Home Page

14.11.08

Repubblica su diaz 14 novembre 2008

14-11-2008

Repubblica

Diaz, assolti i vertici della polizia

Appena tredici condannati su ventinove imputati. E l´aula grida: "Vergogna"

Il processo

Giudicati colpevoli i "celerini", il loro capo e quelli della falsa prova
delle molotov

MASSIMO CALANDRI

GENOVA - Finisce alle nove di sera con il pubblico che urla «Vergogna!»,
la corte che s´affretta a lasciare l´aula, i pubblici ministeri
impietriti, le vittime in lacrime, gli avvocati degli imputati che parlano
a bassa voce, quasi imbarazzati per un epilogo comunque sorprendente.
Finisce con la semplice condanna di un gruppo di «celerini» e del loro
capo, insieme a quella dell´agente e del funzionario che materialmente
portarono le molotov nel cortile della scuola. Tutti assolti i
super-poliziotti, compresi quelli che firmarono i verbali farciti di prove
false. Secondo i giudici, furono ingannati dagli agenti «cattivi»: i
colpevoli sono 9 capisquadra del nucleo anti-sommossa e i due loro
superiori, che fecero irruzione massacrando 93 no-global inermi; un
poliziotto ed un vice-questore, che decisero da soli di imbrogliare le
carte piazzando le bottiglie incendiarie. Ma la fantomatica aggressione al
poliziotto, le coltellate di un misterioso black bloc sbugiardate dalle
perizie? Questa ed altre bugie smascherate durante il dibattimento non
sembrano trovare spazio nella decisione presa da Gabrio Barone, presidente
della prima sezione. Dopo sette anni e mezzo di indagini e centocinquanta
udienze, il tribunale di Genova ha riscritto quella che la procura aveva
denunciato come la notte più nera nella recente storia della Polizia di
Stato. I poliziotti «buoni», tutti promossi in questi anni e oggi ai
vertici del Ministero dell´Interno, furono anche loro vittime dei
picchiatori in divisa. Le condanne sono solo tredici, quando i pm ne
avevano chieste ventotto: trentacinque anni e sette mesi di reclusione
complessivi, contro una domanda tripla. «Ero certo dell´innocenza mio
cliente. Ma le assoluzioni sono forse un po´ troppe», confessa a caldo uno
dei legali, Giuseppe Giacomini.
«Questa sera credo che sia più dignitoso il silenzio completo», taglia
corto Enrico Zucca, che insieme al collega Francesco Cardona Albini dalla
notte del 21 luglio 2001 ha cercato di fare chiarezza, rompendo il muro di
omertà e scoprendo dopo un anno che le molotov nella scuola ce le aveva
messe la polizia. La procura sosteneva che dell´irruzione, e soprattutto
delle mosse successive ? l´arresto dei presenti, i conseguenti falsi ?
fossero responsabili tutti. Anche e soprattutto i funzionari che fino
all´ultimo furono presenti al blitz. Che fecero finta di non vedere Mark
Covell, il giornalista inglese ridotto in fin di vita nella strada
adiacente e fatto passare per un Black Bloc della Diaz. Tra di loro
Francesco Gratteri, attuale dirigente dell´Antiterrorismo. E Giovanni
Luperi, oggi capo dell´Aisi, l´ex Sisde. E ancora Gilberto Caldarozzi,
uperi, oggi capo dell´Aisi, l´ex Sisde. E ancora Gilberto Caldarozzi,
protagonista dell´arresto di Bernardo Provenzano, più Spartaco Mortola,
questore vicario a Torino.
E´ stato condannato a 4 anni di reclusione Vincenzo Canterini, allora capo
del disciolto VII nucleo anti-sommossa, ora questore e ufficiale di
collegamento dell´Interpol a Bucarest. Due anni per il suo vice,
Michelangelo Fournier, che parlò di «macelleria messicana». Tre anni a
otto capisquadra che beneficeranno di tre anni d´indulto come Canterini.
Un mese di reclusione ad un nono collega. E poi ci sono quelli delle
molotov: due anni e sei mesi a Michele Burgio, che dal blindato della
«Celere» portò le bottiglie nel cortile della Diaz; tre anni Pietro
Troiani, il vice-questore che le offerse ai suoi colleghi. Ingannandoli,
dice il tribunale. Ma l´uomo che le portò materialmente nella scuola resta
un mistero. E molti sono ancora i misteri che questa sentenza non
contribuisce purtroppo a risolvere. Anzi.

