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03.11.05

Violenze del G8 PERCHE' I MAXIPROCESSI SONO ORMAI IMPOSSIBILI Dopo quattro anni, tre "maxiprocessi". Quello ai presunti Blackbloc: ventisei imputati di devastazione e saccheggio. Le udienze vanno avanti da più di un anno, ma siamo ancora nella fa

Violenze del G8

PERCHE' I MAXIPROCESSI
SONO ORMAI IMPOSSIBILI
Dopo quattro anni, tre "maxiprocessi". Quello ai presunti Blackbloc:
ventisei imputati di devastazione e saccheggio. Le udienze vanno avanti da
più di un anno, ma siamo ancora nella fase dell'istruttoria
dibattimentale. Ancora decine di testimoni da ascoltare. Quello della
Diaz: rinviati a giudizio ventinove tra funzionari e agenti accusati di
falso, calunnia e concorso in lesioni gravi per l'irruzione nella scuola.
Il dibattimento è iniziato a luglio. Infine, quello di Bolzaneto:
quarantacinque imputati tra poliziotti, carabinieri, polizia penitenziaria
e medici; rinviati a giudizio per abusi e violenze inflitti ai
manifestanti detenuti nella caserma. Appena iniziato e subito rinviato al
3 novembre. (Marco Preve, la Repubblica-Il Lavoro, 14 ottobre).
Centinaia di avvocati della difesa e delle parti civili e centinaia di
testimoni. Anni di indagini da parte della Procura, udienze preliminari,
dibattimenti, decine di avvocati eccellenti pronti a difendere gli
imputati dal processo dilatandone ulteriormente i tempi. Il tutto nella
difficoltà di reperire spazi adeguati dove celebrarli anche se da lungo
previsti e di concordare con le parti complessi calendari per le udienze.
Sempre nel rispetto dell'immutabilità dell'organo giudicante, perché si
sa, se un giudice si ammala o cambia ufficio, si deve ricostituire il
collegio oppure, se si è già cominciato, si deve ripartire da capo. In
breve, processi che non arriveranno mai alla fine.
Un senso di sconfitta e di amara impotenza si diffonde. La sezione ligure
dell'Associazione Nazionale Magistrati, che da tempo denuncia la
situazione, ribadisce che essa è diventata insostenibile e chiede un
"immediato intervento anche degli Enti locali" (comunicato del 27
ottobre). Il PM Mario Morisani, alla prima udienza per le violenze a
Bolzaneto lancia un appello che chiarisce la dimensione del problema:
"abbiamo bisogno di una sentenza che dica se queste cose sono accadute o
meno e pazienza se poi - nei gradi successivi - interverrà la famigerata
prescrizione. Lo vuole non il nostro piccolo mondo, ma quello che sta
fuori: la società nazionale ed internazionale. Perché a Genova sono in
gioco i principi fondamentali della società civile" (Massimo Calandri,
Repubblica 13 ottobre).
Sono sorti dei contrasti. Ad articoli polemici da parte della stampa
locale, che si limitavano a segnalare l'assurda e purtroppo prevedibile
situazione, sono seguite precisazioni e rettifiche da parte di magistrati
che si sono sentiti chiamati in causa. Ma non pare sia emerso il nocciolo
della questione. La condizione necessaria per celebrare "maxiprocessi" che
abbiano la possibilità di concludersi entro tempi ragionevoli sta non solo
nel lavoro dei magistrati, ma anche nella volontà politica di chi deve
assicurare i mezzi necessari per il loro regolare svolgimento. La stagione
dei famosi maxiprocessi di Palermo, con oltre 1.400 imputati, iniziata nel
1986 si concluse con le condanne in cassazione nel 1992. Sei anni. Ma
allora c'era almeno, oltre ai magistrati, una parte dello Stato che si
impegnava per arrivare al verdetto definitivo. Oggi, è evidente, non
esiste nulla di simile. Il ministro Castelli, rispetto alla lentezza del
processo per le violenze alla caserma di Bolzaneto, durante una visita al
Salone Nautico, serafico dichiara: "Non capisco perché i giudici parlino
di 250 sedute, di 250 giorni lavorativi. Non vedo perché si debba fare
tutto in tre anni, anziché in uno. Non riesco a comprendere perché non
basti". Questo ministro, che pure è ministro della Giustizia, non
comprende. Al vertice dello Stato. E in buona compagnia.
(Oscar Itzcovich)

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