Home Page

31.10.07

Repubblica Genova G8, lo Stato non paga per le botte

Repubblica Genova

Due condanne per le violenze subite dai no global, ma l´Avvocatura di Roma
blocca i risarcimenti stabiliti dai giudici
G8, lo Stato non paga per le botte
Manifestanti picchiati: "Chi ha detto che è stata la polizia?"
LO STATO italiano chiede tre milioni di euro di risarcimento ai noglobal
accusati di aver devastato e saccheggiato la città di Genova durante il
G8. Ma non ha nessuna intenzione di pagare per i danni procurati dai suoi
poliziotti. Alle prese con due sentenze di condanna l´Avvocatura di Stato
ha bloccato i procedimenti. Perché "non è possibile stabilire con
chiarezza" chi ha picchiato una pacifista. Infatti "quel giorno volavano
bastonate da tutte le parti, e se i colpi fossero arrivati proprio da un
noglobal?". Oppure perché "non è giusto fissare certe somme di
risarcimento solo perché il colpevole è un poliziotto, applicando cioè il
principio del danno punitivo. E comunque, certe conseguenze dopo le botte
subite non sono assolutamente provate"

Negato l´indennizzo di poche migliaia di euro a due persone vittime delle
violenze da parte degli agenti
G8, lo Stato non vuole risarcire i manifestanti picchiati dalla polizia
Il giudice: pagate per le botte. L´avvocatura si oppone
MASSIMO CALANDRI
LO STATO italiano chiede tre milioni di euro di risarcimento ai no-global
accusati di aver devastato e saccheggiato la città di Genova durante il
G8. Ma non ha nessuna intenzione di pagare per i danni procurati dai suoi
poliziotti. Neppure quando il ministero dell´Interno è già stato
condannato dal tribunale per l´ingiustificato pestaggio di alcuni
cittadini inermi. Neppure quando si tratta di poche migliaia di euro.
Gli atti di citazione in appello sono due, e corrispondono alle due
sentenze emesse contro le forze dell´ordine. Nel primo caso il giudice
istruttore Angela Latella aveva condannato gli sconosciuti agenti che in
corso Assarotti manganellarono una missionaria di cinquant´anni, Marina
Spaccini. Nel secondo il giudice Cesare Viazzi aveva assegnato un
indennizzo ad una pacifista, Simona Coda Zabetta, massacrata di botte in
piazza Manin. E´ tradizione liquidare le somme ed eventualmente
appellarsi, ma questa volta l´Avvocatura di Stato - probabilmente anche
per lanciare un segnale - ha invece bloccato i procedimenti. Interessanti
le motivazioni addotte per contestare la decisione dei magistrati. «Non è
possibile stabilire con chiarezza chi ha picchiato Marina Spaccini: quel
giorno volavano bastonate da tutte le parti, e se i colpi fossero arrivati
proprio da un no-global?», è la sintesi di una delle surreali tesi. «Non è
giusto fissare certe somme di risarcimento solo perché il colpevole è un
poliziotto, applicando cioè il principio del "danno punitivo". E comunque,
certe conseguenze dopo le botte subite non sono assolutamente provate», è
l´altra riflessione, che lascia ancora più sconcertati: perché è come se
lo Stato non riconoscesse che i suoi agenti devono essere due volte
responsabili, quando sono in servizio.
Gli appelli sono stati notificati nei giorni scorsi ad Alessandra
Ballerini e Marco Vano, legali delle donne vittime delle violenze da parte
delle forze dell´ordine. Marina Spaccini, pediatra di origini triestine
che per quattro anni ha lavorato in due ospedali missionari in Kenia, era
stata la prima pacifista del G8 a veder riconosciute le proprie ragioni da
un tribunale. Venne aggredita alle due del pomeriggio del 20 luglio 2001,
partecipava alla manifestazione della Rete Lilliput ed era tra quelli che
alzava in alto le mani dipinte di bianco urlando: «Non violenza!». Gli
agenti e i loro capi avrebbero poi raccontato che stavano dando la caccia
ad un gruppo di Black Bloc, che c´era una gran confusione e qualcuno
tirava contro di loro le molotov, che non era possibile distinguere tra
«buoni» e «cattivi»: bugie smascherate nel corso del processo, come
sottolineato dal giudice. I cattivi c´erano per davvero, ed erano i
poliziotti che a bastonate aprirono una vasta ferita sulla fronte della
pediatra. Dal momento che era impossibile identificare gli agenti, il
ministero dell´Interno fu condannato al pagamento di cinquemila euro tra
invalidità , danni morali ed esistenziali. Oggi l´Avvocatura si appella:
spiegando che le testimonianze del pestaggio non sono così chiare, che la
polizia fu comunque costretta ad usare le maniere forti per la necessitÃ
di «respingere la violenza organizzata» e di «proteggere la Zona Rossa», e
che comunque chissà chi ha davvero colpito la donna. «Anche i manifestanti
erano muniti di bastoni e oggetti contundenti - scrivono i legali dello
Stato - ce n´era pure una con in mano una scopa».
A Simona Coda Zabetta devono essere liquidati quasi quindicimila euro a
titolo di risarcimento del danno biologico, esistenziale e morale. In
questo caso l´Avvocatura sostiene che i guasti subìti dalla donna non sono
precisati come dovrebbe, e che per colmare queste lacune il giudice ha
voluto sottolineare la gravità del comportamento dei poliziotti, «che
avrebbero invece dovuto tutelare l´incolumità della cittadina». Il
ragionamento del giudice Viazzi sembrerebbe condivisibile a tutti:
l´integrità e l´incolumità della persona è stata messa a repentaglio non
da reati colposi, ma volontari, per di più commessi da agenti. Ma lo Stato
la pensa in maniera diversa: spiega che nel nostro ordinamento non esiste
il "danno punitivo". E non vuole pagare.

.
.