------

"Ma quei giudici hanno punito solo i picchiatori"

L´ex sindaco Pericu: ora inchiesta parlamentare

"Vorrei capire se ci sia stato un approfondimento dei fatti e delle
situazioni"

DONATELLA ALFONSO
GENOVA

«ALLO STATO delle cose, mi riesce difficile capire. Spero che dalla
sentenza emerga il quadro complessivo della decisione». Beppe Perìcu, nei
giorni del G8 sindaco Ds di Genova - e suo uomo simbolo - avvocato
amministrativista, commenta così, a caldo, la sentenza sulla notte cilena
della Diaz, rimandando un giudizio più approfondito a quando saranno
chiare le motivazioni della sentenza stessa. E avverte: la necessità della
prova impone limiti al giudizio penale, ma vorrei che ci fossero stati i
giusti approfondimenti. E incalza: la verità definitiva sulle giornate di
Genova verrà dalla storia.
Beppe Perìcu, la sentenza sulla Diaz rovescia la posizione dei pm: i
vertici della polizia sono stati assolti, non è stata riconosciuta una
responsabilità nella catena di comando. Cosa ne pensa?
«Sono stati condannati soltanto quelli che avevano materialmente picchiato
i giovani che si trovavano nella scuola. D´altro canto, sono i limiti del
giudizio penale, che deve basarsi esclusivamente sulle prove documentali».
Da sette anni si attendeva una risposta chiara dalla giustizia su quella
notte di sospensione della democrazia, come fu detto. Ma secondo lei c´è
stata giustizia o no?
«Io spero che dalle carte della sentenza emerga il quadro complessivo
delle decisioni che sono state prese. Allo stato, francamente riesce
difficile».
Non solo le parti offese, ma tutta Genova aspettava un pronunciamento
netto su una pagina così inquietante, che l´aveva offesa profondamente.
Non pensa che la delusione sia forte?
«Io sono un avvocato e ho il massimo rispetto per la magistratura e per le
decisioni dei giudici, sia chiaro. Ma quello che vorrei è altro».
E cioè?
«Vorrei capire se ci sia stato un approfondimento dei fatti e delle
situazioni che si sono evidenziate».
Lei, da avvocato, farebbe appello contro una sentenza del genere? Sono
state riconosciute solo le singole responsabilità , non i contorni di una
vicenda che ha avuto ben altre connotazioni, anche politiche...
«Io non posso entrare in merito a cosa farei sulla sentenza perché,
ripeto, parlo da avvocato: non conosco le carte. Ricordiamoci, insisto,
che il magistrato penale non può risolvere queste problematiche. Deve
riferirsi esclusivamente ai reati commessi e accertati».
La scorsa estate, dopo la sentenza sulle violenze di Bolzaneto, aveva
parlato della necessità di affidare il giudizio sui giorni del G8 alla
storia. Ne è convinto anche dopo il pronunciamento sulla Diaz?
«Certo. Non è che una sentenza risolva i problemi, al di là degli eventi
specifici esaminati da quel giudice. E per quanto riguarda i fatti del G8,
io penso che il passare del tempo faccia sì che questi siano elementi
ormai della storia e non della cronaca».
Lei ha sottolineato a più riprese la necessità di una commissione
d´inchiesta parlamentare. Ne è ancora convinto?
«Sì. Sono garantista e convinto che i processi giudiziari possano solo
stabilire le responsabilità individuali. Una verità complessiva poteva e
potrebbe scaturire da un´inchiesta parlamentare».
Le reazioni violente delle forze dell´ordine, lei ha detto e anche
scritto, potevano essere imputate più a casualità che a volontà precise, a
ordini dall´alto...
«Io dico che ad un certo punto tra le forze dell´ordine erano emerse
reazioni vendicative, come si è visto anche da inquietanti
intercettazioni. L´atteggiamento era quello di "voler dare una lezione"
culminato nelle violenze della caserma di Bolzaneto e nella scuola Diaz.
Resto convinto che se la preparazione fosse stata più adeguata, molte
conseguenze negative avrebbero potuto essere evitate».

------

L´avvocato Biondi: sconfitto il teorema della procura. Mantovano: non ci
fu complotto

"La giustizia è morta, vince l´impunità " rabbia e dolore, scoppia la
polemica

Uno dei ragazzi tedeschi feriti: "Sono choccato, così si autorizza la
violenza"

