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01.10.03

Secolo XIX, «Alla Diaz abbiamo sbagliato»

G8, i verbali degli interrogatori ai dirigenti di polizia. Luperi: mi trovai il sacchetto delle bottiglie in mano, e tutti sparirono

«Alla Diaz abbiamo sbagliato»

Gratteri: le molotov piazzate a uso delle telecamere

Genova. «Non avevamo capito, non avevano capito». Scrolla la testa sconsolato Giovanni Luperi. Il blitz della scuola Diaz, l'irruzione delle polemiche e delle decine di feriti, ammette, per ore fu considerata un successo dai pezzi grossi della polizia. «Io ritengo di aver sbagliato a essere presente», risponde Francesco Gratteri. Rivela, sull'episodio delle false molotov che costarono l'arresto di 93 no global: «Lo demmo assolutamente per scontato, purtroppo. Forse siamo stati leggeri in questo, ma lo demmo per scontato, così come la resistenza». E per leggerezza di qualcuno, dolo di qualcun altro, scattarono i 93 arresti illegali. Interrogatori importanti, quelli di Luperi e di Gratteri. Perché oggi i due sono ai vertici della direzione centrale della polizia di prevenzione. Luperi, 53 anni, è a capo della sezione investigazioni generali. Gratteri è il numero uno dell'Antiterrorismo. Entrambi erano presenti davanti alla scuola Diaz, quella notte. Le loro poltrone sono tra i ruoli di più alta responsabilità nella polizia italiana. E la loro recente nomina (scattata a luglio) è parsa un segnale preciso da parte del governo e del capo della polizia Gianni De Gennaro: blindare due dirigenti di primo piano, raggiunti dall'avviso di fine indagini sui fatti della Diaz. Gli interrogatori svelano finalmente quello che s'intuiva: il blitz fu un'operazione mediatica finita nel peggiore dei modi. E molti "non ricordo", molte imbarazzate ammissioni, segnano inesorabilmente i colloqui dei due con i magistrati, di cui riportiamo alcuni passi.

Genova. L'interrogatorio di Giovanni Luperi è uno degli ultimi dell'inchiesta G8. Prima ammissione: il blitz doveva essere concluso in un tripudio di filmati e telecamere: «Le ho viste, queste due bottiglie molotov, stese su uno striscione. Ritengo che fosse un qualche suggerimento

ad uso stampa. Qualcuno aveva intenzione di far riprendere le immagini fotografiche del materiale sequestrato all'interno della Diaz». Poi la scena del sacchetto, che contiene le false bottiglie molotov. Gira di mano in mano, tra molti dirigenti presenti sul posto. «Io mi ricordo:

vengo chiamato al telefono e mi rimane in mano questo sacchetto di bottiglie. Sono rimasto abbastanza inopportunamente con il sacchetto in mano». A chi consegnarle? «Quando ho finito la telefonata mi sono reso conto che ero rimasto solo con questo sacchetto, perché il gruppo che

era lì si era dissolto e allora ho cercato qualcuno». La persona cui vengono consegnate le molotov è la dottoressa Mengoni della Digos di Firenze. Ma Luperi aggiunge ancora: «Stupidamente forse ho voluto verificare questo sacchetto e me lo sono trovato in mano». Incalza il pm Enrico Zucca: «Una scena che è un po' goffa, lei con questo sacchetto in mano». Ammette Luperi: «E' goffa, è decisamente goffa». Ancora: «Voglio fare una premessa: io sono andato lì e non volevo andarci, solo perché c'è andato il prefetto La Barbera». Poi, in un clima di caos, un'altra ammissione imbarazzante: «La Barbera sparisce e io rimango senza macchina. Beh, dico, mi porteranno indietro quelli della Digos, ma Mortola (l'ex capo della Digos genovese, ndr) sparisce e io rimango senza macchina, a quel punto senza nemmeno l'ausilio delle Digos».

