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09.11.06

Linus: i processi in corso

I processi in corso

INTRODUZIONE:
Nonostante le innumerevoli testimonianze, i filmati, le foto, sui fatti di Genova, luglio 2001 è in vigore una gravissima censura. Da cinque anni aspettiamo la costituzione di una Commissione Parlamentare d’inchiesta ed un ampio e pubblico dibattito su quanto accaduto in quei giorni a Genova.
Nel frattempo sono in corso alcuni importanti processi dei quali nessuno si occupa: non i media (in primo luogo la televisione), non i quotidiani nazionali, non la società civile italiana.

I PROCESSI PER I FATTI DI GENOVA:
CARLO GIULIANI:
È terminata nel mese di maggio del 2003 l’inchiesta sull’uccisione di Carlo Giuliani, colpito da un carabiniere. Il giudice per le indagini preliminari ha concluso che l’agente aveva agito per legittima difesa, utilizzando l’arma da fuoco conformemente alla legge e che non doveva essere incriminato. Non ci sarà quindi alcun pubblico dibattimento nonostante le contrastanti perizie sulla reale ricostruzione di quanto accaduto in Piazza Alimonda. Nel mese di gennaio la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo ha accolto il ricorso presentato dalla famiglia Giuliani contro lo stato italiano ed indagherà sulle modalità con le quali si e' svolto il processo.

MANIFESTANTI:
È il primo processo che si è aperto a Genova in seguito ai fatti del luglio 2001.
Le accuse nei confronti di 26 manifestanti sono di devastazione e saccheggio (reati che prevedono pene da 8 e 15 anni), incendio, fabbricazione, porto e detenzione di materiale esplosivo, porto e detenzione di arma impropria, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Non sono contestati reati associativi, ma compare la teoria della "compartecipazione psichica". Durante le udienze sono stati ascoltati numerosi testimoni: fra questi gli agenti in servizio il 20 luglio in piazza Alimonda. Dalle loro deposizioni - spesso farraginose - sono emerse alcune novità sull'uccisione di Carlo Giuliani, sono inoltre emersi episodi inquietanti come la prova che alcuni agenti usarono mazze e altri strumenti fuori ordinanza. Il processo a carico di 26 manifestanti, dopo oltre 70 udienze, è stato sospeso a causa della ricomposizione del collegio giudicante e riprenderà nel mese di settembre.

DIAZ:
E’ in corso il processo per l’irruzione alla scuola Diaz (93 persone presenti, 82 ferite, tre in coma).
Tutti i manifestanti presenti arrestati con l’accusa di “associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio, furto, resistenza a pubblico ufficiale e porto abusivo d’armi” e, solo nel mese di febbraio del 2004, è stato definitivamente archiviato il procedimento nei loro confronti.
Il giudice incaricato dell’inchiesta ha concluso che non vi erano prove di resistenza da parte dei 93 arrestati:
non ci sono stati lanci di sassi, bottiglie od altro dalle finestre della scuola prima dell’irruzione.
L’accoltellamento di un agente non ha trovato riscontri nelle perizie sul suo giubbotto effettuato dai RIS di Parma. Le armi ritrovate nella scuola provenivano in gran parte dal cantiere allestito nella scuola, all’epoca in ristrutturazione e le due bottiglie molotov, che avrebbero dovuto provare la pericolosità degli arrestati e giustificare in tal modo il massacro compiuto, sono state portate nella scuola dagli stessi poliziotti.
Il processo, iniziato nel mese di aprile 2005, vede coinvolti 28 agenti di polizia (tra cui alcuni funzionari di grado superiore), rinviati a giudizio per varie accuse, tra le quali lesioni gravi e percosse, falsificazione e occultamento di prove, abuso d’ufficio.
Decine di altri agenti delle forze dell’ordine partecipanti all’irruzione e ritenuti coinvolti in aggressioni fisiche, non hanno potuto essere identificati poiché durante l’irruzione quasi tutti avevano il volto coperto da elmetti antisommossa, maschere o sciarpe e non mostravano altri mezzi di identificazione personale.
Oltre ai 93 manifestanti, sono state accettate le costituzioni di parte civile di alcuni genitori, del Genoa social forum , della Federazione nazionale della stampa, dei Cobas, dei Giuristi democratici e di Radio Gap.
E' un risultato molto importante, perché sancisce il rilievo sociale e politico del processo, che
non riguarda solo le 93 vittime degli abusi commessi nella scuola ma investe i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. E’ pesata invece l'assenza del Comune di Genova, che si è rimangiato le affermazioni fatte in precedenza ed ha rinunciato a chiedere la costituzione come parte civile. Così come


