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13.01.09

repubblica Dal G8 alla caccia ai romeni, in un libro la rabbia degli agenti nascosta

Repubblica Nazionale

Dal G8 alla caccia ai romeni, in un libro la rabbia degli agenti nascosta
nel web
Il blog dei poliziotti cattivi
CARLO BONINI

Cosa hanno sedimentato Genova e il G8 nella pancia e nella testa dei
reparti celere della polizia di Stato? Quali umori covano, oggi, le loro
uniformi? Sette anni dopo la notte della Diaz, un libro, "Acab" (edito da
Einaudi), va al fondo di una ferita mai rimarginata e alle radici
dell´odio italiano. Il vicequestore Michelangelo Fournier (condannato per
i fatti della Diaz), i celerini "Drago" e lo "Sciatto" sono i protagonisti
di una storia vera che svela e documenta un universo rimasto sino ad oggi
chiuso. A cominciare dalle sue voci.

Rabbia, odio, spirito di corpo. Carlo Bonini racconta in un libro i duri
delle forze dell´ordine. A partire dalle loro discussioni segrete sul Web
CARLO BONINI E GABRIELE ROMAGNOLI NELLE PAGINE SUCCESSIVE
Le violenze alla Diaz dopo il G8 di Genova? Non mi vergogno di nulla.
Accanirsi con trenta manganellate su un manifestante inerme? Dopo ore di
sassaiole, quando becchi uno che ti sta davanti è difficile picchiarlo
solo un poco. Gli ultras? Dobbiamo fargli tanta paura che non devono
pensare di poterci attaccare senza lasciarci le ossa. L´Italia non è uno
stivale. È un anfibio di celerino

L´ONDA ANOMALA CHIAMATA ODIO
Cosa hanno sedimentato Genova e il G8 nella pancia e nella testa dei
reparti celere della polizia di Stato? Quali umori covano, oggi, le loro
uniformi? Sette anni dopo la notte della Diaz, un libro di Carlo Bonini -
"Acab", Einaudi editore - va al fondo di una ferita mai rimarginata e alle
radici dell´odio italiano Il vicequestore Michelangelo Fournier
(condannato per i fatti della Diaz), i celerini "Drago" e lo "Sciatto"
sono i protagonisti di una storia vera che svela e documenta un universo
rimasto sino ad oggi chiuso A cominciare dalle sue voci Come quelle del
"blog" intranet del ministero dell´Interno aperta agli appartenenti dei
reparti mobili e dedicata proprio ai fatti di Genova, di cui potete
leggere in questa anticipazione di uno dei capitoli del libro