MARCO PREVE

GENOVA - Vittorio Agnoletto, che sette anni prima era il portavoce di
quelli che credevano che un altro mondo era possibile, al centro dell´aula
urla ai microfoni che «da oggi un superiore non sarà più responsabile se i
suoi agenti spaccano le teste dei manifestanti, anzi potrà essere sicuro
di fare carriera». Ma il vero volto della delusione è nell´angoscia
composta di un gruppetto di ragazzi tedeschi, alcuni di quelli massacrati
a manganellate il 21 luglio del 2001. Daniel Albrecht Thomas, che oggi ha
29 anni e a Berlino continua a suonare il violoncello, è diventato suo
malgrado un personaggio storico. Perché era il primo della lista dei 93
ngiustamente arrestati alla Diaz, oggi parti civili, e poi perché la sua
foto con i dreadlocks biondi insanguinati dalle ferite ha fatto il giro
del mondo. Gli hanno riconosciuto una provvisionale di 50mila euro perché
quella notte la sua testa spaccata dai tonfa lo stava per far morire.
«Questa notte non riuscivo a dormire, forse me lo sentivo. Non mi
aspettavo molto da questo verdetto - dice con gli occhi lucidi - . Però
questa sentenza... sono sotto shock. È una vergogna. I responsabili non
pagano praticamente nulla. È un pessimo segno per il futuro, perché da
oggi i poliziotti possono stare sicuri che in nome della repressione
possono fare quello che vogliono».
Lena Zuhlke, anche lei tedesca, alla Diaz fu picchiata senza pietà da
carnefici in divisa fino a quando svenne. Quando il giornalista le chiede
cosa pensa fa segno di no con la testa e abbraccia uno dei suoi legali,
l´avvocato Filippo Guiglia. Marta Vincenzi, il sindaco di Genova, le
scivola accanto mentre abbandona l´aula scura in volto. «Una sentenza -
dice il primo cittadino - che è insufficiente per scrivere la storia di
quei giorni. Serve più che mai una commissione d´inchiesta».
Il tema dell´impunità è ribadito anche da Gigi Malabarba presente a Genova
2001 come senatore di Rifondazione Comunista: «L´assoluzione per il capo
dell´Anticrimine Gratteri e del dirigente dell´Aisi Luperi e dei massimi
dirigenti della polizia che hanno organizzato la mattanza alla scuola
Diaz, è la rappresentazione plastica dell´impunità di cui godono gli
scherani di Gianni De Gennaro e dell´ignavia di una magistratura che nega
ancora una volta verità e giustizia per Genova».
E il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando sottolinea che
«accertato che sono stati commessi dei gravi reati contro cittadini inermi
italiani e stranieri che non avevano nessuna colpa, come è stato possibile
che un evento della gravità di quello della scuola Diaz sia avvenuto senza
indicazioni da parte dei superiori o quanto meno senza il necessario
controllo degli eventi?».
Di segno nettamente opposto Maurizio Gasparri presidente del Pdl al
Senato: «Più della metà degli imputati è stata assolta. Il che
ridimensiona la violenta campagna contro le forze dell´ordine da taluni
fatta finora». E gli fa eco sottosegretario agli interni Alfredo
Mantovano: «A Genova non c´è stato alcun complotto». Tra gli avvocati dei
poliziotti imputati molta soddisfazione, specie per i difensori di
Francesco Gratteri, Giovanni Luperi, Nando Dominici, Gilberto Caldarozzi,
Spartaco Mortola.
Tra le voci fuori dal coro quella di Alfredo Biondi che assisteva Pietro
Troiani, l´uomo delle molotov: «E´ una sentenza contraddittoria,
abbastanza ingiusta e transattiva perché stabilire che i superiori comandi
siano tutti esclusi dal concorso nel reato di calunnia significa che uno
avrebbe fatto una calunnia per vocazione». Mentre per l´avvocato Silvio
Romanelli: «E´ una sentenza sorprendente». Romanelli è il difensore di
Canterini, quello che passerà alla storia come l´unico "cattivo" della
Diaz.

Come per Bolzaneto, la sentenza del processo per i pestaggi nella scuola
Diaz è una sentenza pessima, quali saranno le motivazioni che la
sosterranno. È soprattutto una sentenza imprudente e pericolosa. Vengono
condannati soltanto i "picchiatori" del Reparto Mobile di Roma, il
comandante, il suo vice, i capisquadra.
Per il tribunale nessuna pianificazione da parte del Dipartimento. Le
violenze opera dei subalterni
La risposta del tribunale è stata questa: un gruppo di esaltati è andato
oltre il lecito, tutto qui
Il processo ci dice che quando c´è uno Stato che fa il questurino il
nemico può essere annientato

