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04.03.04

Secolo xix: agenti sotto accusa e sconquasso a sinistra

da il secolo xix

Diaz, resa dei conti per 29 agenti
Anche il Comune di Genova è tra le parti offese indicate dalla procura. Ora la giunta potrebbe costituirsi anche contro i poliziotti
Violenze e false prove, depositata la richiesta di processo

Genova Il giallo si scioglie a mezzogiorno in punto. Mezzogiorno di ieri: l'ora in cui la procura della Repubblica deposita nelle cancellerie la richiesta di rinvio a giudizio per ventinove tra dirigenti, funzionari, agenti di polizia per il blitz nella scuola Diaz. Giallo alimentato dal tempo passato tra l'annuncio del provvedimento e la materiale consegna delle 36 pagine all'ufficio del giudice dell'udienza preliminare.
I sussurri hanno parlato di violente discussioni; la versione ufficiale dei magistrati genovesi parla, invece, di dettagli tecnici e di qualche difficoltà burocratica. Superata la quale, anche il procuratore capo Francesco Lalla e i suoi vice Giancarlo Pellegrino e Mario Morisani hanno sigliato il provvedimento: un robusto imprimatur del vertice della procura.
La richiesta è, da ieri, ufficiale. E ora inizia il conto alla rovescia per l'udienza che deciderà se mandare i 29 poliziotti a processo: la data verrà fissata nei prossimi giorni. Il documento dei pm del pool G8 è ormai ufficiale e arriva così la conferma di alcune indiscrezioni. Scompare il numero di Lorenzo Murgolo, all'epoca vicequestore di Bologna e oggi numero due del Sisde. Poliziotto del dialogo con i no global, uomo di sinistra, non aveva ruoli di comando quella notte, non firmò alcun verbale. Depennato.
Un'altra novità. C'è anche il Comune tra le "persone offese" dell'irruzione nelle scuole Diaz e Pascoli, del blitz delle polemiche che insanguinò la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 e che chiuse drammaticamente due giornate di scontri al G8. C'è anche il Comune: numero 98, l'ultimo della lista. Una circostanza che spiana la strada alla costituzione parte civile dell'amministrazione comunale, per un episodio tutto sommato marginale: il danneggiamento di alcuni computer e apparecchi telefonici nella scuola Pascoli, dove un piccolo manipolo di poliziotti entrò per errore. Apparecchi che, erano, per l'appunto, «di proprietà del Comune di Genova», come i magistrati annotano.
Rispetto al quadro delineato alla conclusione delle indagini, c'è qualche novità. I magistrati hanno idealmente suddiviso il blitz in cinque fasi distinte. La redazione dei falsi verbali (con le imputazioni, per l'appunto, di falso, abuso d'ufficio per gli arresti illegali e di calunnia) tocca gli attuali vertici dell'antiterrorismo, Giovanni Luperi e Francesco Gratteri. Con loro altri dieci funzionari: firmarono quelle carte, che spalancarono le porte del carcere per i no global arrestati quella notte. Le accuse di lesioni rimangono solo per Vincenzo Canterini e i capisquadra della "celere" di Roma. Attenzione: sono imputazioni che riguardano una sorta di "responsabilità oggettiva", perché non è stato possibile induviduare gli agenti che materialmente picchiarono i giovani all'interno dell'istituto.
La vicenda della coltellata ricevuta dall'agente Massimo Nucera. I magistrati la ritengono l'ennesimo falso di quella notte, una messinscena che doveva coprire le violenze del blitz. Diventa ora, nella ricostruzione dei pm, un'iniziativa autonoma dello stesso Nucera e dell'ispettore Maurizio Panzieri, che avvalorò il racconto del collega. L'episodio non è contestato a nessun altro imputato.
Pietro Troiani e il suo autista Michele Burgio sono i protagonisti del grande giallo di quella nottata. Portarono nella Diaz le molotov, le false prove che giustificarono gli arresti. Le accuse: calunnia e violazione della legge sulle armi. Quinta e ultima fase: l'irruzione arbitraria («un errore», si giustificarono i poliziotti) nella vicina scuola Pascoli, sede del centro stampa e degli avvocati del Genoa Social Forum.
Le accuse sono ora formulate. I pm le articoleranno ancora più nel dettaglio con una memoria, che presenteranno nel corso dell'udienza preliminare. Cercando un filo logico che spieghi i misteri di una notte sciagurata.

