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04.04.09

unita I Pm Zucca e Cardona: Dal tribunale un lavoro solo compilativo


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I Pm Zucca e Cardona: Dal tribunale un lavoro solo compilativo
di Claudia Fusani

«Non e' stata fatta giustizia». Non e' una frase scritta sui muri o su un
volantino ribelle. Sono le parole con cui i pm Enrico Zucca e Francesco
Cardona Albini chiudono il ricorso in Appello con cui chiedono di fare un
nuovo processo ai 29 poliziotti che la sera del 21 luglio 2001 fecero
irruzione nella scuola Diaz massacrando di botte 93 manifestanti sorpresi
in pieno sonno. «Il sangue versato e la sospensione del diritto in quella
notte richiedono piu' adeguata ricerca sugli autori e sulle cause» scrivono
i magistrati. Su 29 imputati, sedici sono stati assolti a novembre scorso
dopo tre anni di processo e otto di indagini. Erano all'epoca dei fatti, e
sono tutt'oggi, i massimi vertici della polizia. Chiudere gli occhi,
accettare quella sentenza, accusano i pm, «avrebbe conseguenze
assolutamente nocive sul piano istituzionale». Quelle assoluzioni, in
buona sostanza, creano un «precedente giuridico gravissimo»: quello per
cui la polizia puo' sospendere il diritto, confondere le acque e far
sparire le prove, fabbricarne addirittura di false, falsificare gli atti e
farla franca. Un precedente che sarebbe grave si consolidasse proprio alla
vigilia di un nuovo G8 italiano e mentre tornano le minacce e a Londra un
manifestante del G20 muore in strada.

Zucca e Cardona Albini impiegano 109 pagine per smontare le motivazioni
della sentenza pronunciata dal presidente del tribunale Gabrio Barone che
invece ha spiegato l'assoluzione con l'assenza di prove («esistono solo
indizi e non univoci»).
I pm accusano il tribunale di aver evitato «la responsabilita' di motivare»
l'assoluzione di 16 dei 29 imputati, un lavoro «solo compilativo» in cui
«non ha valutato a dovere i mezzi istruttori» e «le dichiarazioni
testimoniali». Per l'accusa la notte della Diaz non puo' essere solo colpa
di qualcuno a cui e' scappata la mano; quella notte, dopo la morte di
Giuliani e due giorni di delirio, finito il vertice, fu deciso un cambio
di strategia. Lo ha spiegato al processo il prefetto Ansoino Andreassi,
fino alla mattina del 21 luglio 2001 responsabile della sicurezza del G8:
«Ci fu una decisa virata nella politica della gestione dell’ordine
pubblico proveniente dal vertice del Dipartimento della pubblica sicurezza
mirante all’accentuazione dell’aspetto repressivo (...) tanto che nel
pomeriggio del 21 viene inviato a Genova il prefetto La Barbera, capo
dell’antiterrorismo». Una deposizione «decisiva - si legge - per la
ricostruzione della catena di comando» e invece valutata «in modo
asettico» dal tribunale. Tribunale che «scarta apoditticamente l'idea che
l'agente Nucera abbia potuto togliersi il giubbotto per colpirlo col
coltello».

E' una delle tante prove false fabbricate per motivare la reazione degli
agenti. «Nucera - si legge nell'appello - (che in un primo tempo aveva
detto di essere stato aggredito da un no global e' piu' credibile quando
aggiusta a posteriore la sua versione, dopo aver saputo che la consulenza
del Ris lo sbugiarda». Durissimo il capitolo dedicato alle due bottiglie
molotov, reperto chiave la cui presenza nella scuola Diaz aveva motivato
l'irruzione e che poi invece risultano essere state portate a posteriori
da Troiani e Burgio, tra i sedici condannati con gli uomini del Reparto
mobile guidato da Canterini. Troiani e Burgio hanno agito da soli?
Impossibile, dicono i pm, «ricostruendo la gestione del reperto si prova
il pieno coinvolgimento e la consapevolezza di tutti gli imputati ciascuno
con il proprio ruolo corrispondente alla gerarchia e funzione».

Si tratta di Gratteri, attuale n°2 della polizia, Gianni Luperi, n°3
dell’Aisi, e poi Calderozzi, Ferri, Di Bernardini, Dominici e altri,
assolti in I grado perche' il fatto non sussiste. Quelle molotov poi sono
scomparse dall'ufficio reperti «per opera del personale Digos che si
sarebbe portato via il corpo del reato». Una vicenda su cui il Tribunale
non ha mai voluto scavare fino in fondo tanto che i pm contestano
«l'omessa pronuncia».

«Questo drammatico panorama di violazioni diffuse - si legge nell'appello
- si e' riprodotto davanti a un Tribunale che non ha ritenuto di
stigmatizzare questi comportamenti». Non solo, un Tribunale che «neppure e'
intervenuto sui numerosi testimomni reticenti e imprigionati da codici
omertosi». Anche la Procura generale, eccezzionalmente, ha presentato
appello. C'e' tempo fino al 2014 per arrivare ad una nuova sentenza.
04 aprile 2009

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