Home Page

20.05.10

ilsecoloxix QUEI POLIZIOTTI DEVONO FARE UN PASSO INDIETRO

QUEI POLIZIOTTI DEVONO FARE UN PASSO INDIETRO

La “macelleriamessicana” alla scuola Diaz, la notte
del 21 luglio 2001, non fu opera di poliziotti esaltati
che infierirono ferocemente su un centinaio di ragazzi.
Fu il risultato di un’operazione pianificata dall’alto e realizzata calpestando i più elementari diritti civili.
Innocenti da qualsivoglia reato, come stabilirono i giudici che a caldo ne vagliarono gli arresti.
Questo, a grandi linee, dovremmo leggere nella motivazione della sentenza con la quale la corte d'appello di Genova ha condannato 25 dei 28 poliziotti imputati per i pestaggi, gli arresti illegali, le falsificazioni dei verbali, le calunnie, le lesioni procurate nell'allucinante sequenza notturna della Diaz.
Come era stata sottoposta a dure critiche la sentenza assolutoria di primo grado, così in linea di principio è lecito censurare la svolta impressa dai giudici di appello. Neppure la magistratura può pretendere una sorta di indulgenza plenaria. Il dissenso tuttavia deve arrestarsi sulla soglia tracciata dalla Carta Costituzionale, che stabilisce la piena indipendenza del potere giudiziario. Quel limite vale anche e anzitutto per chi ricopre cariche istituzionali. Leggere che la sentenza è stata pronunciata per conto dei no global non è una critica, è un'insinuazione, insopportabile e insostenibile. Il senatore Maurizio Gasparri e l'onorevole Fabrizio Cicchitto, che l'hanno espressa, non sono due militanti qualsiasi. Guidano i rispettivi gruppi parlamentari del Pdl e dunque dovrebbero mostrarsi più cauti nel dispensare giudizi tanto spericolati e immotivati, al riparo dell'immunità parlamentare. Il ministro Maroni dovrebbe illustrare all'opinione pubblica su quale base ritiene giusto che siano confermati nei rispettivi incarichi altissimi funzionari riconosciuti colpevoli non da un tribunale clandestino di Tupamaros ma da una corte di giustizia della Repubblica. E magari spiegare su quale base uomini inseguiti da pesantissimi sospetti, ora confermati in un'aula di tribunale, nel corso del tempo siano stati promossi fino ai vertici della Polizia di Stato. Quasi che essere rimasti coinvolti nella storiaccia della Diaz fosse un motivo di vanto e non un elemento oggettivo di debolezza.
Francesco Gratteri, ora condannato a 4 anni per calunnia, falso ideologico e arresto illegale, da direttore dello Sco è stato promosso al rango di Prefetto e nominato Capo della Divisione centrale anticrimine della Polizia di Stato, l'organismo che coordina le indagini più delicate. Il suo vice dell'epoca, Gilberto Caldarozzi (in appello riconosciuto colpevole degli stessi reati ascritti a Gratteri e condannato a 3 anni e 8 mesi) è salito al vertice dello Sco. E Giovanni Luperi (4 anni di carcere sempre per gli stessi reati) è diventato capo del dipartimento di analisi dell'Aisi, l'ex Sisde, ovvero i servizi segreti civili. Nulla da eccepire sulle loro qualità di investigatori, Gratteri ha arrestato due pezzi da novanta della mafia, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, e ha messo le mani sugli assassini di Marco Biagi e Massimo D'Antona. Caldarozzi era nel pool di investigatori che mise a segno gli arresti di Nitto Santapaola e Bernardo Provenzano.
Il problema è di opportunità politica, lo stesso che ha imposto le dimissioni al ministro Scajola, lui neppure indagato, ma risucchiato in un'inchiesta giudiziaria oltremodo imbarazzante. Il punto è: possono continuare a ricoprire altissime cariche operative all'interno della Polizia di Stato uomini colpiti da condanne per eventi tanto gravi? La difesa ad oltranza che la politica, anzi il centrodestra, continua ostinatamente a mettere in campo puzza, questa sì, di scelta ideologica. E fa pensare che anche nove anni fa, all'epoca del G8 genovese, appena insediato il governo Berlusconi, qualcuno avesse scientemente deciso di approfittare dell'occasione per dare il segnale del nuovo corso della politica italiana dopo cinque anni di governo del centrosinistra. Pugno di ferro contro la piazza e chiunque si azzardasse a farne il teatro di una qualsiasi protesta.
Resta la Cassazione, certo. Il sottosegretario Alfredo Mantovano si è speso calorosamente a difesa dei condannati. È stato magistrato e dovrebbe sapere che i giudici supremi vaglieranno la sentenza d'appello esclusivamente in linea di diritto. I fatti e la dinamica degli eventi resteranno comunque scolpiti nelle motivazioni della corte d'Appello di Genova. Quei motivi fin da ora suggeriscono perlomeno di sospendere dai loro altissimi incarichi, i funzionari riconosciuti colpevoli. Se non altro per rispetto degli agenti di Polizia che rischiano la pelle ogni giorno in difesa della legge e dei cittadini.
renzo parodi
parodi@ilsecoloxix.it

.
.