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11.02.06

manifesto: G8: tocca a Sabella, il magistrato di Bolzaneto

G8: tocca a Sabella, il magistrato di Bolzaneto
Le parti civili si oppongono all'archiviazione, richiesta dai pm che hanno inquisito il collega. Oggi l'udienza
SIMONE PIERANNI
GENOVA
La giudice Lucia Vignale si trova nella delicata situazione di dover tenere udienza, questa mattina, sulla sorte del suo collega Alfonso Sabella, attualmente giudice monocratico a Roma presso la settima sezione del tribunale penale, l'unico magistrato inquisito per i fatti del G8 dell'estate 2001. All'epoca dirigente del Dap, era il «coordinatore dell'organizzazione, dell'operatività e del controllo su tutte le attività dell'amministrazione penitenziaria in occasione del G8 in Genova», dunque delle «carceri provvisorie» istituite al Forte San Giuliano e soprattutto a Bolzaneto. Per i fatti di Bolzaneto sono alla sbarra in 45 tra poliziotti, agenti penitenziari e carabinieri, compresi numerosi ufficiali. Per Sabella può finire con la conferma dell'archiviazione, già decisa un anno fa ma alla quale si sono opposte numerose parti civili del processo Bolzaneto, oppure con l'imputazione coatta o ancora con l'avvio di nuove indagini. Sabella è un magistrato siciliano che da pubblico ministero ha combattuto la mafia arrestando boss latitanti di primo piano, uscito «con onore» anche dal Dap (cacciato dal leghista Castelli dopo che aveva denunciato possibili trattamenti di favore per i mafiosi). L'indagine dei pm Patrizia Petruziello e Vittorio Ranieri Miniati, che pure hanno chiesto l'archiviazione, gli assegna un ruolo importante. E' emerso che si trattenne a Bolzaneto molto più che al Forte San Giuliano e molto più di quanto egli stesso non avesse ammesso nella prima deposizione. Sabella ha sempre sostenuto di non aver assistito direttamente a violenze ma ha anche ammesso di essersi accorto che gli arrestati erano tenuti in piedi con la faccia al muro. Era la cosiddetta «posizione del cigno» che fu giustificata dagli agenti - disse Sabella alla commissione parlamentare - con la necessità di «evitare scontri fisici all'interno delle celle tra i vari gruppi di manifestanti». Senz'altro meno grave di una bastonata e delle sevizie che avvenivano tra l'altro nell'infermeria di Bolzaneto ma pur sempre un fatterello qualificato dai suoi colleghi pm genovesi - e da un'abbondante giurisprudenza internazionale basata su una sentenza a favore di prigionieri irlandesi - come «trattamento inumano e degradante» ai sensi della convenzione europea sulla tortura. Sabella, concludono tuttavia i pm, non avrebbe avuto modo di constatare gli episodi peggiori, né la sistematicità degli abusi, perché i poliziotti avrebbero senz'altro evitato certe azioni sotto gli occhi di un magistrato. I legali di parte civile invece tirano in ballo la famosa visita del ministro Castelli per la quale, secondo numerosi testimoni, «ci si curava di rimettere le cose in ordine affinché non rimanessero tracce» delle violenze, precauzione - osservano - che non sembra venisse presa per le visite del magistrato.

Se gli andrà bene Sabella uscirà dalla scena giudiziaria genovese come è successo a diversi «big» delle forze dell'ordine. Dal «generale fantasma» Valerio Donnini superiore diretto di Vincenzo Canterini (mai indagato) all'ex vice questore bolognese Lorenzo Murgolo, l'unico dirigente presente alla Diaz per il quale è stata pronunciata e confermata l'archiviazione, e agli ufficiali dei carabinieri che erano piazza Alimonda, il colonnello Giovanni Truglio e il maggiore Claudio Cappello (mai indagati) della Seconda brigata mobile specializzati nelle missioni all'estero.

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