GABRIELE ROMAGNOLI

Se occorresse una password per aprire un libro, con "Acab" dovreste
provare "odio". Non funziona? Allora tentate "tanfo". Sono le parole
chiave del testo di Carlo Bonini che non è il riversamento di una serie di
interviste registrate, ma piuttosto del rumore di fondo. Quello che pochi
sanno ascoltare, quello che poi produce un´onda definita anomala solo
perché non la si era vista arrivare. Si legge la cronaca più efferata, si
prende atto delle dichiarazioni irragionevoli di questo o quell´onorevole,
si osserva con disneyana sorpresa l´avvento al potere di un manipolo di
gaglioffi senza qualità e ci si chiede: ma questi da dove sbucano? E,
ancor più: che cosa, chi mi rappresentano? "Acab" è una delle risposte.
Una delle tante verità che il club mediatico, perduto
nell´autoreferenzialità, abbagliato dal riflesso dei lustrini, sviato al
bivio tra la rappresentazione del mondo come dovrebbe essere e come invece
è, non ha saputo cogliere per tempo.
C´è una frase di Harold Brodkey, contenuta nel suo diario terminale
"Questo buio feroce" che potrebbe fare da premessa e antitesi a questo
libro: «Il giornalismo migliore degli ultimi cinquant´anni è stato di
sinistra; il che significa che la natura umana è stata ritratta come
innocente, come decorosa dall´inizio alla fine di ogni storia». Ecco,
"Acab" non commette questo errore. In "Acab" nessuno è innocente, la
natura umana è indecorosa dall´inizio alla fine della storia.
Si comincia (dopo un prologo che fa in senso logico da epilogo) con la
preparazione dei tre poliziotti protagonisti (il vicequestore Fournier e i
celerini soprannominati Drago e Lo Sciatto) al G8 di Genova. La
"macelleria messicana" che ne seguì appare un evento ineluttabile in
quanto progettato. La dotazione dei "tonfa" ("un arnese duro come
l´acciaio, dall´impugnatura a T, un´arma tradizionale delle arti marziali
cinesi e giapponesi"), lo scontro, così poco "simulato" con i celerini
napoletani: tutti preamboli a una storia che si voleva scrivere
esattamente così. Uomini come Fournier, Drago e Lo sciatto furono la
penna, più che il braccio. Poco conta il loro genuino disprezzo per "il
popolo antagonista", il loro innato culto per il dispiegamento della forza
come elemento puro e dirimente: restano un ingranaggio. E resta la domanda
retorica di Drago: «A noi il culo chi ce lo parerà se le cose andranno
storte?». La risposta è ovvia e constatata: nessuno.
Infatti anni dopo si ritrovano, dislocati e neutralizzati, alla vigilia di
un´altra battaglia, questa sì imprevista. Roma-Cagliari si annunciava una
partita come tante, una passeggiata di salute per pre-pensionati della
celere. Senonché alla vigilia, in autogrill lontano, un tifoso laziale di
nome Gabriele Sandri è stato ammazzato da un agente e lo stadio diventa
l´epicentro di una guerra non dichiarata tra le tifoserie unite e la
polizia. Tra la notte della "macelleria messicana" e quella della
battaglia dell´Olimpico sono trascorsi 7 anni. E in quell´arco di tempo è
cresciuto l´odio, è salito il tanfo. In un´Italia a lontana equidistanza
dagli studi televisivi infestati da tuttologi e squinzie e dalle sale
convegni analogamente popolate il rumore di fondo si è fatto assordante.
"Acab" lo riporta, senza preoccuparsi è vero della struttura narrativa, ma
badando a riprodurlo fedelmente. Il rumore di fondo è l´insofferenza del
celerino che con inconsapevole ironia fa il verso a Pasolini e dice alla
moglie «io so». Che cosa? «Quale ipocrita recita sta andando in scena». È
il traffico di parole cariche di conseguenze sulla strada reale che i
poliziotti si scambiano su quella virtuale della chat. È il motto "padroni
a casa nostra" che parte dalle periferie di Roma, umiliate dall´arroganza
dello straniero e dall´omicidio di Giovanna Reggiani. È l´accoglimento di
quel motto da parte di chi dovrebbe avere come sola linea guida il
rispetto della legge. È la mistica degli ultrà, ormai totalmente
scorporata dal tifo e dalla squadra, che riunisce in un solo pantheon
degli eroi Garibaldi, gli Arditi della prima guerra mondiale, i Franchi
tiratori «che accoglievano gli invasori anglo-americani nell´unico modo
possibile» e Carlo Giuliani. Sono forme contrapposte della deriva
fascistoide quelle che si contrappongono nella finale notte di Roma, in
un´oscurità più mentale che temporale. Ma qui siamo e di questo dobbiamo
rendere conto, per non finire come quegli italiani, comprensibilmente
esecrati da Fournier turista a New York, che se ne stanno, esuli in nota
spese, nel loro loft a Tribeca e da lì commentano con il sopracciglio
alzato quel che accade in un luogo a loro di fatto straniero. Qui siamo e
con questo odio e tanfo dobbiamo fare i conti, prima che diventi più
ancora che filo della cronaca, segno della storia.
Il prologo, dicevo, è nella logica un epilogo. Un paio di ultrà romanisti
in autostrada viene aggredito da un convoglio di napoletani ancor più
feroci. Li salva l´arrivo della polizia. C´è stato il G8 di Genova e c´è
l´emergenza quotidiana. Ci sono mali tra cui scegliere, nessun santo a cui
votarsi, ma qualche diavolo minore. Qualcuno potrà accusare Bonini di aver
contratto una "sindrome di Stoccolma" verso i celerini. Chi pensa che
"tutti i poliziotti siano bastardi" non legga questo libro, ma neppure
chiami mai il 113.
Viaggio nel blog riservato dei poliziotti tra orgoglio e sfoghi, rabbia e
lunghe confessioni "Nessuna vergogna per i giorni del G8 di Genova e per
gli errori di qualcuno di noi" Ma c´è anche chi avvisa: "Ragazzi, non
siamo nel Cile di Pinochet, non ci pagano in pesos"
"Ricordo Bolzaneto: io c´ero e posso dire che non c´è niente da nascondere"
"I colleghi che si accanivano con i manganelli sul primo che passava hanno
sbagliato?"