Marco Menduni
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Forze dell'ordine nei guai per Bolzaneto
Le dichiarazioni di alcuni agenti "pentiti" hanno modificato negli ultimi mesi un'inchiesta che sembrava avviata verso l'archiviazione
Chiusa l'indagine sui presunti pestaggi ai no global arrestati Consegnati 39 "avvisi" per abuso di autorità e altri reati

Genova Ieri, per la seconda volta, la procura di Genova ha depositato quelli che in termini giudiziari si chiamano "gli avvisi di conclusione indagini" per i fatti successi durante il G8 nella caserma di Bolzaneto trasformata in un "centro di prima accoglienza dei giovani arrestati". La prima volta gli avvisi di fine indagine furono depositati lo scorso settembre e riguradavano 43 indagati. Negli atti depositati ieri in via di notifica, invece, alcune posizioni sono state archiviate e gli indagati risultano ora 39. I nomi dei destinatari non sono stati resi noti dai magistrati che hanno condotto l'inchiesta e che è sottoscritta da tutti i cinque pm del pool G8: Francesco Albini Cardona, Francesco Pinto, Francesco Ranieri Miniati, Patrizia Petruzziello ed Enrico Zucca. La conclusione delle indagini è stata riveduta e corretta dopo le dichiarazioni di agenti "pentiti". Una traccia di alcuni dei nomi che potrebbero essere contenuti nei nuovi atti depositati dai magistrati si può trarre dalla conclusione delle indagini dello scorso settembre. Allora figuravano indagati, tra gli altri, il vicequestore di Genova Alessandro Perugini, che risultava essere il funzionario con il grado più alto che si era trovato a dar disposizioni all'interno della caserma e il medico Giacomo Toccafondi, dirigente sanitario del carcere, chirurgo in un ospedale genovese.
La seconda tornata di indagati ha coinvolto il generale Oronzo Doria e alcuni graduati della polizia penitenziaria. Dopo le rivelazioni dei pentiti i magistrati genovesi avevano interrogato anche il pm di Firenze Alfonso Sabella, 41 anni, ex braccio destro di Caselli, noto per aver lavorato a lungo alla sezione antimafia di Palermo e che a Genova nei caldi giorni genovesi del luglio 2001 era responsabile dell'ufficio Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria). La sua posizione peròè stata stralciata ed è in via di archiviazione e quindi il suo nome non risulta tra i 39 indagati.
Genericamente le ipotesi di reato sono abuso di ufficio e abuso d'autorità verso i detenuti. Dalle testimonianze sono emersi "presunti pestaggi" ai danni di buona parte dei circa 300 giovani fermati che vennero condotti a Bolzaneto. In alcuni casi i reati ipotizzati sarebbero anche altri: ad esempio il medico Giacomo Toccafondi sarebbe accusato di comportamento non deontologico. Un altro nome nell'avviso di conclusione delle indagini depositato ieri dovrebbe essere quello di Antonio Gugliotta che all'epoca dei fatti comandava la polizia penitenziaria all'interno della caserma. Oggi Gugliotta è responsabile della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Taranto. Due giorni fa l'ispettore è stato protagonista di un atto intimidatorio: a lui era destinato un pacco bomba che è stato bloccato all'ufficio postale dai dipendenti che, insospettiti, hanno chiamato i carabinieri.
Le rivelazioni degli agenti pentiti sono state raccolte lo scorso gennaio. Un pentimento giunto dopo due anni e mezzo «perchè non ce la facevo più a tacere» ha detto uno dei due poliziotti. Hanno raccontato di violenze, di prevaricazioni, di atteggiamenti da esaltati che sembra fossero una regola nella caserma di Bolzaneto. Dalle loro rivelazioni sarebbero stati coinvolti gli uomini del Sic: il Servizio Centrale di Traduzioni. Ma dalle relazioni che erano state presentate ai pm da Alfonso Sabella il Sic avrebbe avuto un ruolo limitatissimo. Dopo le dichiarazioni dei pentiti sono stati indagati il generale Oronzo Doria e due capitani.

