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29.02.04

Il Secolo G8, richieste di processo con giallo

Il Secolo
G8, richieste di processo con giallo
Slitta ancora l'atto formale della procura. Esposto dei difensori degli
agenti su presunte irregolarità nelle trascrizioni degli interrogatori
Ridotte le accuse e il numero dei poliziotti indagati
Genova Riunioni, summit, approfondimenti. Il conto alla rovescia è ormai
scattato e la procura della Repubblica è pronta a chiedere il processo
per i poliziotti della Diaz: il blitz delle polemiche, degli arresti
illegali, dei sessantasei feriti. L'irruzione che chiuse nel sangue i
due giorni di scontri al vertice G8 del 2001.
Però il deposito della richiesta di rinvio a giudizio slitta ancora.
Perché dei trenta nomi nel mirino dei magistrati al termine delle
indagini uno è già stato depennato: quello di Lorenzo Murgolo, allora
vicequestore di Bologna, oggi numero due del Sismi. L'uomo del dialogo
con il movimento no global, l'uomo che rappresentava il contatto tra la
polizia e le frange non violente dei manifestanti.
Però non basta. Però, prima della firma, il procuratore della Repubblica
Francesco Lalla e i suoi vice, Giancarlo Pellegrino e Mario Morisani,
vogliono verificare ancora ciascuna posizione per constatare se qualche
nome debba essere eliminato dalla lista. La consegna della richiesta di
rinvio a giudizio alle cancellerie coincide temporalmente, però, con un
nuovo giallo.
Alcuni difensori dei poliziotti inquisiti, infatti, hanno già
preannunciato informalmente ai vertici della procura la presentazione di
un esposto, in cui contestano alcune irregolarità nelle indagini. In
particolare sul verbale di interrogatorio di un indagato, consegnato ai
legali su floppy disc e sul quale gravano «preoccupanti sospetti sulla
gestione dei files informatici». Il dischetto è stato analizzato con un
modernissimo software che ne sviscera ogni segreto e le firme
elettroniche sottoposte al vaglio dei periti. Emergono, spiegano i
difensori, gravi sospetti sulle trascrizioni e su chi, quando ancora
gravava il segreto istruttorio, ne avrebbe avuto la disponibilità.
Con la preannunciata uscita di scena di Murgolo (non era inserito nella
"catena di comando", non ha firmato alcun atto relativo al blitz)
arrivano anche alcune novità. Vincenzo Canterini e i capisquadra del
reparto mobile di Roma rimangono accusati solo di lesioni: responsabili,
secondo i pm, del pestaggio dei no global nell'istituto. Per loro cadono
invece le accuse di falso e calunnia relative alla vicenda
dell'accoltellamento di un agente all'interno della scuola e alle false
molotov, portate dalla polizia nella Diaz come falsa prova per
giustificare i 93 arresti di quella notte.
Anche la vicenda stessa dell'accoltellamento (un falso anche questo,
secondo i magistrati, anche se lo stesso perito del tribunale ha invece
messo in dubbio questa interpretazione) cambia prospettiva. Il reato di
falso e di calunnia nei confronti dei no-global era stato contestato in
un primo momento a tutti i funzionari del blitz. Oggi solo ai diretti
protagonisti: l'agente Massimo Nucera del reparto antisommossa di Roma e
l'ispettore capo Maurizio Panzieri, che testimoniò sulla veridicità
dell'episodio.
Ma il vero cardine di tutto il processo sarà proprio la vicenda delle
false molotov. Recuperate dalla polizia nel pomeriggio in un'aiuola in
corso Italia, introdotte nella scuola Diaz e "repertate" poi come se
fossero state trovate nell'istituto, in quei giorni base del Genoa
Social Forum. Trasportate in un sacchetto dal vicequestore Pietro
Troiani e e dal suo autista Michele Burgio. Chi diede quell'ordine? Non
si è mai saputo. Così non si è mai scoperto chi era il misterioso "terzo
uomo" a bordo della macchina, una jeep, che trasportò Troiani e Burgio
alla Diaz. Un mistero nei misteri, nella vicenda dello sciagurato blitz
della Diaz che trascina verso il processo una trentina di poliziotti.
Alcuni dei quali occupano posizioni di assoluta eccellenza.
Marco Menduni
28/02/2004

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