CARLO BONINI

Clic.
«Cari colleghi, riteniamo giusto rammentare, per senso di responsabilità,
che DoppiaVela è uno spazio per i poliziotti messo a disposizione dalla
polizia di Stato. Le critiche, le lamentele, le segnalazioni di
disservizi, anche se esternate in modo aspro ma corretto, fanno parte
delle normali dinamiche di dialogo tra l´amministrazione centrale e i
singoli dipendenti. Trovano dunque una sede naturale all´interno del
portale che non può, però, garantire spazi che la normativa vigente
attribuisce ad altri soggetti…».
Clic.
Ogni volta che entrava in quella benedetta chat intranet, Drago ne gustava
la dimensione perversa. A cominciare da quel nome un po´ ingessato -
DoppiaVela, la sigla della centrale operativa nelle comunicazioni radio -
e dal post politicamente corretto che metteva sull´avviso i naviganti.
Perché la verità era che lì dentro si poteva finalmente essere un po´
guardoni e un po´ scorpioni. Masturbarsi dietro un avatar, leggendo
l´illeggibile o scrivendo l´inconfessabile. Divorarsi a vicenda - sì,
proprio come scorpioni in bottiglia - soltanto per scoprirsi più soli
nella propria rabbia.
Finita sulle prime pagine dei giornali con sei rotondi anni di ritardo, la
«macelleria messicana» del dottor Fournier era stato un potente lassativo.
Il forum era impazzito. Genova, troppo lontana e spaventosa per sembrare
ancora vera, era diventata solo l´occasione per un outing collettivo. La
prova, ammesso ce ne fosse bisogno, che il tempo era stato una pessima
medicina. Che odio chiama odio.
Clic.
G. DA ROMA Ecco che spunta fuori un nostro bel funzionario, che da buon
samaritano riaccende fiamme polemiche e propositi dinamitardi. Che,
sicuramente, nelle prossime manifestazioni gli antiglobal metteranno in
atto perché più autorizzati che mai. Ma quando la finiremo di fare sempre
queste mere figure e inizieremo a tenere la bocca chiusa?
Per Aspera ad astra.
N. DA ANZIO Fournier poteva e doveva risparmiarsi la frase a effetto,
«macelleria messicana». Adesso, per i colleghi ci sarà la solita Santa
Inquisizione mediatico-politica.
Unus sed leo.
I. DA GENOVA Ma questo Fournier dov´era durante gli scontri? Ancora non
l´ho capito. Era fra i manifestanti? Ha respirato lacrimogeni? O aveva una
mascherina? Secondo me si è messo a cantare perché non gli hanno dato
nessuna promozione.
P. DA BARI È ancora in polizia o ha chiesto di passare alla politica?
Sono pronto a mostrare il petto e non voglio essere bendato. Ma tu hai il
coraggio di guardarmi negli occhi? E che cazzo, mostra ai più di essere
uomo. Barcollo ma non mollo.
D. DA LA SPEZIA Colleghi, basta di parlare di questo soggetto. È penoso e
noi lo stiamo aiutando nella sua viscida campagna elettorale.
A. DA CAGLIARI Genova, presente con orgoglio e senza nulla da nascondere.
Posso testimoniare di Bolzaneto! Non si tratta di essere grandi e non è
veramente falsa modestia… è solo servizio! Ero al VI reparto mobile di
Genova.
L. DA SALUZZO Io c´ero. VI reparto mobile. Tanto orgoglio, tanta rabbia!
Clic.
(...)
C. DA ROMA Non capisco perché non vogliate parlare degli errori commessi.
Qui si tratta di dire chiaramente:
I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?
I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste
meritano la nostra esecrazione, o no?
I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava
senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero,
hanno sbagliato, o no?
La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz,
parla di «Uno a zero» dimostra di essere intelligente?
Su queste cose non ci può essere ambiguità!!!
L´esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.
Clic.
E bravo il nostro C., pensò Drago. Stai a vedere che ora gli vanno addosso
i padovani. Se ne stanno zitti da troppo tempo. Ma è più forte di loro. Se
c´è da far vedere chi ce l´ha più duro, loro non sanno resistere.
Rinfrescò la chat. Solo per vincere una scommessa troppo facile.
Clic.
E. DA PADOVA Caro C., rispondo alle tue domande:
"I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?"
No. Non mi vergogno del fatto che in polizia ci siano dei coglioni. Non
più del fatto che ci siano in Italia. Sono fiero di essere celerino e
italiano, nonostante loro!
"I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste
meritano la nostra esecrazione, o no?"
No. Per questa domanda, oltre a valere la risposta sopra, concedimi anche