(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
GIUSEPPE D´AVANZO

Con loro, condannati i due poliziotti che s´inventarono, trasportandole
nella scuola, le due bottiglie molotov che avrebbero dovuto giustificare
la «perquisizione» diventata massacro di 93 persone sorprese nel sonno.
Come per Bolzaneto, questa sentenza avrebbe dovuto spiegare come, perché,
con la responsabilità di chi, nasce in una democrazia un «vuoto di
diritto» che liquida le regole del diritto penale e le garanzie
costituzionali e consegna la nuda vita delle persone, spogliata di ogni
dignità e diritto, a una violenza arbitraria, indiscriminata, assassina.
La risposta del tribunale è stata, più o meno, questa: c´è stato un gruppo
di esaltati che è andato oltre il lecito, tutto qui, e due disgraziati che
per metterci una pezza, a frittata fatta, hanno manipolato una prova.
L´intera catena di comando, a cominciare dal capo della polizia (nel 2001,
Gianni De Gennaro) si è fatta prendere la mano e ingannare come l´ultimo
del più sprovveduto dei gonzi. Così il Dipartimento della pubblica
sicurezza è stato convinto a stilare un comunicato in cui non c´è una
frase che non risulti falsa o controversa.
E´ fuor di dubbio che la ricostruzione dell´accusa ne esca a pezzi.
L´assoluzione dei «vertici apicali» della polizia (Giovanni Luperi e
Francesco Gratteri) smentisce il lavoro dei pubblici ministeri. Avevano
sostenuto che l´«operazione Diaz» fu «decisa, pianificata e organizzata
dal vertice del Dipartimento della pubblica sicurezza»; che «l´iniziativa
era diretta al riscatto dell´immagine delle forze di polizia gravemente
compromessa dall´inefficace azione di contrasto alle violenze e
degenerazioni dell´ordine pubblico durante le manifestazioni di protesta
contro il vertice del G8». Al contrario, per il tribunale non c´è stata
alcuna pianificazione del Dipartimento e le violenze brutali, i fermi e
gli arresti illegali sono farina del sacco di un pugno di subalterni che
non sono riusciti a controllare il loro odio. L´esito minimalista del
processo non spiega troppe cose (le perquisizioni arbitrarie, la
costruzione di false prove, «la totale inosservanza delle regole del
diritto», quella notte e nei giorni successivi) e soprattutto non "chiude"
lo strappo creato tra le istituzioni e una generazione che, in quei
giorni, si riaffacciava sulla scena politica dopo un lungo letargo.
Quale che siano le motivazioni della discutibile sentenza, è su questo
vulnus tra lo Stato e la società che bisogna riflettere perché i pestaggi
della Diaz e le torture di Bolzaneto pongono questioni che sarebbe
dissennato accantonare o anche soltanto trascurare. Qual è il mestiere
elle polizie in questa congiuntura politica? E quali sono le garanzie che
venga svolto in modo corretto?
In uno "Stato legislativo", dove quel che conta è la legalità e chi
esercita il potere agisce «in nome della legge», le burocrazie sono
«neutrali», uno strumento puramente tecnico che serve orientamenti
politici diversi e anche opposti, e le polizie hanno una funzione
meramente amministrativa di esecuzione del diritto. Questo governo, in
carica anche nel 2001, ha inaugurato la sua stagione "riformatrice" con
ben altre convinzioni. Non vuole essere l´anonimo esecutore di leggi e
norme. Non intende governare in nome della legge, ma in nome della
«necessità concreta». Pretende che si muova dietro le "emergenze"
(autentiche o artefatte, che siano), dietro le "situazioni" che ritiene
prioritarie. Berlusconi s´immagina alla guida di uno «Stato governativo»
che si definisce per la qualità decisiva che riconosce al comando
concreto, applicabile subito, assolutamente necessario e virtualmente
temporaneo, sempre conflittuale perché esclude e differenzia. In questo
scorcio di legislatura si sta creando così un paradigma istituzionale
"duale" che affianca alla Costituzione una prassi di governo che vive di
decreti con immediata forza di legge e trasforma il comando in un
ininterrotto "caso d´eccezione" (immigrazione; sicurezza; Alitalia;
rifiuti di Napoli; riforma della scuola).
Nello "stato d´eccezione", le polizie hanno un ruolo essenziale.
Berlusconi evoca con regolarità un «diritto di polizia» e un uso della
violenza o minaccia poliziesca quando i suoi obiettivi appaiono non
