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19.01.07

Aprile on kline: Il sangue e le bugie della Diaz


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Il sangue e le bugie della Diaz

Haidi Gaggio Giuliani, 18 gennaio 2007
Fatti di Genova
Ben 93 persone sono state indagate per quel che è avvenuto nella palestra
della scuola genovese, tutte poi scagionate. Contro di loro solo prove
false, tra cui due bottiglie incendiarie, portate da agenti della stessa
polizia, che ora risultano introvabili


Lena mi ha regalato un piccolo carillon, di quelli che sembrano senza
voce, ma se li avviti a un tavolo o a una libreria acquistano tutta la
sonorità del legno. Quando passo da casa, quando sono sola, giro la
minuscola manovella e ascolto le note dell'Internazionale. Mi fanno bene
al cuore. Lena è una minuta ragazza tedesca: era a Genova nel luglio del
2001 e la sera del 21, dopo aver assistito per due giorni alle violenze
delle forze dell'ordine, apparentemente impazzite, su manifestanti inermi,
era tornata a dormire nella scuola Pertini-Diaz prima di ripartire per il
suo paese.

La sua testimonianza lucida e coraggiosa è stata registrata durante una
delle prime udienze di uno dei processi in corso a Genova. Doppiamente
coraggiosa, perchè non tutte le vittime di quelle giornate hanno avuto
l'animo di ritornare nella nostra città, di ricordare, di denunciare; e
perchè, durante la sua deposizione, è stata più volte oggetto della
pesante, a tratti persino volgare, ironia da parte dei difensori dei
dirigenti di Polizia indagati. Lena ha raccontato il modo in cui è stata
raggiunta da tre agenti e picchiata, presa per i capelli e trascinata giù
per le scale come uno stuoino; di come tentasse di riparare dai colpi le
costole fratturate stringendo al petto le braccia e contemporaneamente
mettere le mani avanti per non sbattere i denti sui gradini, ma di come un
agente le colpisse accuratamente le dita col manganello; dei calci
ulteriori ricevuti mentre attendeva il suo destino, buttata in un angolo
con altre persone ferite. Lena è stata in coma, come Marc; si sono salvati
tutt'e due, lei un po' di più perchè ha ritrovato la forza di sorridere.

La palestra della scuola Pertini-Diaz ha raccolto il sangue e i racconti
di 93 persone, indagate per resistenza e violenza e in seguito
completamente scagionate. Contro di loro solo prove false, tra cui due
bottiglie incendiarie, portate nel luogo della mattanza, come l'ha
giustamente definito qualcuno, da agenti della stessa polizia, ora
accusati. Accusati di poco, direi: dato che non è stato possibile
identificare gli autori materiali (a quanto pare non si usa fare
l'appello, come a scuola, prima di un intervento repressivo), alla sbarra
si trovano (o dovrebbero trovarsi ma non è facile vederli) i loro diretti
superiori, che hanno ordinato, giustificato e coperto le violenze,
giurando il falso. Il tempo gioca a loro favore, la prescrizione per
decorrenza dei termini è alle porte.

Nel frattempo la catena di comando presente a Genova nel 2001, e non solo,
ha fatto carriera: molti stati promossi a cariche di grande
responsabilità. Ma non basta: le due bottiglie molotov spariscono e il
processo, già così lento, si "congela". I più congelati siamo noi,
cittadini e cittadine che vogliono ancora credere in questa democrazia,
nell'autonomia del potere giudiziario, nella capacità di riscatto morale
del nostro paese. Che cosa diremo a Lena, quando tornerà a chiederci
ragione delle sofferenze subite? Che cosa diremo a tutti i ragazzi e le
ragazze come lei, quando torneremo a pretendere da loro il rispetto della
legalità?

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