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01.08.10

secolo xix I poliziotti del G8 hanno disonorato l'Italia»

I poliziotti del G8 hanno disonorato l'Italia»
a genova le motivazioni della sentenza d'appello sul caso diaz
«L'irruzione nella scuola? Ordine di De Gennaro per riscattare l'immagine del Corpo dopo le manifestazioni»
graziano cetaraGenova. Disonore. Tradimento. Le sentenze sono fatte di parole, migliaia. Qui ne bastano due a tracciare i confini, rappresentare l'anima e il senso di una condanna così drammatica e scomoda. La polizia ha tradito il «giuramento di fedeltà ai doveri assunti nei confronti della comunità civile». L'«ernormità» dei fatti di cui si è resa responsabile ha «gettato discredito sulla nazione agli occhi del mondo intero». Ecco il cuore della condanna per la sanguinaria irruzione alla scuola Diaz, il quartier generale del Genoa social forum durante il G8 del 2001, assaltato dagli agenti al termine di una due giorni di scontri e violenza di piazza.
Le motivazioni del ribaltone con il quale la terza sezione della Corte di appello ha spazzato via le assoluzioni di primo grado, sono state depositate ieri dal presidente Salvatore Sinagra, dal consigliere Francesco Mazza Gallanti e dal relatore Giuseppe Diomeda. Si attendeva di conoscere il perché del coinvolgimento dei vertici della polizia italiana. Il senso è chiaro: erano presenti ed erano i più alti in grado, «spediti a Genova espressamente da Roma per scalzare i funzionari genovesi dell'ordine pubblico». Di più: «L'origine di tutta la vicenda va individuata nella esplicita richiesta da parte del capo della polizia (Gianni De Gennaro, ora capo dei servizi segreti nonostante la condanna a otto mesi per l'istigazione alla falsa testimonianza dell'ex questore di Genova al processo Diaz) di riscattare l'immagine del corpo (dopo l'esito disastroso delle manifestazioni, ndr) e di procedere a tal fine ad arresti».
Avevano l'obbligo di impedire le violenze e non lo fecero. Per questo lo scorso 18 maggio è scattata la condanna per 25 imputati, tra i quali il capo dell'anticrimine Francesco Gratteri (4 anni), l'ex comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini (5 ani), Giovanni Luperi (4 anni), Spartaco Mortola (3 anni e 8 mesi) e Gilberto Caldarozzi (3 anni e 8 mesi). «Appare assurdo sostenere che coloro che avevano responsabilità di comando - scrive la Corte d'appello -, essendo entrati nella scuola a pochi minuti di distanza dall'irruzione, non abbiano visto e non si siano resi conto di nulla, quasi che l'azione si sia svolta attraverso flussi temporali e ambienti scollegati e isolati; appare, francamente, assurdo sostenere che chi ha avuto in mano un sacchetto di plastica contenente due bottiglie molotov non si sia posto il problema della loro provenienza».
Falsi e violenze che non meritano le attenuanti riconosciute in primo grado e motivate dalla stanchezza e dallo stress di quei giorni: «Il sangue quella notte è sgorgato a fiotti per ogni dove lasciando tracce» che nessuno poteva ignorare». Senza contare il comportamento durante il processo «improntato, nella migliore delle ipotesi, alla mera negazione di responsabilità, in quella peggiore a sostenere che le ferite erano pregresse. Nel processo si è assistito soltanto a un deplorevole scambio di accuse tra gli imputati e non una sola voce di rammarico per l'accaduto o un pensiero alle vittime si è levata».
Le lesioni? «Furono la conseguenza del consapevole uso della forza volutamente destinato a garantire il maggior numero possibile di arresti: tale scelta è il frutto di ponderata decisione, maturata anche dopo la manifestazione di perplessità iniziali da parte di alcuni funzionari». L'uso della forza generò una «violenza, generalizzata, continua e indiscriminata, perpetratasi anche con calcolata freddezza». I «tutori dell'ordine - chiude la sentenza si sono trasformati in violenti picchiatori, insensibili a qualunque evidente condizione di inferiorità fisica (per sesso o età delle vittime), agli atteggiamenti passivi e remissivi di chi stava fermo con le mani alzate, di chi stava dormendo e si era appena svegliato per il frastuono. Alla violenza si è aggiunto l'insulto, il dileggio sessuale, la minaccia di morte».
cetara@ilsecoloxix.it

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