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12.07.08

secolo xix Diaz: i poliziotti si sono dedicati prima alla mattanza e poi alla falsificazione di prove

Oggi il capitolo dedicato alle false molotov, lunedì ci sarà la richiesta
pene per Bolzaneto

Diaz: i poliziotti si sono dedicati prima alla mattanza e poi alla falsificazione di prove

Checchino Antonini
Genova (nostro inviato)
«Dal fiume delle testimonianze alle acque paludose delle dichiarazioni degli
imputati». L'immagine scelta dal pm Enrico Zucca per descrivere il sommario
della quarta udienza dedicata alla requisitoria Diaz, è una rara concessione
all'eloquenza dopo ore e ore dedicate alla puntigliosa analisi di
testimonianze e prove per ricostruire la mattanza cilena avvenuta tra il 21
e 22 luglio di sette anni fa nella scuola genovese dove dormivano alcuni dei
partecipanti alle giornate del social forum.
Riassunto delle puntate precedenti: 93 persone, 62 delle quali pestate di
botte con lesioni gravissime, furono arrestate per devastazione, saccheggio
e resistenza nell'ambito di quella che venne definita una «normale
perquisizione».
Quegli arresti non sarebbero mai stati convalidati e 29 tra pezzi grossi e
semplici agenti finiranno sotto processo per le violenze e gli arresti. La
totalità dei picchiatori in divisa, che agirono travisati, la farà franca
grazie alla copertura offerta dal Viminale che non ha collaborato alle
indagini. Candidamente lo stesso Manganelli, successore di De Gennaro,
risponderà a un legale delle difese che non ci fu alcuna indagine interna
per individuare gli aggressori. I 29, addirittura, sono stati tutti
promossi. De Gennaro, accusato di aver indotto il questore di Genova
dell'epoca a testimoniare il falso, è divenuto il Negroponte italiano capo
dei servizi segreti.
E tutto ciò senza alcuno scandalo da parte della politica (anzi uno dei
ministri di Berlusconi, La Russa, è nel collegio difensivo) che sembra non
prestare alcuna attenzione (con l'eccezione dei soliti rifondaroli) alla
requisitoria-fiume pronunciata nell'aula bunker del palazzo di giustizia
genovese. Ieri, la pubblica accusa è tornata sulla «normale perquisizione».
In particolare sulla fase finale, la "bonifica" (ternine mutuato dall'arte
militare), che è stata definita tutt'altro che quell'«atto di polizia
giudiziaria» millantato dalle versioni ufficiali ma un vero e proprio
«inquinamento di prove», «corruzione e pervertimento delle funzioni di
polizia». Sconcertante la mancanza di attribuzione dei reperti probatori - è
stato ricordato l'ammasso di zaini, vestiti e attrezzi trafugati al cantiere
aperto nella scuola - agli arrestati che, almeno quelli in grado di farlo -
furono ammassati anche loro, gambe incrociate e sguardi bassi, se no altre
manganellate. Sconcerta i pm anche la devastazione, da parte dei pubblici
ufficiali, di vetrine, materiale didattico e computer. Queste le premesse
per introdurre il «percorso non agevole tra le dichiarazioni dei
sottoscrittori dei verbali». Ne furono redatti 2, uno per gli arresti
firmato da 15 poliziotti e l'altro per la perquisizione siglato da 9 di
loro. Poche firme rispetto alla dimensione del blitz. La «valutazione di
sintesi» che ne fa Zucca «sta tutta nella sconcertante constatazione che
nessun elemento è stato fornito a sostegno delle operazioni descritte». Quei
verbali sarebbero un cumulo di bugie sottoscritte da funzionari che non
avrebbero mai confermato quanto descritto in quelle carte, personaggi
marginali o addirittura estranei a quelle operazioni, uno dei quali -
«macchia indelebile» nemmeno sarà mai identificato, Tanto che il capo della
mobile di Spezia prenderà le distanze da un atto di cui i suoi ragazzi sono
il gruppo più numeroso di firmatari.
Verbali fatti anche male, scorretti: «Irrecuperabile la personale
attibuzione delle fasi dell'operazione». Ma, come non fu un errore
l'irruzione abusiva nella scuola di fronte, la sede del Gsf, anche qui fu
«armonica la convergenza delle alterazioni dei dati». Fu un falso in atto
pubblico. E neppure è vero che gli arrestati furono presi tutti nella
scuola, e che sarebbero stati edotti del diritto di scegliere tra i presenti
una persona di fiducia che li assistesse nella perquisizione. Suona
paradossale che avrebbero dovuto scegliere uno dei robocop che li aveva
pestati pochi istanti prima. Ai cancelli, negli stessi momenti, il portavoce
del capo della polizia dell'epoca sbarrava «bruscamente» la strada a legali
e parlamentari.
E nella scuola di fronte uomini in borghese trafugavano i computer dei
giuristi democratici. Oggi il capitolo dedicato alle false molotov mentre
lunedì ci sarà la richiesta pene per Bolzaneto e, il giorno successivo,
inizierà la settimana di iniziative per il settimo anniversario
dell'omicidio di Carlo Giuliani e delle violenze inaudite sui trecentomila
che contestavano il G8. Proprio in questo incrocio di scadenze, mercoledì,
sapremo le pene che i pm chiederanno per i 29 imputati della Diaz.

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