condivisi o in pericolo (contro gli immigrati, contro i napoletani
incivili, contro le proteste negli aeroporti, contro le manifestazioni
degli studenti). Chi, nelle burocrazie, non sta al gioco, va a casa. Come
è accaduto ieri al prefetto di Roma, Carlo Mosca, custode di una
concezione di burocrazia professionale che, alla decisione politica
(impronte per i bambini rom), oppone il rispetto della legge e della
Costituzione. Mosca è stato "licenziato" perché Berlusconi chiede ? al
contrario ? che le burocrazie condividano la capacità di assumersi il suo
stesso rischio politico, come fossero un´élite politica e non
istituzionale e non neutrale. E´ una novità di cui bisogna tener conto. E´
quel che esplicitamente chiede alle polizie Francesco Cossiga con la sua
«ricetta democratica».
Cossiga ha spiegato come distruggere l´Onda, il movimento degli studenti:
«Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, e
lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi,
diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e fuoco le città . Dopodiché,
forti del consenso popolare, le forze dell´ordine non dovrebbero avere
pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i
magistrati li rimetterebbero subito in libertà , ma picchiarli e picchiare
a sangue anche quei docenti che li fomentano».
Cossiga (un uomo che sarebbe sciagurato considerare soltanto uno
spericolato irresponsabile) dice quel che altri, nella destra di governo,
pensano soltanto. Le polizie, nello «Stato governativo» preteso dalla
destra, non dovrebbero più avere soltanto una funzione di mera esecuzione
del diritto, ma farsi agenti attivi della sovranità del governo, muoversi
in quell´area indifferenziata tra violenza e diritto che sempre definisce,
nel caso d´eccezione, il comando del sovrano e il potere delle polizie.
Ora quel che si paventa per il domani è già accaduto ieri, a Genodurante i giorni del G8. E´ accaduto proprio nelle forme augurate oggi da
Cossiga. Black Bloc che distruggono la città senza alcun contrasto. Black
Bloc che si allontanano indisturbati mentre appare la polizia che si
avventa contro i manifestanti inermi, pacifici, a braccia alzate e, nella
notte, contro i 93 ospiti della scuola Diaz che si preparano al sonno o
nel garage Olimpo di Bolzaneto dove vennero ancora umiliati e torturati.
Con il risultato che una generazione che, per la prima volta, scopriva la
dimensione politica fu consegnata alla paura, alla solitudine, alla
disillusione.
Dopo sette anni, la situazione non è diversa. Il governo è lo stesso, solo
più lucido, determinato e coeso intorno alla figura del leader
carismatico. Nelle strade c´è un nuovo movimento di giovani che rifiuta un
progetto di ordine sociale che annuncia esclusioni e differenze, che si
oppone alla caduta di ogni garanzia di eguaglianza. Che cosa faranno le
burocrazie dello Stato? Che cosa faranno le polizie sospinte nello spazio
stretto tra la politica e il diritto, tra la violenza e la legge? Il
processo di Genova ci dice che in uno Stato che si presenta come
questurino c´è chi è disponibile a un´illegalità criminale quando il
dissidente diventa un «nemico» da annientare. Sono buone ragioni per non
accontentarsi di una sentenza, per non chiudere il "caso Genova" nel
perimetro di un´aula giudiziaria. In un tempo di aspri conflitti sociali,
già inquinati da un estremismo fascista che minaccia l´informazione, il
sindacato dei lavoratori, le proteste sociali e le forme di dissenso, il
Paese deve sapere se può contare su una polizia fedele alla Costituzione o
dovrà fare i conti anche con una burocrazia della sicurezza gregaria di un
governo che prevede il rischio assoluto, il conflitto continuo, lo
"sfondamento", una polizia sottomessa a un ordine capace di riservare
all´interno del Paese la stessa ostilità che si riserva a un minaccioso
"nemico" esterno . Anche ora che la sentenza di Genova circoscrive le
responsabilità a pochi "fuori di testa", dalle forze dell´ordine
dovrebbero giungere all´opinione pubblica limpide e inequivoche
rassicurazioni. Chi ha a cuore la Costituzione, nelle istituzioni, nella
società , nella politica, dovrebbe invocarle. Perché le sentenze per la
Diaz e Bolzaneto più che rasserenare, inquietano. Più che medicare le
ferite, le fanno ancora sanguinare.