il beneficio del dubbio. Chi prenderebbe seriamente un tentativo di
violenza a una capra malata? Il popolo antagonista non brilla certo per
l´attaccamento all´igiene! Non credo a quello che, sicuramente in
malafede, sostengono questi personaggi!
"I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che
passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento
vero, hanno sbagliato, o no?"
No. Pur essendo convinto assertore della totale inutilità di infierire su
un manifestante inerme (questo è l´unico sbaglio, sprecare le forze su uno
solo), sappi che è impossibile farsi rivelare dal manifestante durante la
carica, se è un «povero illuso pacifista» o meno. È inoltre abbastanza
difficile, dopo ore di sassaiole subite, magari con fratelli feriti anche
gravemente, beccare uno dei personaggi che ti stanno avanti e picchiarli
solo un pochettino. Quello che dico è che il povero illuso, visti gli
stronzi che stavano con lui, poteva tornarsene a casa invece di
manifestarci insieme! Se gli è andato bene fare da scudo per questi
delinquenti, allora non si può lamentare di subirne le conseguenze! Che
poi qualche collega si sia comportato come un qualsiasi essere umano sotto
stress non mi sembra né incomprensibile né disdicevole. Sicuramente
qualcuno avrà commesso sbagli. Sai quanti poliziotti c´erano a Genova? Di
sicuro non mi vergogno per i loro errori!
"La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz,
parla di «Uno a zero» dimostra di essere intelligente?"
No. Ma come si dice a Roma, ‘sti cazzi! Hanno messo a ferro e a fuoco una
città, rischiando di farci fare una figura di merda a livello
internazionale, provocando danni, feriti, spese enormi e si preoccupano
della frase di una telefonista? Non mi vergogno per quello che ha detto.
Mi vergogno perché oggi la madre di un teppista imbecille, dimostrando una
mancanza di scrupoli e un cinismo degni di una Kapò, è riuscita a farsi
eleggere senatrice della Repubblica; perché un partito italiano ha fatto
intitolare un´aula all´imbecille!
Non voglio i soldi di questi politici. Non voglio i soldi da questo
governo (e da un altro come questo). A difendermi ci penso da me, con
l´aiuto di Dio e dei fratelli celerini, che mi stanno accanto e non mi
tradiscono nel momento del bisogno.
Once in the Celere, always in the Celere.
C. DA ROMA Quindi, per te, avere al fianco un cretino non è un problema?
Lo dico serenamente: due che tengono e uno che mena non mi sembra da eroi.
E poi ti rispondo da romano: ‘sti cazzi un par di palle. Tu non lavori nel
Cile di Pinochet e non ti pagano con lo stipendio in pesos messicani
(forse è di cattivo gusto visto il titolo del thread di discussione,
«macelleria messicana», e me ne scuso con quanti si sentono feriti). Il
giuramento che hai prestato parla di far rispettare le leggi, non di
fartene di tue. In quanto al rischio della «figura», mi pare che l´abbiamo
fatta e basta. E le responsabilità, lo dico da mesi, non sono di chi stava
in strada, ma di chi ha permesso che si arrivasse a questo. Siamo stati
mandati lì, sapendo quello che ci avrebbero fatto e sapendo come avremmo
reagito. Ti piace questo? Ti piace essere una pedina e poi pagarti
l´avvocato? Io questo vorrei evitare. Vorrei capire come si può evitare
che un collega mandato a fare il proprio dovere si ritrovi indagato in due
processi e, dopo la Maddalena, forse anche nel terzo. Scusate la lunghezza.
L´esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.
P. DA BARI Scusate, il Sig. Dott. Funz. Uff. Fournier quando lo faranno
santo?
Sono pronto a mostrare il petto e non voglio essere bendato. Ma tu hai il
coraggio di guardarmi negli occhi? E che cazzo, mostra ai più di essere
uomo. Barcollo ma non mollo.
E. DA FIUMICINO Io penso che questi degni eredi di quei cattivi maestri
che dicevano in piazza «Uccidere uno sbirro non è reato» ci
considererebbero picchiatori fascisti anche se andassimo in servizio di Op
vestiti di rosa e con un mazzo di fiori in mano.
B. DA PADOVA Quando alcune centinaia di ultras o di autonomi sono
schierati a cinquanta metri da te con spranghe, catene, bombe carta e
coltelli, io ritengo opportuno fargli così tanto schifo e paura che non
devono pensare di poterci attaccare senza lasciarci le ossa!
L´Italia non è uno stivale. È un anfibio di celerino.
Clic.

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