Elisabetta Vassallo
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L' intervista Boato: «Un plauso alla procura tra mille difficoltà ha lavorato bene»

GenovaUn plauso per la procura genovese che, «in mezzo a grandi difficoltà tecnico-giuridiche e politiche, è riuscita a fare un buon lavoro». «Ricordiamoci tutti, però che solo le sentenze finali ci dicono se qualcuno è colpevole o meno. Prima, qualsiasi indagato resta non colpevole. E sottolineo che solo una commissione parlamentare d'inchiesta potrebbe risalire alle responsabilità politiche di una gestione così deleteria dei giorni del G8».
Marco Boato, parlamentare verde, ex Lotta continua, noto per le sue posizioni "garantiste" in tema giudiziario, sostenitore della linea del sindaco di Genova Pericu che ha costituito il Comune come parte civile nel processo contro 26 ragazzi accusati di devastazione, plaude ai magistrati genovesi dopo la notizia sugli avvisi e i rinvii a giudizio a carico degli agenti di polizia sui casi della Diaz e di Bolzaneto.
Boato, le inchieste sui poliziotti per le vicende del G8 vanno avanti a pochi giorni dall'inzio dei processi contro i 26 no global.
«Evidentemente la procura genovese ha applicato gli stessi criteri per i vari filoni d'inchiesta. Che poi sono quelli dello Stato di diritto. L'azione penale è obbligatoria. Durante il G8 sono stati commessi, da una parte marginalissima dei ragazzi che sono scesi in piazza, dei reati: la procura aveva il dovere di cercare e perseguire i responsabili».
Adesso tocca agli agenti...
«Vale lo stesso principio. L'individuazione delle responsabilità penali è obbligatoria anche per quei fatti molto gravi, da qui le gravi imputazioni, accaduti alla Diaz e a Bolzaneto. Quei fatti che a livello politico abbiamo cercato di analizzare in Parlamento: io sono stato relatore di minoranza, ma all'epoca centrodestra disse che la colpa era tutta dei no global, mentre si mostrò molto "giustificazionista" nei confronti delle forze dell'ordine. Si sono dimenticati che la polizia deve far rispettare la legge, non violarla. Oggi chiediamo ancora quella commissione, ma il Polo appare sordo».
Lo ha detto lei: le accuse contro le forze dell'ordine sono pesantissime.
«Fino a prova contraria, fino all'accertamento di un'eventuale responsabilità, deve restare la presunzione di non colpevolezza. Ripeto: basta applicare lo Stato di diritto. Quindi un'accusa e una difesa, un giudice terzo. Così sta succedendo a Genova. Accertare i fatti non è solo doveroso: è auspicabile per fare in modo che quei giorni non tornino più».
In questo caso la procura di Genova come si è comportata, secondo lei?
«Sono spettatore da lontano, ma da quello che si capisce penso si possa dare un giudizio molto positivo per come ha operato questa procura in tutte le difficoltà che ha incontrato. Non dimentichiamo che il governo Berlusconi ha detto più volte che alla Diaz e a Bolzaneto non era successo nulla. Che gli unici "sistemi" usati dai poliziotti erano stati quelli per dividere maschi da femmine».
E invece?
«Invece, nonostante queste pressioni, la procura è andata avanti. Ci sono state le inchieste, gli accertamenti, gli avvisi. Ora si va a processo. Si capirà se ci sono responsabilità penali».
Per quelle politiche?
«E' innegabile che il governo non ha ancora risposto sul ruolo politico che diversi suoi membri e altre personalità del centrodestra a Genova in quei giorni hanno ricoperto. Siamo daccapo: solo una commissione parlamentare può capire quale indiscutibile peso ha avuto Gianfranco Fini in quei giorni».
Per la commissione non ci sono speranze...
«Direi di no. Gli stessi uomini che in tutta fretta hanno voluto studiare la bufala Telekom Serbia, sul G8 non ci sentono».