------

I giudici, i poliziotti, la rabbia "Siete per sempre coinvolti"

Nell´aula bunker il dolore e lo stupore della gente

Sentenza choc

Al collo un cartello con il testo di una canzone di De André

WANDA VALLI

Sentono quella parola "assolti" per i vertici della polizia, sentono le
cifre: 2500 euro, 3000 euro, per i loro ragazzi pestati a sangue nella
notte della Diaz, e scattano: "Vergogna", urlano dal pubblico, fatto di
madri, padri, sorelle di quei giovani. Sono le nove e mezzo di sera, il
processo sui fatti della scuola Diaz, su quello che accadde là dentro
nella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001, è appevertici della polizia ora saliti a incarichi ancora più importanti,
assolti Francesco Gratteri, che guida l´Antiterrorismo, Giovanni Luperi
ora al servizio analisi dell´ex Sisde, Gilberto Caldarozzi capo dello Sco,
il servizio centrale operativo, assolto Spartaco Mortola che dalla Digos
di Genova è passato a Torino come vice questore. Assolti per non aver
commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, legge il presidente
della prima sezione del Tribunale, Gabrio Barone. Condannati a 35 anni e 7
mesi totali contro i 109 chiesti dall´accusa, gli altri, agenti e
graduati, anche capi, come Canterini, come Michelangelo Fournier che
avrebbero realizzato da soli la storia delle molotov introdotte nella
scuola, per usarle come prova contro chi là dentro dormiva, che avrebbero
picchiato e malmenato - lo hanno dichiarato loro stessi, a cominciare da
Fournier che parlò di "macelleria messicana" - per senza aver ricevuto
ordini dall´alto. E qualcuno non ci sta. Enrica Bartesani, madre di Sara,
che allora aveva 21 anni e adesso vive a Parigi lavora in teatro, cerca di
dimenticare quello che le tormenta l´anima, mette al collo un cartello con
una frase tratta dalla "Canzone del maggio" di Fabrizio De Andrè "Anche se
voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti". Enrica e gli altri
che la imitano, ripete quei versi: «è l´unica verità , non riusciranno a
uscirne indenni». E´ la stessa canzone che un ragazzo con la chitarra
suonava la mattina dopo, una domenica mattina di sette anni fa, di fronte
alla Diaz, alla palestra con le tracce di sangue per terra, con i
calcinacci, con i detriti. Vittorio Agnoletto, europarlamentare di
Rifondazione che ha seguito tutto, adesso urla nell´aula "Hanno ucciso la
Costituzione, questa è la patria dell´impunità ", e Mark Covell che rischiò
di morire per il torace sfondato, spiega in inglese: «Mi dispiace per
l´Italia, adesso vivete in una dittatura». Lorenzo Guadagnucci,
giornalista, anche lui ferito alla Diaz, sembra smarrito. Dice: «E´ un
fallimento per loro, io esco a testa alta da questo Tribunale, gli
imputati, se ci fossero stati, se avessero avuto almeno questa dignità ,
non potrebbero uscire così. Mi hanno detto di aspettare, l´ho fatto per
sette anni, si poteva ancora sperare di salvare qualcosa, ma non così».
Così non resta che la rabbia, le lacrime di ragazze con le treccine rasta,
lo stupore di Lena, giovane no global tedesca che ha avuto un polmone
perforato e adesso si fa tradurre quello che la giustizia italiana ha
deciso. E poi c´è lei, quella donna disperata che si sporge sopra le
transenne, che urla tutta la sua rabbia. «Avete archiviato tutto per Carlo
Giuliani, e adesso i nostri ragazzi picchiati, in un lago di sangue li
avete valutati 2500 euro, vergognatevi, avete sputato addosso a sette anni
di sofferenza». Haidi Giuliani è poco distante, quasi rassegnata, lei da
tempo ha fermato la speranza, lei non si stupisce. Eppure nelle lunghe ore
di attesa, l´idea che sarebbe andata a finire così si era fatta strada.
Vittorio Agnoletto lo temeva: «se dovessero assolverli si darebbe il via
libera a azioni impensabili». Daniel il giovane tedesco fotografato con il
volto pieno di sangue, raccontava che lui non aveva potuto vedere l´agente
che lo picchiava «perché aveva il viso coperto». Arnaldo Cestaro ha messo
al collo il suo fazzoletto rosso da partigiano, Gwyn Readgers, è venuto
per aiutare Mark, da Londra dove è il presidente dello Speakers culb, il
club degli oratori, perché «amo i diritti umani e sono qui per questo»,
alla fine sarà anche lui tra quelli che urlano "vergogna", in italiano. E
fuori, dopo lo choc di una sentenza inattesa, molti si fermano. Sono
scomparse le sagome alte due metri che raffiguravano agenti con il
manganello, create dai giovani del Genoa Legal Forum, sono arrivati lora vedere «se la giustizia è uguale per tutti». E´ lo stessa frase che,
durante l´attesa, ripetono tutti. E´ la speranza. Delusa.
(hanno collaborato Erica Manna, Laura Nicastro e Raffaele R. Riverso)

------

Il presidente della Regione Liguria: giustizia lenta

Burlando: "Che amarezza andrà tutto in prescrizione"

Haidi Giuliani: "In quest´aula non ho visto rispetto per la nostra
Costizione"

