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20.01.07

Le molotov della Diaz distrutte dalla polizia

secolo xix

INDISCREZIONI
Le molotov della Diaz distrutte dalla polizia

GENOVA. Continuano le ricerche delle duemolotov, le bottiglie al centro del
processo contro i ventinove poliziotti accusati di aver creato una falsa
prova emotivato con un pretesto l’irruzione nella scuolaDiaz, al termine
della tre giorni delG8. La questura ha passato al setaccio tutti gli uffici e i
depositi del palazzo di viaDiaz.
Dei due ordigni, la cui scomparsa nei giorni scorsi ha congelato il dibattimento
in tribunale, non c’è traccia. Si cercano i documenti capaci di chiarire
la storia delle bottiglie molotov dal loro ritrovamento.
Per i due pubblici ministeri Enrico Zucca e Francesco CardonaAlbini, che sostengono
l’accusa nel processo Diaz, gli ordigni erano e devono ancora essere sotto sequestro.
Provvedimento disposto dai sostituti procuratori Anna Canepa e Andrea Canciani nell’ambito di
un’altra inchiesta, quella per le devastazioni e i saccheggi.
Da indiscrezioni pare che la polizia abbia chiesto e ottenuto dalla procura l’autorizzazione
alla distruzione delle due molotov.
Al momento nessuno è stato in grado di trovare i documenti capaci di stabilire la responsabilità del destino di questo corpo di reato.
Alcuni degli avvocati difensori dei poliziotti imputati, che in precedenza, nel
corso dell’udienza, si eranomostrati indifferenti rispetto all’importanza
probatoria rappresentata dalle molotov, ora ritengono il loro ritrovamento
condizione necessaria alla continuazione del processo.
Di più. I legali, tramite l’avvocato Maurizio Mascia, hanno chiesto formalmente il
decreto di sequestro delle due bottiglie firmato dai due pmZucca e CardonaAlbini.
Secondo i difensori il corpo del reato non è stato preso in carico nel processo
Diazma è rimasto a disposizione dei sostituti nell’inchiesta sulle devastazioni. E in quel procedimento, con ogni probabilità, distrutto.
Sul caso e sulle dichiarazioni del procuratore capo Francesco Lalla, è intervenuto il parlamentare europeo Vittorio Agnoletto:
«E’ la prima volta nella storia della Repubblica che un magistrato si rifiuta di incontrare
un parlamentare rivolgendosi a lui con frasi del tipo “Pensi ai fatti suoi”.
Ciò dimostra uno scarso rispetto dei corretti rapporti istituzionali».

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