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18.07.08

Secolo xix Diaz, chieste 28 condanne

Secolo xix

Diaz, chieste 28 condanne
il processo per il g8 di genova

Il pm: assoluzione solo per uno dei poliziotti imputati per il blitz nella scuola. Complessivamente le pene ammontano a 110 anni

18/07/2008
genova. Condanna di 28 poliziotti e assoluzione per uno, per un totale di 109 anni e 9 mesi di reclusione, con accuse che vanno dalle lesioni al falso, calunnia e arresti illegali. Sono queste le richieste dei pm Francesco Cardona Albini ed Enrico Zucca nei confronti degli agenti e dei dirigenti della polizia imputati nel processo per il blitz nella scuola Diaz, durante il G8 di Genova, nel 2001. Un'azione militare preordinata - dice l'accusa - che provocò un «massacro» tra i no global.
Quattro anni e sei mesi ciascuno sono stati chiesti per Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, oggi rispettivamente ai vertici dell'antiterrorismo e dei servizi segreti . La pena più elevata - 5 anni - è stata richiesta per il poliziotto che avrebbe portato due molotov a scuola per dimostrare la pericolosità degli attivisti.

Diaz, l'accusa chiede 28 condanne
i fatti del g8 di genova
Il pm Zucca: «Generali e truppa minacciarono la democrazia». La sentenza in autunno
Genova. «Hanno fatto bene ad andare alla Diaz e alla Pascoli, a perquisirle, a cercare i black bloc, le loro armi. Se solo avessero rispettato la legge». Il pubblico ministero Enrico Zucca lo ripete: «Il giuramento di noi magistrati è lo stesso dei poliziotti: "Essere fedeli alle leggi della Repubblica"». È il momento finale e al contempo il più alto ed emozionale dei cinque giorni di requisitoria. L'atto d'accusa conclusivo, pronunciato ieri pomeriggio alle 15, con il quale la Procura di Genova chiude sette anni di indagini e processi su un'irruzione sanguinaria e per certi versi inspiegabile, quella all'interno di due scuole elette a quartier generale del Genoa Social Forum, l'organizzazione dei manifestanti no global, nella notte del 21 luglio 2001.
Un atto di accusa contro la «truppa» e al contempo i «generali», che massacrarono persone inermi, arrestarono innocenti e fabbricarono prove e verbali falsi a sostegno del proprio operato. Conl'intento «di riscattare la polizia dal fallimento dell'ordine pubblico». «Quella notte ci fu una sospensione del diritto», fu il commento di un giudice inglese, durante l'interrogatorio in rogatoria di un testimone.
Il momento della legge ora è arrivato. E per la legge, rappresentata dalla pubblica accusa, la notte della Diaz dovrà essere pagata con 109 anni e 9 mesi di reclusione. È la somma delle pene chieste dai pubblici ministeri Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini per 28 poliziotti, tra cui i vertici della polizia, Francesco Gratteri (Direzione anticrimine centrale) e Giovanni Luperi (Servizi Segreti). Per il solo Alfredo Fabbrocini è stata chiesta l'assoluzione. Le richieste variano complessivamente da 3 mesi a 5 anni di reclusione, ma per quasi tutti gli imputati è stata proposta la concessione delle attenuanti generiche: «Per quanti reati abbiano commesso, tutte queste persone hanno ritenuto nella loro logica perversa di fare il proprio dovere».
Per Luperi e Gratteri, accusati di falso ideologico, calunnia e arresto illegale (che ha sostituito il reato di abuso d'ufficio), i pm hanno chiesto 4 anni e 6 mesi ciascuno. «Non sono rimasti dietro la scrivania ad aspettare - ha sottolineato il pm Zucca - ma sono generali scesi in campo con casco e manganello a fianco della truppa. Sebbene il comportamento conseguente non sarebbe dovuto essere quello di svignarsela subito dopo». Il pubblico ministero ha anche aggiunto: «Comportamenti come questi minacciano di più la democrazia che il lancio delle molotov».
La pena più alta (5 anni) è stata chiesta per il vice questore romano Pietro Troiani, imputato di calunnia, falso e porto di armi da guerra. Il funzionario è accusato di aver portato le due molotov nella scuola insieme all'autista Michele Burgio, per il quale i pm hanno chiesto 4 anni di reclusione. Le bottiglie incendiarie, secondo l'accusa, sono state utilizzate dalla polizia come false prove nei confronti dei 93 no global presenti nella scuola Diaz, picchiati e poi arrestati con l'accusa di associazione per delinquere. Il giudice per le indagini preliminari li aveva poi prosciolti. Per i falsi verbali sottoscritti sono accusati di falso e calunnia, oltre a Luperi e Gratteri, anche Gilberto Caldarozzi, all' epoca vice dello Sco (Servizio centrale operativo), Filippo Ferri, dirigente della squadra mobile della Spezia, Massimiliano Di Bernardini, romano, vice questore aggiunto, Fabio Ciccimarra, napoletano, vice questore aggiunto, Nando Dominici, capo della squadra mobile di Genova, Spartaco Mortola, dirigente all'epoca della Digos di Genova e Carlo Di Sarro vice questore aggiunto in servizio alla Digos di Genova. L'accusa ha chiesto per loro, accusati anche di arresto illegale, 4 anni e sei mesi.
Nei confronti dei presunti «picchiatori», una richiesta di condanna di 4 anni e 6 mesi, è stata avanzata per Vincenzo Canterini, all'epoca comandante del I Reparto Mobile di Roma, per il suo vice Michelangelo Fournier (3 anni e 6 mesi) e per otto capisquadra. Fournier fu il primo che descrisse ai pm come una «macelleria messicana» i pestaggi fatti dai poliziotti dentro la scuola. Il poliziotto urlò anche, come riferito da alcune parti lese, «Basta, basta» mentre si toglieva con rabbia il casco. Per il finto accoltellamento - altro episodio contestato dai pm alla polizia - dell'agente scelto Massimo Nucera, avallato in un verbale dal suo superiore Maurizio Panzieri, i pm hanno chiesto 4 anni di reclusione a testa. Per Luigi Fazio, sovrintendente Ps, accusato di percosse, i pm hanno chiesto tre mesi di reclusione. Per l'irruzione arbitraria nella scuola Pascoli, sede del media center del Genoa Social Forum, 4 anni di reclusione per il commissario capo Salvatore Gava. La stessa pena è stata chiesta per l'ispettore Massimo Mazzoni (Sco), il sovrintendente Renzo Cerchi e l'ispettore superiore Davide Di Novi, accusati di falso, calunnia e arresto illegale.
«Una requisitoria esaltata», è stato il commento a caldo di Silvio Romanelli, uno degli avvocati difensori, che dal 17 settembre avranno spazio per le loro arringhe: «La resposabilità penale è personale e qui non è stato dimostrato chi ha commesso i singoli reati».
In aula ieri erano presenti alcuni dei ragazzi che subirono le violenze e l'arresto. Tra questi Lena Zuhlke, 27 anni, la studentessa tedesca dai capelli rasta diventata simbolo del pestaggio: «Di quella notte non voglio più parlare. E nemmeno voglio giudicare le pene chieste dai pm. Mi basta che qualcuno condanni la polizia per quello che ci ha fatto». Presente al processo anche Mark Covell, il giornalista free lance inglese picchiato dai poliziotti fino a ridurlo in coma: «Non sono contento anche se capisco che i pm hanno fatto un ottimo lavoro in una situazione politica avversa». Per Vittorio Agnoletto, eurodeputato, portavoce del Genoa Social Forum ai tempi del G8, «le richieste dei pm sembrano proporzionate all'estrema gravità dei fatti». La sentenza è prevista per l'autunno.
Mentre nell'aula bunker andava in scena il processo Diaz, al quinto piano veniva celebrata la prima udienza di un processo minore, quello a carico di un francese, Alban Laval, di 28 anni, accusato di aver lanciato una molotov il 20 luglio 2001, il giorno della carica della polizia da cui gli scontri di piazza cominciarono. L'accusa è sostenuta dal pm Vittorio Ranieri Miniati. Lo stesso pm del processo sulle violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto, delle quali lo stesso francese fuvittima.
Graziano Cetara
cetara@ilsecoloxix.it

