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15.12.07

secolo xix G8: un secolo di carcere

Secolo xix

G8: un secolo di carcere
prima sentenza per i fatti di genova 2001
Condannati 24 manifestanti. Le pene sono dimezzate rispetto alle richieste
Genova. Cento e otto anni di carcere per 24 dei 25 manifestanti processati
per le violenze al G8 di Genova nel 2001. Le condanne emesse ieri sono più
che dimezzate rispetto ai 225 anni complessivi chiesti dai pubblici
ministeri. Un'imputata è assolta con formula piena, per tutti gli altri i
giudici hanno rigorosamente valutato i singoli fatti: la dura accusa di
"devastazione e saccheggio"è stata accolta solo per 10 imputati mentre
negli altri casi le pene sono state sensibilmente ridotte. In generale,
hanno subito pesanti condanne (il massimo è 11 anni) coloro che hanno
partecipato agli scontri in piazza Paolo da Novi nel primo giorno del G8,
mentre c'è stata mano lieve per chi ha reagito alle cariche dei
carabinieri (giudicate arbitrarie e illegali) in via Tolemaide nel
pomeriggio del 20 luglio, poco prima dell'omicidio di Carlo Giuliani.
Soddisfatti gli avvocati difensori. «È andata bene», ha detto Massimiliano
Monai, l'uomo della trave di piazza Alimonda che se l'è cavata con 5 anni
rispetto ai 9 richiesti. Tutte le pene sono ridotte di 3 anni per effetto
dell'indulto. Due carabinieri e due poliziotti sono stati incriminati per
falsa testimonianza.

Cent'anni di galera per i saccheggi
Pene dimezzate rispetto alle richieste, una sola assoluzione
Genova. Da una parte i black bloc, ritenuti responsabili di devastazione e
saccheggio. Dall'altra le tute bianche condannate solo per danneggiamento
e resistenza. I "cattivi" e i "buoni". Ha fatto un preciso distinguo la
seconda sezione penale del Tribunale di Genova, presieduta da Marco
Devoto, nella sua sentenza nei confronti di 25 no global accusati degli
scontri di strada verificatisi durante il G8. Era il luglio del 2001, sono
serviti più di sei anni per arrivare alla conclusione del processo e poco
più di sei ore di camera di consiglio per scrivere la sentenza. Una
sentenza che se da una parte accoglie l'impianto accusatorio costruito dai
sostituti procuratori Anna Canepa e Andrea Canciani che vedono gli scontri
tra manifestanti e polizia scoppiati la mattina del 20 luglio come frutto
di un preciso piano volto a minare l'ordine pubblico, dall'altra dipinge
gli incidenti del pomeriggio nella zona di via Tolemaide (dove poi morì
Carlo Giuliani) come una semplice manifestazione di piazza. Condanne più
che dimezzate dunque rispetto alle richieste dei due pm: 225 anni contro
108 e tre mesi, 24 imputati condannati, una sola assolta per non aver
commesso il fatto, Nadia Sanna: per lei erano stati chiesti sei anni. E
atti trasmessi al pm per la possibile falsa testimonianza di quattro
funzionari di polizia, due carabinieri e due poliziotti (Antonio Bruno,
Mario Mondelli, Paolo Faedda e Angelo Gaggiano) che avrebbbero arricchito
di particolari non veri i loro racconti davanti ai giudici per sostenere
la drammaticità degli eventi.
devastazioni. Il Tribunale ha dunque accolto le contestazioni di
devastazione e saccheggio per dieci imputati: Carlo Arculeo (7 anni e sei
mesi), Carlo Cuccomarino (7 anni e 10 mesi), Marina Cugnaschi (11 anni),
Luca Finotti (10 anni), Alberto Funaro (9 anni), Ines Morasca (6