BOLZANETO:
Durante i giorni 20, 21 e 22 luglio del 2001 oltre 250 persone (139 italiani, 113 stranieri, 68 provenienti dalla Scuola Diaz) transitarono dal carcere provvisorio di Genova Bolzaneto. Privati dei fondamentali diritti riconosciuti a livello internazionale ai detenuti, tra cui il diritto di avere accesso agli avvocati e all'assistenza consolare e quello a informare i familiari sulla propria situazione.
Nel processo, iniziato il 12 ottobre 2005, sono state rinviate a giudizio 45 persone: 12 carabinieri, 14 agenti di polizia, 16 agenti di custodia e cinque medici e infermieri carcerari, in servizio, all’epoca del Summit del G8, nella struttura detentiva temporanea di Bolzaneto.
Le accuse nei loro confronti sono: abuso d’ufficio, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce e falso ideologico, abuso di autorità contro detenuti o arrestati, violazione dell’ordinamento penitenziario, e omissione di referto.
Nella richiesta di rinvio a giudizio sono elencati gli abusi verbali e fisici subiti dai detenuti:
sono stati presi a schiaffi, calci, pugni e sputi; sottoposti a minacce, compresa quella di stupro, ad insulti anche di natura oscena e sessuale; obbligati a rimanere allineati e in piedi per ore, a gambe divaricate contro un muro; privati di cibo e acqua per lunghi periodi; soggetti a perquisizioni corporali effettuate in modo volutamente degradante, con uomini costretti ad assumere posizioni umilianti e donne forzate a denudarsi di fronte ad agenti di sesso maschile.
I detenuti sono stati sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti in violazione dell'art.3 della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali che vieta la tortura.
Ai 45 imputati è stato contestato l’abuso di autorità su arrestati, pena massima trenta mesi, pallido surrogato di quel reato di tortura che il parlamento italiano non ha ancora introdotto.
L’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura nel 1988, tra gli obblighi da adempiere in seguito alla ratifica vi era l’introduzione di uno specifico reato di tortura nel codice penale italiano. Ma, nessuna delle Legislature che si sono succedute dal 1988 ad oggi, ha mai colmato questa grave lacuna.

PERUGINI:
E’ in corso il processo per uno degli episodi più noti e scioccanti del G8: l'aggressione ai danni di un ragazzino e di alcuni suoi compagni mentre erano seduti a terra. L'immagine è quella famosa in cui il ragazzino con lo zigomo fratturato e la faccia deformata dalla frattura urla contro i funzionari che lo hanno appena pestato. Per questo episodio sei funzionari sono accusati di falso, calunnia e abuso di ufficio per aver falsificato i verbali e per aver falsificato il reale andamento dei fatti smentito da innumerevoli prove video e fotografiche.
Un agente è già stato condannato con rito abbreviato ad un anno e otto mesi. E' stato riconosciuto colpevole e condannato per avere colpito al volto con un manganello il ragazzino di Ostia poi preso a calci dal vice capo della Digos genovese Alessandro Perugini. Il giovane di Ostia era stato arrestato con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale, accuse per le quali è stato prosciolto.

PRESCRIZIONE:
Per quanto riguarda i processi Diaz e Bolzaneto, dato il tempo già trascorso, c’è il grave rischio che possa intervenire la prescrizione e che gli accusati non potranno mai essere sottoposti alla giustizia. La maggior parte dei reati contestati agli appartenenti alle Forze dell’Ordine per i fatti di Genova si prescrivono in sette anni e mezzo, ne sono già passati 5 e solo da pochi mesi sono iniziati i processi.
Considerato il numero dei testimoni e quello delle udienze effettive, la sentenza di primo grado non arriverà prima della fine del 2007. Con la prescrizione le vittime delle violenze e delle calunnie nella scuola "Diaz", degli abusi nella "galera di transito" di Bolzaneto, italiani e stranieri, non avrebbero una sentenza definitiva e neppure l’assicurazione del risarcimento per i danni subiti.