«AMAREZZA per il fatto che questa sentenza interviene sette anni dopo i
fatti con la possibilità che si incorra nella prescrizione» è stata
espressa dal presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando. «Si
conferma - ha proseguito - che una giustizia lenta è anche una giustizia
non efficace». Rilevato che «è stato accertato che sono stati commessi dei
gravi reati contro cittadini inermi italiani e stranieri che non avevano
nessuna colpa», Burlando si chiede anche «come possa essere stato
possibile che un evento della gravità di quello avvenuto nella scuola Diaz
sia avvenuto senza indicazioni da parte dei superiori o quanto meno senza
il necessario controllo degli eventi».
«Da oggi in poi questa sentenza stabilisce la totale impunità per le forze
dell´ordine». L´ex portavoce del Genoa Social Forum e deputato europeo del
Prc Vittorio Agnoletto commenta così, subito dopo la lettura della
sentenza. «D´ora in poi i dirigenti di polizia che lasciano che i loro
uomini spacchino la testa e la schiena a chi dorme tranquillamente hanno
la certezza dell´impunità e la garanzia di una grande carriera. La patria
del diritto, di Beccaria, diventa la patria dell´impunità ». Parla di
"mancanza di dignità e di coraggio" Haidi Giuliani, madre di Carlo ed ex
senatrice Prc: «In quest´aula ho visto persone coraggiose che hanno
testimoniato e pm coraggiosi, ma non ho visto altri atti di coraggio e
neppure rispetto per la nostra Costituzione».
Vengono tutte da sinistra le reazioni negative. «Ancora una volta l´Italia
si conferma il Paese nel quale pagano solo i sottoposti e gli esecutori,
mai i capi. Sui fatti di Genova eccezionalmente gravi, giustizia non è
stata fatta» dichiara il segretario dei Comunisti Italiani Oliviero
Diliberto; e Gigi Malabarba (Sinistra Critica), tra i primi a raggiungere
la Diaz quella notte: «L´assoluzione per il capo dell´Anticrimine Gratteri
e del dirigente dell´Aisi Luperi e degli altri funzionari, ossia dei
massimi dirigenti della Polizia di Stato che ha organizzato la mattanza
alla scuola Diaz, è la rappresentazione plastica dell´impunità di cui
godono gli scherani di Gianni De Gennaro e dell´ignavia di una
magistratura che nega ancora una volta verità e giustizia per Genova».
Perplesso il capogruppo del Pd a Tursi Simone Farello: «le sentenze si
rispettano, ma non è un segnale positivo per la democrazia che tredici
membri delle forze dell´ordine siano stati condannati per ciò che hanno
fatto durante il loro lavoro» «Una sentenza imbarazzante. Un´occasione
mancata per sanare una grave ferita nel paese. Così Maurizio Gubbiotti,
coordinatore nazionale della segreteria di Legambiente.
Dopo i no global e Bolzaneto resta aperto il caso De Gennaro

La sentenza di ieri riguarda l´ultimo dei tre grandi processi avviati a
Genova dopo il G8. Il primo ad essere celebrato è stato quello per le
violenze di strada che si è concluso con la condanna a pene tra i 5 mesi e
gli 11 anni per 24 no global. Il secondo è stato invece quello per le
violenze nella caserma di Bolzaneto: condannate 15 persone (tra poliziotti
e civili) a pene tra 5 mesi e 5 anni. Restano ancora da discutere alcuni
processi-satellite. Il primo è a carico di Vincenzo Canterini, imputato
per aver spruzzato gas urticante contro alcune persone. Il secondo
riguarda la carica avvenuta in piazza Manin: sono imputati 4 poliziotti.
Il terzo riguarda l´ex capo della polizia Gianni De Gennaro: avrebbe
istigato l´ex questore di Genova a testimoniare il falso. Con lui sono
indagati l´ex capo della Digos Spartaco Mortola e l´ex questore Francesco
Colucci.

------

Il sindaco in aula: "La giustizia ha chiarito che sono state commesse
violenze su ragazzi inermi"

Vincenzi: "Ora più che mai la commissione d´inchiesta"


"Ricordo la sera di Carlo, ero a casa, mi telefonarono: succede di tutto,
sembra il Cile?"
"Speravo che si potesse chiudere questa pagina dolorosa, ma non è ancora
tempo"
Marta Vincenzi, il sindaco, di Genova, arriva nell´aula bunker di palazzo
di Giustizia, verso le sei di sera. Ha un foulard rosso al collo, si siede
nelle file riservate alle parti civili. Spiega: «Sono venuta come sindaco
della città , e perché nel 2001, come presidente della Provincia, ho
seguito tutto il G8». Alle nove, quando la sentenza è stata letta, il
sindaco non ha dubbi:«serve adesso più che mai una commissione
d´inchiesta».
Sindaco Vincenzi, si aspettava questo verdetto?
« Speravo che la città dopo sette anni potesse chiudere una pagina
sofferta, dolorosa».
E invece?
«Credo che sia più che mai necessaria una commissione d´inchiesta
parlamentare. La giustizia ha chiarito che sono stati commessi fatti
illeciti, che ci sono stati responsabili, che ragazzi inermi hanno subito
violenze gratuite».
Una sentenza che assolve i capi della polizia e condanna chi ha eseguito
ordini.
«Una ricerca di verità c´è stata e va riconosciuto, speravo si arrivasse a
chiudere quella pagina, speravo che Genova e tutto il Paese potessero
ricominciare. Non è ancora quel tempo».
La sua presenza qui che cosa significa?
«Rappresento una città , che non può prescindere da quanto è successo,
perché se uno può pensare che non fa niente di male e finisce a prendere
botte, dove si va a finire?».«Certo, l´aspetto positivo sta nel fatto che c´è stata una ricostruzione
di quanto è accaduto, è servita tenacia, fatica, decisione,
determinazione. E´, comunque, un importante passo avanti nell´Italia che
per decenni non ha ricostruito niente delle sue pagine cupe, la strage di
Ustica, i suoi grandi misteri irrisolti»
Sindaco Marta Vincenzi che cosa ricorda di quei giorni di luglio del 2001?
«Tutto. Ero il presidente della Provincia, ho vissuto blindata nel mio
ufficio dentro la zona rossa. Abbiamo denunciato noi quelli che prendevano
le sbarre dei cancelli a Quarto, non è successo nulla, ma noi l´abbiamo
denunciato. E poi ricordo la sera in cui è morto Carlo Giuliani, ero
appena arrivata a casa, quando mi telefonano" sta succedendo di tutto,
sembra il Cile". Momenti terribili, noi avevamo sperato ben altro».
Che cosa d´altro?
«Volevano dimostrare che Genova era una città in grado di accogliere chi
diceva "un altro mondo è possibile" e sperava di riuscire a dimostrarlo.
Volevamo e vogliamo ancora essere la città dei diritti».
Un ragazzo le ha urlato, quali diritti, sindaco.
«Noi come Comune, li rispettiamo. Abbiamo organizzato una serie di
manifestazioni e altre ne faremo proprio con questo spirito, per ribadire
che vogliamo essere la città dove in quel G8 i diritti sono stati
affossati, e noi vogliamo ribadirli, rinforzarli».
Adesso, però, prevale l´amarezza nelle vittime nei loro parenti. Si è
parlato a lungo di una commissione di indagine parlamentare, sette anni
dopo, ha ancora senso?
«E´più che mai necessaria, per come questa pagina è stata chiusa. Ora
dobbiamo capire, fino in fondo, una pagina di storia recente».
E´ delusa?
«Dico solo, ribadisco, che speravo solo di chiuderla del tutto quella
brutta pagina. Ora la commissione di indagine può farlo».
(wa. v.)

