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11.02.09

il giornale Diaz, la sentenza: quanto accadde fu disumano


di Redazione
Depositata la motivazione della sentenza, emessa il 13 novembre scorso,
del processo per l'irruzione della polizia nella scuola Diaz durante il G8
del 2001. Cade l'ipotesi della spedizione punitiva: "La violenza trova
giustificazione nella consapevolezza di poter agire senza alcuna
conseguenza"

Genova - È stata depositata in cancelleria stamani la motivazione della
sentenza, emessa il 13 novembre scorso, del processo per l’irruzione della
polizia nella scuola Diaz durante il G8 del 2001. Il presidente della
prima Sezione penale del Tribunale di Genova Gabrio Barone ha rispettato
il termine dei 90 giorni per consegnare il documento di oltre 300 pagine
nelle quali illustra le motivazioni delle 16 assoluzioni (tra cui tutti i
vertici della Polizia) e delle 13 condanne dei 29 imputati. I 16 imputati
riconosciuti colpevoli erano stati condannati ad un totale di 35 anni e 7
mesi di reclusione. Il documento - a quanto si è appreso in cancelleria -
sarà consegnato ai Pm del processo Enrico Zucca e Francesco Cardona
Albini, mentre da domani potrà essere ritirato dai difensori degli
imputati e dagli avvocati delle parti civili.

Non fu complotto né spedizione punitiva Le violenze alla Diaz durante il
G8 del 2001 non furono frutto di "un complotto in danno degli occupanti"
della scuola, né ebbero carattere di "spedizione punitiva" o di
"rappresaglia". "A parte la carenza di prove concrete - scrivono i giudici
- appare assai difficile che un simile progetto possa essere stato
organizzato e portato a compimento con l’accordo di un numero così
rilevante di dirigenti, funzionari e operatori della polizia". Piuttosto
si ritiene che "i dirigenti fossero convinti che l’operazione avrebbe
avuto un rilevante successo e si sarebbe conclusa con l’arresto dei
responsabili delle violenze e delle devastazioni dei giorni precedenti",
anche perché "ben difficilmente La Barbera, Luperi e Gratteri avrebbero
avvisato i giornalisti di quanto si stava compiendo".

Azione disumana "Quanto accadde all’interno della scuola Diaz Pertini fu
al di fuori di ogni principio di umanità , oltre che di ogni regola ed ogni
previsione normativa, anche se fu disposta in presenza dei presupposti di
legge". "Quanto avvenuto in tutti i piani dell’edificio scolastico con
numerosi feriti di cui diversi anche gravi tale da indurre lo stesso
imputato Fournier a paragonare la situazione a 'una macelleria messicana'
- si legge ancora nel documento - appare di notevole gravità sia sotto il
profilo umano che legale. In uno stato di diritto non è accettabile che
proprio coloro che dovrebbero essere i tutori dell’ordine e della legalitÃ
pongano in essere azioni lesive di tali entità , anche se in situazioni di
particolare stress".

La certezza dell'impunità L’esplodere della violenza all’interno della
scuola non può "trovare giustificazione se non nella consapevolezza di
poter agire senza alcuna conseguenza e quindi nella certezza
dell’impunità ". "Se dunque non può escludersi che le violenze abbiano
avuto un inizio spontaneo da parte di alcuni - si prosegue nel documento -
è invece certo che la loro propagazione così diffusa e pressochè
contemporanea presupponga la consapevolezza da parte degli operatori di
agire in accordo con i loro superiori che comunque non li avrebbero
denunciati". I giudici osservano, inoltre, come "non sia del tutto
incredibile che l’inconsulta esplosione di violenza all’interno della Diaz
abbia avuto un’origine spontanea e si sia quindi propagata per un effetto
attrattivo e per suggestione tanto da provocare, anche per il forte
rancore sino ad allora represso il libero sfogo all’istinto determinando
il superamento di ogni blocco psichico e morale, nonchè dell’addestramento
ricevuto".

Gli indizi sulle molotov Non ci sono prove certe "ma semplici indizi non
univoci" circa la consapevolezza da parte dei vertici della polizia,
Giovanni Luperi (ex vicedirettore Ucigos) e Francesco Gratteri (ex
direttore dello Sco) "della falsità del ritrovamento delle bottiglie
molotov all’interno della scuola". "Se è vero che gli elementi indicati
dall’accusa possano da un lato determinare il sospetto circa la
consapevolezza da parte dei citati imputati della falsità del ritrovamento
delle bottiglie molotov all’interno della scuola - si legge nel documento
- è anche vero dall’altro che non possono valere a provarla con la dovuta
certezza trattandosi di semplici indizi non univoci". I giudici osservano
inoltre la "confusione e l’agitazione di quei momenti" e come non si
"possa certamente escludere che i ricordi di singoli avenimenti e dei
particolari possano essere imprecisi, confusi e lacunosi".

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=327729&PRINT=S

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