OSSERVATORIO INTERNAZIONALE SUI PROCESSI:
Come abbiamo visto i processi proseguono il loro percorso, senza che ne arrivi l'eco sui principali media. E dire che le testimonianze che si succedono - in particolare nei dibattimenti per i fatti della Diaz e di Bolzaneto - sono sconvolgenti. Decine di testimoni sono intervenuti in aula, molti arrivando dall'estero: sta emergendo un quadro di abusi, di violenze, di violazioni della legge e delle regole di comportamento che non ha precedenti nella storia di questo paese. Ascoltando le testimonianze si ha una percezione nettissima della sospensione dello stato di diritto avvenuta durante le giornate di Genova. Il silenzio che circonda i processi rende ancora più inquietante l'effetto dei racconti fatti dai testimoni: si ha la sensazione di vivere in un paese che non vuole fare i conti con quell'abisso di illegalità e negazione dei diritti umani che fa parte del suo presente. I media tacciono, gli imputati disertano le udienze, il ceto politico si occupa di tutt'altre cose. Eppure nel tribunale di Genova è in ballo la credibilità delle istituzioni e della stessa democrazia italiana.
Noi siamo convinti che questi processi abbiano una grande importanza politica e culturale e che attorno ad essi ci debba essere una forte attenzione da parte dell'opinione pubblica e della società civile, in Italia e in tutta Europa.
L'unica "vittoria" possibile, in simili processi, al di là delle sentenze, sarà la presa di coscienza che nel 2001 ci fu un'improvvisa e drammatica sospensione dello stato di diritto; la diffusione di massa della consapevolezza che a Genova c'è stato il più clamoroso esempio delle pratiche di violenza e torture in un paese europeo, per negare ogni opposizione alle scelte sempre più devastanti per la democrazia e i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. Solo a partire da questa consapevolezza sarà possibile individuare gli anticorpi necessari affinché mai più si ripeta qualcosa di simile.
Perciò riteniamo indispensabile che i processi siano seguiti con costanza e attenzione, per evitare che siano circondati dal silenzio, come se si trattasse di normali procedimenti giudiziari. Abbiamo bisogno di strumenti di raccordo con l'opinione pubblica e le istituzioni. Perciò abbiamo lavorato alla costituzione di un Osservatorio internazionale sui processi con il compito di vigilare sui processi per coglierne i risvolti politici ed istituzionali e svolgere così un ruolo di "verifica" sulla tenuta dei principi costituzionali.

L’ Osservatorio è composto da un gruppo "fondatore" composto da personalità della società civile, del mondo politico, associazionistico e culturale italiano ed europeo: docenti, rappresentanti di associazioni e organismi sensibili ai temi dei diritti civili, giornalisti, scrittori. Attraverso l’Osservatorio vogliamo dare voce a chi viene a Genova a testimoniare, a rievocare dolorosamente l' esperienza vissuta alla Diaz e nella caserma di Bolzaneto.

Hanno già partecipato attivamente in qualità di osservatori alcuni parlamentari, membri di associazioni per la difesa dei diritti, universitari, sia tedeschi che italiani, (l'europarlamentare Vittorio Agnoletto, il parlamentare tedesco Paul Shafer - Die Linke (sociologo), l'onorevole Paolo Cacciari, Maurizio Gubbiotti, segretario nazionale di Legambiente, il professore Wolf Dieter Narr), il parlamentare tedesco Michael Luetert (Linke) che ha dichiarato: «In Germania, quando si apre un'inchiesta su fatti che riguardano personaggi pubblici o forze dell'ordine, gli indagati vengono sospesi sino a quando non viene pronunciata una sentenza. In Italia i poliziotti imputati di violenze durante il G8 genovese, sono stati promossi e hanno continuato a ricoprire cariche di grande rilievo».

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