------

L´avvocato difensore del vicequestore Troiani

Biondi attacca la procura "Sconfitto il suo teorema"

"Aver ridotto la pena significa non aver avuto la certezza della gravitÃ
dei fatti"

«E´ sconfitto il teorema della procura», commenta a caldo l´avvocato
Alfredo Biondi, difensore del vicequestore Pietro Troiani e del
funzionario di polizia Alfredo Fabbrocini. Il pm non vuole invece
rispondere alla domanda sull´eventualità di presentare appello alla
sentenza. «Si tratta - prosegue l´avvocato Biondi - di una sentenza
contraddittoria, abbastanza ingiusta e transattiva perché stabilire che i
superiori comandi siano tutti esclusi dal concorso nel reato di calunnia
significa che uno avrebbe fatto una calunnia per vocazione. Mi dispiace
anche per il procuratore della repubblica: è una sconfitta dell´accusa».
«Io - conclude il legale - non posso che vantarmi solo di aver ottenuto
l´assoluzione piena di Fabbrocini, come avevo richiesto, e per Troiani la
prevalenza delle aggravanti sulle attenuanti fanno sì che abbia diritto al
condono. Ma non è questo che mi appaga, anzi. Proprio lpena significa non aver avuto la certezza della gravità dei fatti».
Con la sentenza di Genova «cade il teorema del complotto» ordito dai
vertici della polizia, ma ora occorre leggere attentamente le motivazioni
per quanto riguarda le condanne degli agenti: «non vorrei che la decisione
fosse stata ingenerosa nei loro confronti» afferma il ministro della
Difesa, Ignazio La Russa, che nella fase iniziale del processo ha anche
difeso alcuni degli imputati. «Sono un ministro, ma sono anche avvocato, e
quindi io per primo affermo che le sentenze si commentano dopo averne
letto le motivazioni. A caldo è possibile solo un primo giudizio sommario,
in base al quale credo si possa dire che cade il teorema del complotto,
cioè la tesi di chi sosteneva che a Genova ci fosse stato qualcosa di
organizzato, che coinvolgeva il livello alto della polizia». Ma «ancora di
più è importante esaminare le motivazioni per chi ha subito le condanne.
Un po´ quegli atti li conoscevo, poiché difendevo alcuni degli agenti
condannati, e non vorrei che la sentenza sia stata ingenerosa nei loro
confronti».
«Siamo lieti che la giustizia ordinaria riconosca una verità nota a tutti
gli italiani e cioè che al vertice della Polizia di Stato in Italia ci
sono stati e ci sono autentici galantuomini e servitori delle istituzioni.
Il tentativo di criminalizzare, per i fatti del G8 di Genova, i vertici
delle forze dell´ordine si è rivelato per quello che era: un´autentica
persecuzione» afferma in una nota Pier Ferdinando Casini, leader dell´Udc.
«Il teorema della Procura di Genova sui fatti della Diaz è miseramente
fallito: si trattava di un inutile teorema, squisitamente politico, che si
è giustamente arenato al cospetto della Legge. Congratulazioni ai
funzionari assolti, che oggi possono finalmente dire che giustizia è
fatta». Lo afferma Jole Santelli, del Pdl.

.
.