anni),Francesco Puglisi (10 anni e sei mesi), Dario Ursino (6 anni e sei
mesi), Antonino Valguarnera (sette anni e otto mesi), Vincenzo Vecchi (10
anni e sei mesi), mentre ha derubricato al solo danneggiamento e furto
aggravato e alla resistenza a pubblico ufficiale (per questo reato è stato
assolto il solo Domenico Ceci) le accuse nei confronti degli altri 14.
«Sembra di capire - ha spiegato il pm Andrea Canciani - che il Tribunale
abbia voluto fare una netta differenza tra i fatti del mattino del 20
luglio, il corteo delle tute nere, dove vi fu una reale lesione della
sicurezza, e i fatti del pomeriggio che non hanno aggravato la crisi
dell'ordine pubblico, ma sono rimasti episodi a se stanti». La
devastazione e il saccheggio - come hanno spiegato i pm - sono reati che
venivano contestati in tempo di guerra e che in epoca più recente sono
stati attribuiti ai responsabili degli scontri negli stadi. Cugnaschi e
Vecchi, i due che hanno avuto le pene più alte, erano già stati condannati
per questi reati in relazione agli scontri di Milano del 2006 in corso
Buenos Aires.
risarcimenti. Come chiesto dalla presidenza del Consiglio e dal ministero
degli Interni, costituiti parte civile, tutti gli imputati sono stati
condannati al risarcimento dei danni di immagine provocati dagli scontri.
Sono stati anche decisi risarcimenti in solido alle parti lese che saranno
però quantificati in sede civile. Il Tribunale si è concesso novanta
giorni per il deposito della sentenza e i pm hanno anticipato che in base
al contenuto decideranno sul ricorso in appello. Di appello parla già
invece il difensore di Massimiliano Monai (per lui una condanna a cinque
anni), diventato famoso come l'uomo della trave per essere stato
fotografato, appunto, mentre con una lunga asse di legno assaltava un
defender dei carabinieri in piazza Alimonda. «La sentenza - ha dichiarato
Alessandro Famularo - ha già dimostrato che ci troviamo di fronte a
soggetti con storie diverse. Per Monai i reati sono già stati derubricati
in danneggiamento, lesioni e resistenza; il che dimostra che si è trattata
di una contrapposizione tra il mio assistito e le forze dell'ordine e non
di una volontà di sfasciare tutto».
«Sono felice, è andata bene, la mia condanna è al di sotto della soglia di
carcerazione. Non vedo l'ora di andare a casa dal mio bambino e dai miei
genitori», ha detto lo stesso Monai all'uscita dal Tribunale. Soddisfatto,
e come potrebbe essere altrimenti, anche Fabio Sommovigo, legale di Mauro
Degl'Innocenti: per lui l'accusa aveva chiesto una condanna a 8 anni e sei
mesi, se l'è cavata con sei mesi, una tra le pene più basse inflitte
ieri.«L'hanno condannato solo per il lancio di una pietra - ha spiegato il
difensore - e questo deve portare a una completa rilettura della carica
dei carabinieri in via Tolemaide, la stessa che poi ha portato ai fatti
che hanno provocato la morte di Carlo Giuliani. I giudici - ha aggiunto -
hanno ritenuto legittima la reazione e le resistenze del pomeriggio su via
Tolemaide tant'è che hanno trasmesso gli atti alla procura per falsa
testimonianza di quattro funzionari di polizia».
«È stata disattesa la tesi della procura di una devastazione generalizzata
- ha concluso l'avvocato Emanuele Tambuscio, difensore di Antonio Fiandra
(un anno e due mesi) - tanto che le tute bianche sono state aassolte dal
reato di devastazione».