Ma nemmeno una volta nella scuola Luperi ha la percezione di quel che è accaduto: «Se ho commesso un errore è di non essermi reso conto di quello che era successo lì dentro, se ho una cosa di cui mi devo rammaricare è proprio questa». Ma Luperi non nega di essersi mosso attivamente, quella notte, davanti alla Diaz: «Mi sono assunto alcune responsabilità che a mio avviso non mi competevano, cercare di dare un minimo di organizzazione nel bailamme in cui nessuno capiva più nulla; poi ho raggiunto il mio referente (La Barbera, ndr) e da quel momento ho smesso di interessarmi a tutta la vicenda». Ma dall'interrogatorio si evince un'altra verità. A G8 finito, a scontri cessati, si cercò comunque di incrementare il numero degli arresti, dopo due giornate fallimentari sotto il profilo dell'ordine pubblico. Furono formati dei pattuglioni per rastrellare le strade della città. Il pm Zucca suggerisce: «Lei parla degli "equipaggi misti", i cosiddetti pattuglioni». Luperi: «Furono costituiti la sera del 21». Da chi? Luperi: «Gratteri mi disse che si era messo d'accordo con la Barbera». Zucca: «La Barbera quale ruolo avrebbe avuto in questo?». Luperi: «Non lo so, così mi disse Gratteri ». E anche Gratteri viene interrogato dai magistrati del pool G8. Il momento più teso del colloquio è sempre riferito alla scena delle false molotov. I dirigenti della polizia sembrano far capannello intorno a quel sacchetto, che contiene le false prove che giustificarono gli arresti. L'attuale numero uno dell'antiterrorismo osserva il filmato che riprende la scena: «Non ho assolutamente ricordo». Il pm: «E' il momento più significativo del rinvenimento di queste bottiglie». Gratteri: «Guardi, io questo non lo ricordo ». Ancora, incalzato. «Io questa scena non la ricordo, guardi». Poi Gratteri sbotta: «Probabilmente sono passate in mano a tutti, voglio dire che possono essere passate pure in mano a me, dico io». L'interrogatorio prosegue. Si parla della coltellata (i pm sospettano falsa) che ha raggiunto l'agente Massimo Nucera all'interno della scuola. Gratteri manifesta i suoi sospetti: «Io penso che l'episodio dell'accoltellamento simulato sia stato determinato dal fatto che qualcuno ha esagerato... Che l'episodio dell'accoltellamento potesse in

qualche maniera parare, giustificare, coprire l'eccesso di violenza usato». Di fronte ai sospetti di essere in qualche modo coinvolto nei falsi, Gratteri s'infuria ancora: «La persona che ha sfondato il quadro di Bagarella contro la p arete l'ho m andata a casa, dopo che non dormiva da tre giorni e da tre notti, perciò io non le faccio queste cose e non le fanno quelli che stanno con me». E ancora sull'episodio delle molotov: «Se delle persone volutamente e secondo un progetto hanno sistemato delle bottiglie molotov o degli altri strumenti di reato, o strumenti con cui sono stati commessi reati, sotto i miei occhi questo non è accaduto. Però condivido: certe cose dovevano essere sicuramente fatte meglio. Non riesco a controllare tutto contemporaneamente. Non riesco a controllare quello della squadra mobile, del reparto mobile o dello Sco che piglia le bottiglie e le porta là, questo è il problema ». Ma che quella della Diaz fosse stata concepita come un'operazione a uso della stampa, una sorta di "rivincita" della polizia dopo due giorni di violenze, sembra confermarlo anche un'altra dichiarazione di Gratteri: «La cosa che mi stupì fu, a distanza di brevissimo tempo dal mio arrivo, l'arrivo delle telecamere e dei fotografi. Tant'è che mi arrabbiai con qualcuno, non tanto per la presenza delle telecamere quanto per il fatto che la loro presenza richiamava i ragazzi che stavano sopra... come se stimolasse, la presenza delle telecamere, quei ragazzi a protestare vivacemente. Quindi non per... per l'amor di Dio, censurare la protesta, ma perché si stava creando una situazione di ordine pubblico». Poi i verbali degli arresti. Sono i pm a questo punto a irritarsi, quando Gratteri non sa indicare chi abbia ritrovato le molotov. Quando ammette che nessuno ha cercato, in quel frangente, di capirlo. Il magistrato: «Non è possibile, non è possibile. Consultati tutti i funzionari, praticamente li abbiamo interrogati tutti, nessuno è in grado di dirci chi ha trovato e che cosa». Gratteri: «Posso essere d'accordo sul fatto che questo non sia decoroso».

Marco Menduni

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