittime dirette e a tutti i cittadini per gli abusi commessi. E a
rimuovere immediatamente dai rispettivi incarichi tutti gli agenti e
funzionari già condannati in primo grado».

Il Pd: bene Manganelli in aula la verità sul G8
ROMA - Dopo la lettera a Repubblica del capo della Polizia Manganelli sui
fatti della Diaz, Veltroni chiede l´intervento del Parlamento. Manganelli
aveva infatti annunciato «siamo pronti a fare luce su quel che è
successo». Alle sue parole risponde il leader del Pd: «La sentenza dei
giorni scorsi, che ovviamente rispettiamo, lascia ampi spazi di incertezza
e di ombra. Ora proprio quelle ombre vuole cancellare Manganelli, della
cui fedeltà costituzionale nessuno può dubitare. E la sede istituzionale
che ha il compito di accertare la verità dei fatti, anche al di là delle
sentenze, è, per prima cosa, il Parlamento».

"G8, cancellare le ombre in Parlamento"
Veltroni: Manganelli coraggioso. La Russa: no alla commissione d´inchiesta
La proposta del Pdl: il capo della polizia parli alle commissioni Affari
costituzionali
LIANA MILELLA
ROMA - È il Parlamento la sede «istituzionale e costituzionale» dove il
capo della polizia Antonio Manganelli può fornire «le spiegazioni di cui
il Paese ha bisogno» sui fatti del G8 di Genova, sulla Diaz e su
Bolzaneto. Manganelli scrive una lettera a Repubblica, il dibattito si
apre. Col il niet di sempre del centrodestra a una commissione
d´inchiesta, ma con la manifesta disponibilità , di tutto il Pdl (sia Forza
Italia che An), ad ascoltare subito cos´ha da dire il capo della polizia.
«Parli davanti alle commissioni Affari costituzionali riunite della Camera
e del Senato» dice il vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio Italo Bocchino.
Il leader del Pd Walter Veltroni punta molto più in alto, vuole «accertare
la verità dei fatti» e insiste sulla commissione d´inchiesta, ma la strada
per un´indagine parlamentare, stando ai numeri, appare tuttora
impossibile. Al no irremovibile della destra - lo ribadisce il ministro
della Difesa Ignazio La Russa dichiarando «io ero e resto assolutamente
contrario» - si aggiunge quello dell´Udc (Michele Vietti: «Per noi il
capitolo è chiuso») e la netta contrarietà di Antonio Di Pietro che apre
però a una commissione d´indagine che «dia un giudizio politico sui fatti
del 2001». Il gesto di Manganelli è apprezzato da tutti. Solo una voce
critica, il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero che paragona le sue
parole a «lacrime di coccodrillo» e le trova «gonfie di ipocrisia».
È opposto il giudizio di Veltroni che ha letto la lettera «con grande
interesse» e la definisce «un gesto di coraggio e d´orgogliosa
rivendicazione del lavoro compiuto da lui e da decine di migliaia di
poliziotti in Italia sottopagati e che in questi giorni subiscono nuovi e
pesanti tagli alle risorse destinate alla sicurezza». Ma a colpire
Veltroni è «la voglia di superare i gravissimi fatti di Genova attraverso
l´accertamento puntuale della verità ». La sentenza sulla Diaz, pur «da
rispettare», «lascia ampi spazi d´incertezza e d´ombra». E sono giusto
quelle ombre che Manganelli, «vuole «cancellare». La «sede istituzionale
che ha il compito di accertare la verità dei fatti anche al di là delle
sentenze», per Veltroni, non può che essere il Parlamento.
La sinistra lo dice da sempre, ma la commissione d´inchiesta richiede una
maggioranza che non c´è stata e non c´è. Basta sentire l´aennino La Russa:
«Manganelli è un servitore dello Stato e non può che dire quello che ha
detto. Ma la "sede istituzionale" è il processo. Lì è caduto il teorema
dei vertici della polizia responsabili e mi auguro che in appello cada
qualche altra condanna. Una commissione ora sarebbe solo un modo per
contrastare la decisione dei giudici». Una commissione che «sarebbe
servita e servirebbe solo per criminalizzare la polizia».
Per ragioni opposte - «Non si può fare in Parlamento il processo al
processo» - il capo dell´Idv Di Pietro non cambia idea: «I processi si
fanno in tribunale e si prende atto delle sentenze senza commentarle. Ora
la soluzione migliore è quella del pm che presenterà appello. La via era e
resta giudiziaria». Nessuno spazio politico? «Una valutazione si può fare,
ma solo con una commissione d´indagine che rilegga le carte del processo,
tenga audizioni, si concluda con relazioni di maggioranza e di minoranza».
Sulle commissioni d´inchiesta il suo scetticismo è totale perché
«risentono degli equilibri politici del momento». Quanto a Ferrero, che
per questo lo critica duramente, la replica è secca: «Lo stimo, ma da ex
pm dico che tocca alla magistratura terza e imparziale accertare le
responsabilità ».
Ma la via parlamentare non è preclusa. Dice il capogruppo del Pdl alla
Camera Fabrizio Cicchitto: «Se Manganelli ritiene di aver cose importanti
da dire per chiarire i fatti di Genova siamo pronti ad ascoltarlo». E il
suo vice Italo Bocchino fa un passo concreto in avanti: «La commissione è
un´ipotesi lunare, soprattutto ora che la sentenza ha accertato che non ci
sono state responsabilità istituzionali. Tuttavia Manganelli è un uomo
delle istituzioni e vuole fugare ogni dubbio. Per questo basta
un´audizione alle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato.
Può durare ad libitum, sarà pubblicata, ma senza mettere in discussione le
forze di polizia come vorrebbe fare la sinistra massimalista con la
commissione d´inchiesta». Dal Senato arriva il primo sì di Carlo Vizzini,
presidente forzista della prima commissione: «Se Manganelli vuole riferire
alle Camere non ci sono controindicazioni, ma evitiamo d´incrociarci col
processo tuttora in corso. Se il principio vale, deve valere sempre». È
scettico il centrista Vietti: «L´inchiesta sul G8 è durata anni, ora c´è
una sentenza, la procura farà appello, restano due gradi di giudizio.
Altri capitoli, come la commissione d´inchiesta o altro, sono chiusi».

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