Giovanni Mari
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Rifondazione, la spaccatura si allarga
IL CASO G8 Sono quindici i dirigenti pronti a lasciare il partito. Bruschi a Roma per spiegare le ragioni dei dissidenti
Taccani fuori dalla giunta Pericu. Seggi resta assessore

Dante Taccani non è più assessore in Comune. Il sindaco Giuseppe Pericu ha accettato le sue dimissioni mentre ha chiesto a Valter Seggi di restare come tecnico. Seggi risponderà (positivamente) al termine della giunta di stamattina. Una giunta in cui il sindaco dirà di non avere, al momento, intenzione di nominare un nuovo assessore. Questa la conseguenza istituzionale della crisi aperta con la costituzione del Comune come parte civile nei processi contro i 26 no global accusati di devastazione.
L'uscita di Rifondazione dall'esecutivo di Palazzo Tursi si brucia in due rapidi incontri e in due lettere. Protagonista il sindaco, che dialoga cordialmente per un'ora (separatamente) con i due assessori e poi scrive a entrambi: al primo per accettare le sue dimissioni, al secondo per esprimere «apprezzamento per quanto fatto fino a oggi e per l'equilibrio dimostrato nelle ultime vicende».
Mentre dentro al partito genovese di Bertinotti si consumava la diaspora (una quindicina di dirigenti sono pronti a lasciare, sette lo hanno già fatto), Pericu ha concordato con Taccani i casi più delicati in corso nel suo assessorato per affidarli da subito in delega ad altri assessori (Borzani e Veardo).
Per Rifondazione è l'ora delle accuse, pesanti. Ieri pomeriggio, nella sede storica dell'Arci Vecchia Genova, si sono radunati i ribelli: chi ha già strappato la tessera, chi ha smesso di far parte di giunte comunali, chi andrà alle riunioni nazionali di partito per chiedere conto della segreteria provinciale. C'è Seggi, che dice: «Mi hanno cucinato a fuoco lento, su decine di questioni. Ho sempre provato a ricucire, a mediare. Sulla delibera G8 mi sono speso in prima persona, ho messo insieme documenti. Ma non hanno voluto capire. Sarò diventato vecchio, ma in questa Rifondazione non vedo più il partito in cui ero entrato». C'é Delogu, che sarà al timone del nuovo "Centro di iniziativa comunista", «un laboratorio soprattutto sul mondo del lavoro aperto a tutti coloro che dalla sinistra si aspettano altro, aperto a coloro che hanno lasciato Rifondazione e a coloro che Rifondazione ha cacciato via».
Già perché volano mazzate pesanti: «Quel partito - afferma l'assessore all'Industria di Cogoleto Aldo Grasso - è stato frantumato dalla segreteria provinciale, non è più un partito ma un luogo in cui ciascuno pensa a se stesso». Poi, cogliendo tra mille dichiarazioni: manca democrazia interna, si da più peso a una limitata parte dei no global che ai cittadini e ai lavoratori, ci sono dirigenti solidali con i ribelli che però tacciono temendo ritorsioni... Via così.
Per questo l'ex storico segretario provinciale Giordano Bruschi volerà dopodomani al comitato nazionale di Roma e illustrerà la sua versione dei fatti su Genova.
Bruno Pastorino, segretario del Prc nella bufera, replica. E contrattacca. «A chi dice di non essere stato consultato ricordo che in questo partito un assessore conta quanto l'ultimo degli iscritti; e i due "comitati" convocati in dieci giorni. A chi parla di mediazione non voluta da noi vorrei dire che è vero il contrario: noi abbiamo parlato di "parte lesa" e abbiamo ricevuto picche; noi abbiamo chiesto di non inviare gli avvocati al processo e abbiamo ancora ricevuto picche. Infine, con tutto l'affetto verso i compagni, non credo che due uscite e tre mancati rinnovi di tessera possano essere definiti una frantumazione. Restano 1.300 iscritti. Perché nessuno rimprovera chi ha cambiato casacca o chi resta in carica dopo aver lasciato il partito?».