La tante verità di quei terribili giorni di luglio
SEI ANNI di inchieste e Polemiche
La sentenza di ieri
è il primo atto. Ora tocca
alle forze dell'ordine.
I politici, sull'argomento,
non fanno altro che litigare
15/12/2007
Marco menduni
genova. La morte di Carlo Giuliani torna, in questa giornata decisiva
nell'interpretazione dei fatti del G8, non solo nella ritualità un po'
sterile e prevedibile degli slogan. Con Francesco Storace (La Destra) che
invoca «togliete la lapide a lui intitolata dal Senato» e Luana Zanella
(Verdi) che gli risponde a stretto giro di posta: «Hai esagerato, scusati
con la famiglia Giuliani». Questa è un'altra storia ed è una storia tutta
politica, una storia che dura da sei anni opponendo la solita visione
manichea delle fazioni italiane. Visione delle cose del mondo, figuriamoci
di due giorni di G8 nel luglio 2001. Da una parte la colpa è solo della
brutalità delle forze dell'ordine, dall'altra solo della violenza di una
parte non residuale di contestatori che ha messo a ferro e fuoco la città.
Dire che sono accadute entrambe le cose contemporaneamente, che la città
ha negli occhi sia le teste spaccate della scuola Diaz, sia le barricate,
le vetrine sfasciate, i cassonetti in fiamme, le auto ribaltate, gli
assalti alle caserme, non è una posizione popolare né procura facili
entusiasmi, ma è quel che è accaduto e che il Secolo XIX in questo
difficile e interminabile dopo G8 ha sempre cercato di raccontare.
E allora facciamo un passo indietro. A quel pomeriggio del 20 luglio 2001,
quando Carlo Giuliani viene colpito a morte in piazza Alimonda mentre sta
per lanciare un estintore contro una camionetta dei carabinieri. C'è anche
quel momento, nella sentenza di ieri. C'è, con più chiarezza, a pagina 10
del dispositivo della sentenza, in cui si dice che Massimiliano Monai e
Luca Finotti (al di là delle condanne detentive) dovranno risarcire i
danni a Filippo Cavataio. Cavataio era il carabiniere che guidava il
Defender dell'Arma preso di mira dall'uomo con la trave (Monai) e dai suoi
amici. Per Monai c'è anche il reato di lesioni gravi.
Così la storia si chiude, almeno per questo episodio, e la verità
giudiziaria si salda perfettamente con la decisione di non processare (per
legittima difesa e uso legittimo delle armi) Mario Placanica, il
carabiniere che sparò in piazza Alimonda. Questo è quello che la
magistratura genovese ha fino a oggi sentenziato. E, piaccia o no, è la
stessa magistratura che ha avuto il coraggio di mettere sotto processo i
più alti gradi della polizia italiana per altre vicende di soprusi e
sciagurati comportamenti, come Diaz e Bolzaneto.
Di più. Differenziando in maniera quasi chirurgica le differenti
situazioni, il tribunale di Marco Devoto ha preso una seconda decisione
coraggiosa. Separare gli scontri di strada avvenuti in via Tolemaide, dopo
la carica delle forze dell'ordine (siamo al pomeriggio del 20 luglio)
dagli altri vandalismi. Riconoscendo una peculiarità a quegli scontri e
rimandando gli atti al pm perché indaghino sulla falsa testimonianza di
quattro esponenti delle forze dell'ordine. Tradotto: non è ancora chiaro
perché siano partite le cariche, chi le abbia ordinate e perché. Altra
cosa sono le scorribande che hanno seminato distruzione e terrore per la
città.
Un piano preordinato e organizzato di devastazioni. Iniziato alle dieci
della mattina all'incrocio tra corso Torino e corso Buenos Aires. A
quell'ora un gruppo di black bloc (ma le indagini riveleranno che tra di
loro ci sono anche Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi, tra coloro che
hanno subito le condanne più gravose) devastano le impalcature che
fasciano un distributore di benzina in ristrutturazione e utilizzano i
tubi innocenti per sfasciare tutto. Inizia in quel momento tutta una serie
di violenze che si protrarranno per ore.
Ora c'è una sentenza che fissa, giungendo prima di altre, una delle verità
(giudiziarie) del G8. Le altre arriveranno con l'anno venturo e
definiranno le colpe (giudiziarie) delle forze dell'ordine. Alla politica
rimangono le contrapposizioni e l'incapacità di dare risposte. Con una
commissione d'inchiesta parlamentare che rimane una questione di bandiera,
ma che ha davanti a sé due strade (se mai verrà): un soliloquio, se
l'opposizione di centrodestra la diserterà, o una gazzarra. Continua a
chiederla Haidi Giuliani, senatrice di Rifondazione e madre di Carlo, ed è
comprensibile: «Sono sconvolta dalla sentenza perché i ragazzi sono stati
giudicati come delinquenti abituali». La richiesta di una commissione
viene da tutta la Cosa Rossa e Rifondazione attacca, mentre l'Udc chiede
se ne istituisca una «sui no global».
Forza Italia, che approva la «esemplare sentenza», ritiene invece che a
questo punto un organismo di indagine sia inutile. Per il vice
coordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto, «è stata resa giustizia a una
città messa a ferro e a fuoco». Di tutt'altra opinione il presidente dei
senatori di Rifondazione, Giovanni Russo Spena, secondo il quale si tratta
di una sentenza «incomprensibile e a questo punto è indispensabile
procedere alla costituzione della commissione d'inchiesta», mentre il
deputato no global Francesco Caruso invita tutti a «scendere in piazza per
manifestare contro la sentenza». Gianni Plinio, An, consigliere regionale,
attacca: «Sentenza di un tribunale coraggioso, che fa giustizia delle
stumentalizzazioni dei Don Gallo e dei giottini». E poi?
«Cosa è accaduto a Genova lo dichiarò Amnesty International: la
sospensione della democrazia. Nessuno può oggi riscrivere la Storia». Così
Vittorio Agnoletto, europarlamentare Sinistra Europea ed ex portavoce del
Genoa Social Forum, e Antonio Bruno, consigliere comunale Genova Sinistra
Europea, commentano.

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