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24.09.04

secolo xix: Diaz Violenza e bugie

Il pm: «Alla Diaz violenze e bugie»
G8, per l'accusa il blitz è una sorta di vendetta «vissuta e presentata come il riscatto finale». Gli avvocati: «Bel romanzo, peccato non sia vero»
Motivate le richieste di rinvio a giudizio per i 29 poliziotti

Genova. I poliziotti hanno mentito. La polizia ha mentito. «Ma non chiediamo il rinvio a giudizio per veder applicata una sorta di contrappasso, ma si è cercato al contrario di distinguere e analizzare le responsabilità, in un modo che non è stato certamente usato nei confronti delle vittime dell'operazione Diaz». Con queste parole, ieri mattina, il pm Enrico Zucca ha scoperto le carte dell'accusa. Con una memoria di 260 pagine ha chiesto il rinvio a giudizio dei ventinove funzionari, dirigenti, agenti di polizia per l'irruzione nella scuola di via Battisti, il blitz delle polemiche che concluse due giorni di scontri al G8 del luglio 2001. «Un primato di arresti non convalidati», di manette scattate ai polsi di persone innocenti: prima picchiate, poi private della libertà personale. E poi i feriti: 86, troppi, per un blitz che doveva essere una semplice perquisizione. Queste le accuse di Zucca. Che contesta anche il comportamento degli indagati, anche quelli "eccellenti", nel procedimento: «Le dichiarazioni dei poliziotti sono di una assoluta genericità in quanto nessuno dice o scrive chi ha fatto cosa». Il ministero dell'Interno, chiamato in causa dai difensori quale responsabile civile per la responsabilità dei poliziotti, si è costituito nel processo con i propri legali dell'avvocatura dello Stato. Con un orientamento che trapela: se fossero appurate colpe e responsabilità per comportamenti che "esulano" da ogni regola di comportamento e dagli ordini di servizio, ci potrebbe essere una "rivalsa" verso i responsabili.


24/09/2004
Genova Sono 260 fogli fitti, zeppi di note a pie' di pagina. Un atto d'accusa a tutto tondo nei confronti della polizia, per l'irruzione nella scuola Diaz. Un severo lavoro giudiziario: eppure non privo di annotazioni politiche, quello della Procura. Parole dure, durissime, pesanti come macigni. Una ricostruzione che ha però scatenato la reazione dei difensori: «Un bel romanzo, che non corrisponde però a quel che è davvero accaduto». Ecco alcuni passi.
Il blitz. «Quella avvenuta alla Diaz appare una scelta operativa non del tutto casuale, bensì sviluppo ed espressione di una direttiva che ha considerato matura e opportuna, quella notte, una iniziativa dal rischio tattico-militare e politico-sociale enorme. Per certi aspetti l'intervento è vissuto e presentato come una sorta di riscatto finale».
La violenza. «E' certa e verificabile la violenza esercitata dai poliziotti senz'altra ragione se non quella di raggiungere lo scopo prefisso: obiettivo che è, sinteticamente, quello di "farla finita"». «Tutti i reparti che hanno fatto irruzione nell'edificio sono stati coinvolti nelle violenze perpetrate e i rispettivi operatori o sono autori delle stesse, o concorrenti o testimoni».
La preparazione. «Le forze dell'ordine non sono ancora entrate nell'edificio e già si registrano atti di sconcertante violenza, del tutto sproporzionati alla situazione concreta e arresti illegittimi». La giustificazione. «Per giustificare l'amaro frutto dell'operazione, si arriva addirittura a prospettare il costo umano quale sviluppo prevedibile di una perquisizione in un ambiente particolare, e non quale sintomo di una palese degenerazione».
Le ferite. «Pochi commenti merita l'imbarazzante negazione dell'evidenza espressa nel comunicato ufficiale letto alla stampa in questura, dove si definiscono le ferite degli arrestati come "pregresse", non collegate all'intervento».
Gli arresti. «Erano state private della libertà persone in relazione alle quali era ragionevole pensare che si fossero trovate nella scuola del tutto lecitamente».
Le testimonianze. I feriti «hanno dovuto trasmettere la sensazione di aver vissuto un incubo, sotto la furia di colpi inferti senza ragione, con determinazione, odio e disprezzo». «Il tipo di ferite riscontrate è compatibile unicamente con il racconto delle persone offese, che può solo aggiungere particolari agghiaccianti ed avvilenti sull'inutile e indegno infierire delle forze "dell'ordine"». «In breve il corridoio è ridotto a un lazzaretto, come le numerose pozze di sangue rimaste e riprese a terra rendono evidente».
Le menzogne. «Era già emersa in maniera del tutto esplicita che alla base dell'eccezionale debacle sul piano giudiziario di un'operazione avvenuta sotto la luce dei riflettori vi fosse un'inquietante eppure semplice risposta: "i poliziotti dovevano aver mentito"».
La reazione. «Quel che è successo alla Diaz, nel generale contesto delle drammatiche giornate del G8, è stata un'occasione pretestuosa per imbastire ciò che a un certo punto è divenuto un obiettivo praticabile, soprattutto dal punto di vista dell'opportunità"politica": una perquisizione in massa proprio nei centri di organizzazione della constatazione al vertice G8». «L'operazione Diaz è il tentativo estremo di pareggiare la partita con la grave serie di reati commessi durante le giornate del G8 dalle frange estremiste all'interno delle manifestazioni».
La svolta: «L'arrivo del prefetto Arnaldo La Barbera a Genova è il segnale che conferma la presenza di un obiettivo, da raggiungere con iniziative di rilievo, anche eclatanti, che possano ristorare l'immagine della presenza efficace della Polizia».
Gli imbarazzi. «Le indagini hanno confermato l'effettività della catena di comando instaurata in via di fatto, anche se è stata a più riprese negata dagli interessati. Nessun funzionario ha ammesso di aver avuto un ruolo di sostanziale comando».
Il vertice. «Le figure apicali dei comparti che operavano sul campo si trovavano ad agire congiuntamente, come una specie di direttorio: un gruppo di funzionari che non a caso è impegnato in evidenti discussioni nella fase cruciale delle operazioni». «I funzionari Gratteri e Luperi insistono invece nell'individuare e "scaricare" la responsabilità piena dell'operazione agli ufficiali di polizia giudiziaria più elevanti in grado, cioè il dottor Spartaco Mortola (digos) e il dottor Nando Dominici (squadra mobile)».
La conclusione. «Le modalità di svolgimento della perquisizione, la precedente fase di sanguinosi eccessi di sfogo della violenza, rende evidente che gli operatori non possano neppure invocare una situazione di dubbio, dovuta a un ragionevole errore di valutazione sulla totale estraneità degli arrestati agli addebiti».

Marco Menduni
24/09/2004

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