«La poliziausò metodifascisti»
il guardian

nLondra. Per il quotidiano "The Guardian" la vera storia che nessuno vuole raccontare sul G8 di Genova è«il comportamento fascista della polizia italiana». Il quotidiano progressista britannico giunge a questa conclusione in un lungo reportage sui fatti accaduti quel luglio del 2001 per le strade del capoluogo ligure.
Mark Covell, il giornalista inglese picchiato a sangue dai poliziotti italiani prima del raid alla Diaz, racconta: «Alcuni poliziotti avevano impostato canzoni tradizionali fasciste in suoneria sui cellulari». E aggiunge «Più volte, ci hanno ordinato di gridare Viva il duce».
Il quotidiano inglese, da parte sua, accusa: «Nessun politico italiano è stato portato in tribunale benché vi sia il forte sospetto che la polizia abbia agito come ha agito perché qualcuno gli ha promesso l'impunità». Il "The Guardian" oltre a ricostruire gli episodi della Diaz e di Bolzaneto, raccoglie le testimonianze di chi era presente quei giorni a Genova e di chi ha "combattuto" perché i responsabili di quella «macelleria messicana» fossero infine condannati.
«Si tratta di fascismo! - afferma l'articolo - Corre voce che la polizia, i carabinieri e il personale della prigione appartengano a gruppi fascisti, ma non c'è ne nessuna prova». E ancora: «Se non fosse stato per il coraggio del pm Emilio Zucca, della fermezza del tribunale, e dell'aiuto fornito da Mark Covell la polizia sarebbe forse riuscita a farla franca».
Solo ieri Covell, commentando la sentenza del processo Bolzaneto aveva detto: «Ho perso gli anni migliori della mia vita quel 21 luglio: i risarcimenti in denaro vanno bene ma non ci si può riprendere dopo una cosa del genere. Io morirò 10 anni più giovane del dovuto a causa dei traumi subiti e ognuno di noi soffre di crisi direttamente connesse allo stress subito».
Il Guardian ha poi fatto notare come «nessuno dei 15 poliziotti condannati sconterà mai la pena inflitta grazie a indulto e prescrizione» e che «nessuno ha mai chiesto a Gianfranco Fini - l'allora vice primo ministro, che secondo alcuni giornali era in quei giorni al quartier generale della polizia - di spiegare quali ordini abbia dato, ammesso che ne abbia dati».

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