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12.05.13

BOLZANETO, il lager dimenticato

Nei giorni scorsi si sono tenute a Roma le udienze in Corte di Cassazione per l’atto finale dei fatti accaduti nella Caserma di Genova Bolzaneto a luglio del 2001 in occasione del G8.

La sentenza è stata posticipata al 14 giugno.

Per chi se ne fosse dimenticato, stiamo parlando di oltre 250 parti offese e di 44 condannati (molti dei quali già prescritti), tra poliziotti, carabinieri, medici ed infermieri, guardie penitenziarie. Per chi se ne fosse dimenticato parliamo di torture che i detenuti, fermati, molti dei quali provenienti dalla “macelleria messicana” della scuola Diaz, altri rastrellati nelle strade e negli ospedali, hanno dovuto subire.

Non possiamo in realtà parlare di tortura in Italia perché il nostro codice penale non prevede tale reato, nonostante i numerosi impegni sottoscritti in ambito internazionale in tal senso. Decine di governi di centro, destra e sinistra si sono succeduti in questi anni, mai nessuno che avesse avuto il tempo o l’opportunità di introdurre questo reato. Perché la tortura riguarda altri paesi, lontani, mai il nostro.

Parliamo allora di trattamenti inumani e degradanti ai quali sono stati sottoposti oltre 250 cittadini, italiani e stranieri.

Parliamo di percosse, gas urticanti su ferite, minacce di stupro e di morte, perquisizioni indecenti, piercing strappati, dita divaricate, persone costrette ad abbaiare come cani, costrette a cantare canzoni fasciste, ad inneggiare al duce, a Pinochet, senza alcuna possibilità di contattare i propri familiari, i legali o le ambasciate ed i consolati per gli stranieri. Persone lasciate senza cibo, acqua, senza poter dormire, costrette in piedi con le braccia alzate per ore e ore. Desaparecidos, in balia dei peggiori rappresentanti dello Stato Italiano, nel frattempo nessuno sospeso, alcuni promossi.

Ma, poiché in Italia non esiste il reato di tortura, la maggior parte dei reati risulta prescritta, anche grazie all’indulto del quale hanno tutti usufruito.

Mi sarei aspettata, in questi giorni a Roma, alla corte di Cassazione, la presenza delle associazioni, dei sindacati, dei partiti che sostennero le manifestazioni contro il G8 nel luglio del 2001 a Genova. La presenza dei comitati, delle associazioni che da tempo si battono per l’introduzione del reato di tortura in Italia.

La presenza dei giornalisti, dei media, che un anno fa hanno seguito la sentenza di Cassazione per la Diaz. Ma, evidentemente per la stampa, per i media, non contano il numero delle vittime di tortura o il numero dei condannati. Non conta l’enormità del delitto. Contano di più i nomi degli imputati, eccellenti o non. Questa è la stampa bellezza.

Ho trovato nelle aule di Cassazione, il vuoto più assoluto.

Nessuna presenza, nessun commento sulla stampa.

Non mi ha stupito l’assenza di gran parte delle parti civili perché l’effetto, il risultato della tortura applicata a Bolzaneto è proprio questo: incutere terrore. Come i torturatori dissero in quei giorni a Bolzaneto: “nessuno sa che siete qui, possiamo fare di voi quello che vogliamo, zecche comuniste” e l’hanno fatto. E il terrore, la paura continuano anche dopo 12 anni. Perché se nessuna Istituzione ci ha tutelato allora, anzi, ha permesso l’indicibile, perché dovrebbero tutelarci ora?

Nel frattempo due parti civili sono decedute. Non avranno mai giustizia, non vedranno mai riconosciuta la loro ragione, perché, fino al terzo grado, in Italia, nessuno è colpevole. E’ per loro che mi sono decisa a scrivere questo comunicato, dopo anni di inutili comunicati per denunciare le atrocità commesse dai rappresentanti dello Stato italiano a Genova nel luglio del 2001. Nel frattempo nulla è cambiato: non sappiamo nulla dei provvedimenti disciplinari a carico dei condannati per la Diaz, non sapremo mai se ne verranno presi a carico dei condannati per Bolzaneto. Nel frattempo poliziotti, medici ed infermieri condannati per Bolzaneto continuano a svolgere le loro consuete attività. Di torturatori?


Se qualche cittadino/a, associazione o altri, avrà nel frattempo un sussulto di democrazia e di vero impegno per l’introduzione del reato di tortura in Italia, l’appuntamento è per il 14 giugno alla Corte di Cassazione a Roma. Perché essere lasciati soli è la peggiore condanna per le vittime della tortura.


Enrica Bartesaghi
Presidente Comitato Verità e Giustizia per Genova

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