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02.11.07

April on line G8, non finisce qui

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G8, non finisce qui

Emiliano Sbaraglia, 01 novembre 2007
Dopo la bocciatura politica dello scorso martedì, il presidente del
Consiglio decide di riaprire la partita sulla Commissione d'inchiesta per
i fatti di Genova durante il vertice del 2001. Idv fa marcia indietro,
chiedendo in cambio un'indagine a 360 gradi. Prima però vanno accertate le
responsabilità di istituzioni e forze dell'ordine. Ma anche a sinistra si
fanno strada alcune perplessità

La bufera politica scatenatasi dopo il "pareggio" della mattina di martedì
alla Camera (22 voti favorevoli e 22 contrari), che ha sancito di fatto la
bocciatura della Commissione d'inchiesta sul G8 di Genova, nel giro di
ventiquattro ore deve aver sortito qualche effetto, se Romano Prodi si è
sentito in dovere di intervenire sulla questione, per ribadire che non ci
sarà nessuno stop all'inchiesta, e che la Commissione alla fine si farà.

Una posizione supportata immediatamente da Walter Veltroni, che in qualità
di sindaco della capitale, oltre che di leader del Pd, contemporaneamente
fa recapitare al primo cittadino di Genova, Marta Vincenzi, una lettera in
cui comprende l'amarezza espressa dal sindaco del capoluogo ligure, che
subito dopo l'affossamento della Commissione aveva parlato di un offesa
recata alla città. Un'offesa che, in realtà, si estende anche al resto del
paese.

Si è infatti parlato molto in questi giorni di "ferita aperta", della
ricerca di una verità che non può essere nascosta: anche perché, le
documentazioni raccolte nel corso di questi anni, a partire già dalla fine
del luglio 2001, consentono di nascondere ben poco. Ad esempio farebbe
bene l'onorevole Gianfranco Fini, allora vicepresidente del Consiglio che
si aggirava non si capisce ancora bene con quali funzioni nella caserma di
Genova, a guardare con una certa attenzione alcune tra le numerosissime
immagini registrate in quei giorni, riproposte in una puntata di "Blu
notte" dedicata al G8, trasmessa recentemente dal terzo canale televisivo.

Farebbe dunque altrettanto bene il leader di Alleanza nazionale a
riflettere con attenzione, prima di affermare che la Commissione
d'inchiesta sarebbe stato il "tributo da pagare" agli amici black-block da
parte antagonista del movimento di allora, oggi identificabile con la
componente estrema della cosiddetta sinistra radicale: vari tipi di
black-block si aggiravano per le strade di Genova in quei tragici giorni,
e frequentavano amicizie tra loro diverse.

Ecco perché non è accettabile sentir parlare di giustizia a 360 gradi,
almeno come la intende il ministro Antonio Di Pietro, nel tentativo di
giustificare il voto contrario espresso dal rappresentante del suo partito
nella Commissione Affari Costituzionali. Il leader Idv vorrebbe infatti
includere nelle competenze della Commissione, oltre le articolazioni
previste sin dall'inizio riguardanti le responsabilità istituzioni e delle
forze dell'ordine, e la relazione alla Commissione europea, anche un punto
riguardante il comportamento di quei cittadini, italiani e non, resisi
responsabili di violenze varie e atti vandalici. Ma per questo c'è già una
giustizia che sta operando, come dimostra la richiesta complessiva di 225
per 25 imputati, oltre che centomila euro di multa a testa, resa nota
proprio la scorsa settimana alla fine del processo che si sta svolgendo a
Genova.

Ma una commissione d'inchiesta parlamentare deve soprattutto rendere conto
dell'operato delle istituzioni, in questo caso rapportato alle forze
dell'ordine. E questo uno come Di Pietro dovrebbe saperlo bene.

Se poi il suo amico-nemico Clemente Mastella (che come nel caso della
sfiducia al presidente della Rai Petruccioli ha votato a braccetto con Di
Pietro) mantiene la sua posizione facendo notare che "il programma non è
la Bibbia e può essere cambiato", questo è altro tipo di discorso; così
come meriterebbero un approfondimento a parte, ma per motivi ben più
importanti, le dichiarazioni di chi come Luca Casarini o la deputata Sd
Katia Zanotti, preferirebbero chiudere la commissione d'inchiesta, l'uno
giudicandola "inutile e dannosa" per una reale ricerca della verità,
l'altra ipotizzando un negativo influsso sui processi attualmente in
corso.

In ogni caso, il capitolo on è chiuso. O meglio, non deve essere chiuso.

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