Giovanni Mari
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Tursi, il correntone pronto a uscire dal gruppo Ds Grandi manovre in vista del possibile rimpasto

La geografia politica genovese cambia volto dopo la crisi del G8. La decisione del sindaco di costituirsi parte civile nei processi ai no global ha definitivamente scoperchiato la grande pentola dove diessini e comunisti avevano stipato malesseri e critiche. Grandi manovre sono in corso nel "Correntone", la minoranza interna della Quercia, e attorno al Pdci (naturale candidato a ospitare i transfughi di Rifondazione). Il sindaco Giuseppe Pericu guarda a tutto ciò non senza preoccupazioni, anche se nessuno mette in discussione i voti che gli garantiranno di portare a termine la legislatura.
L'operazione più evidente si materializza stamattina proprio in casa Pdci. Il capogruppo a Tursi Tirreno Bianchi disegnerà il futuro del gruppo insieme al suo nuovo componente, Roberto Delogu (ex capogruppo di Rifondazione). Trasferimento e riorganizzazione del gruppo dei comunisti italiani in commissione e per i lavori consigliari troverà immediata operatività. «Ma noi - dice Bianchi - non abbiamo di certo aperto il calcio mercato. E non chiediamo nulla».
Tra i Ds il malcontento tra i berlingueriani troverà definitivo sfogo dopodomani mattina, al più tardi lunedì. In ogni caso prima della riunione del comitato provinciale convocato da Mario Tullo per lunedì sera. Il coordinatore genovese dei berlingueriani ha convocato la riunione di corrente e all'ordine del giorno c'è la proposta avanzata da alcuni per separare i gruppi in Comune e in Provincia alleandosi con Verdi e comunisti italiani (in Comune lo ha fatto Fulvio Molfino, in Provincia Giuseppe Palmeri).
«Le difficoltà sono emerse in tutta la loro pesantezza - dice Sassano - negli ultimi 15 giorni. Ci chiedono di garantire i 27 voti per sostenere Pericu, diciamo che questo non è un problema, che nessuno lo mette in discussione. Ma questo continuo richiamo all'ordine non possiamo più ascoltarlo, adesso ci servono risposte politiche». Sui temi globali (a partire dal voto sulle truppe in Iraq) e sui temi locali (dalle acciaierie al trasporto pubblico fino al G8). «Nessuno vuole far precipitare le cose, ma le cose rischiano di precipitare da sole».
È vero: Palmeri in Provincia si è già mosso. Ieri, a margine del consiglio, ha incontrato l'ex diessino Prete, il verde Benzi e ha telefonato al (ex?) rifondatore Gianelli. Presto la riunione ufficiale per costruire il progetto di una Lista (e di un gruppo) di unità a sinistra, «chiamatelo gruppo rosso-arcobaleno, se volete». «Il malessere ha raggiunto il massimo stadio - afferma Palmeri - adesso dobbiamo percorrere altre strade. Ci hanno chiesto una pausa di riflessione, aspetteremo la votazione in Parlamento sull'Iraq. Poi ci metteremo al lavoro».
I numeri per mettere insieme il gruppo ci sono tutti. Prete è già al gruppo misto, Gianelli non ha strappato la tessera di Rifondazione ma è in totale rotta di collisione con la segreteria genovese, Benzi è da solo e non ha un buon rapporto con il "suo" assessore Bobbio. Palmeri ha come compagno di corrente nel maxi-gruppo Ds Ivano Moscamora, che «sta riflettendo». Ma bastano tre nomi. Discorso simile a Palazzo Tursi, dove il gruppo «rosso-verde» potrebbe includere anche i due del Pdci.
E se fino a ieri si era appassionato alla discussione, esce di scena l'assessore di Rifondazione Dante Taccani. Ieri ha rassegnato le sue dimissioni, e Pericu le ha accettate in velocità. «Il sindaco - racconta Taccani - sapeva il perché di quell'incontro che gli avevo chiesto, abbiamo parlato cordialmente e ragionato sulla migliore maniera per garantire continuità alle attività dell'assessorato. Lui si è dichiarato consapevole della situazione politica. Da oggi non sono più assessore, stamattina consegnerò il telefonino di servizio e libererò i miei uffici».

Gio. M.
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