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04.07.04

Sull'altare laico di Carlo e la assenza di De Gennaro sulla Diaz

lavoro repubblica

Cara Repubblica, mi meraviglia l'enfasi data ad un gesto assai meno clamoroso: non è stato un blitz dei parroco, coadiuvato da alcuni collaboratori; abbiamo semplicemente tolto dalle cancellate della chiesa sciarpe, berretti, , a i , messaggi, appesi alla cancellata da anni, sporchi . ' polvere, smog, sterco dei piccioni. Non abbiamo smantellato "l'altare" (espressione impropria creata dai giornalisti), anche le foto ne fanno fede. Il parroco non ha alcuna avversione verso "l'altare laico" e non è mosso da preconcetti ideologici (mi sento allievo del filosofo Francesco Bacone), tuttavia io penso abbia il diritto-dovere di tutelare ciò che è di proprietà della chiesa di Piazza Alimonda. Ripeto quanto già pubblicato In passato e ritutamente espresso anche al padre di Carlo Giuliani, 1a tare" non può essere appeso aduna cancellata per sempre: a mio giudizio deve essere ricercata una soluzione definitìva e più dignitosa.
Abate Timossi


MA ORA GIÙ LE FORBICI

ALBERTO PUPPO

CARO monsignor Timossi, chi le scrive, lei lo sa bene, è un suo parrocchiano. Le chiedo umilmente di concedersi ancora qualche istante a leggere questa mia, dopo essere stato cosi' cortese da regalarmi poche, distratte parole venerdì pomeriggio quando il suo sguardo ha incrociato le sue cesoie.
GIÀ, in quell'occasione ho parlato più io. Mi scusi, è un mio difetto. A freddo però credo di essere in grado di articolare meglio il mio pensiero. Conosco bene la sua posizione sulla vicenda di Carlo. Lei considera le migliaia di persone convenute a Genova per il G8 come un'unica orda di barbari. Idea legittima ma non brillante. Almeno quanto quella di lasciar scivolare la morte di un ragazzo di vent'anni a dieci metri dalla chiesa come un evento che non riguardasse assolutamente la sua comunità. Nella chiesa di Nostra Signora del Rimedio il nome di Carlo Giuliani è stato pronunciato per la prima volta nella primavera del 2003, quando un prete, con stola multicolore,ha battezzato un bimbo. Lei era al suo fianco. È stata una riparazione, non uno sgarbo.
A vederla, ieri pomeriggio, armeggiare con due sacchi dell'immondizia, ho provato soprattutto tristezza. A sentirle dire che la pulizia le era stata ordinata dall'Asl, addirittura imbarazzo. Avrei preferito una risposta più dura, che so: che di quello strano altare ne aveva le tasche piene. Tutto, ma la questione igienica no, per favore. Stia tranquillo, comunque: un improvviso moto di coraggio non avrebbe cambiato granché. Perché il suo, se lo lasci dire, sarebbe rimasto quello che era: un gesto violento. Ricordini e magliette, fossero anche brandelli, gettati In un sacco della spazzatura, con la muta complicità di una signora, rappresentano un oltraggio, una dimostrazione di prepotenza al tempo stesso gratuita quanto inutile e, vedrà, controproducente alla sua causa.
Da sedicente cattolico ho praticato la teoria dei catechismi e ho il sospetto che, venerdì sera, lei abbia mancato soprattutto di carità. Verso Carlo, verso í suoi genitori, gli amici, verso tutti quelli che, nei momenti più impensati, portano ancora un fiore, un'immagine, un pensiero in piazza Alimonda. Quello sgangherato altare con ringhiera da riparare (me lo ha fatto notare, temo, a dimostrazione delle inclinazioni inurbane dei frequentatori), è ormai proprietà comune, simbolica e inoffensiva, di migliaia di persone.
Vorrei provare a fornirle un paio di buoni motivi per riporre nel fondello la cesoia. Il primo: qui non si tratta, discussione ormai logora, di decidere se Carlo Giuliani sia morto da eroe o abbia ottenuto la giusta punizione che meritava un teppista, ma di permettere il ricordo di un ventenne morto. Buon peso: di un ventenne morto in una manifestazione di piazza. Non è vero, non ci ho mai creduto, che i morti siano tutti uguali, ma identico, e massimo, dev'essere il rispetto nei loro confronti.
Il secondo: si dice che senza senza ricordo non possa esistere giustizia .
In questo caso sembra addirittura che il ricordo sia l'unica forma di giustizia possibile. Quella che passa per le aule di un tribunale non arriverà mai, per merito dì un calcinaccio volante che, con tutte le traiettorie possibili, sceglie proprio di incrociare la pallottola sparata dalla jeep. C'è chi pensa che quella sarebbe stata l'occasione per sviscerare altri misteri e qualche coincidenza non proprio limpida di quel 20 luglio. Così è andata. I genitori e gli amici hanno perso una vita e la speranza di un processo. Darsi da fare per cancellare anche il ricordo sembra davvero troppo. Un ricordo di cui, ' caro monsignore, ha bisogno anche questa città. Non solo una parte. Il dolore e la vergogna subita da Genova nei giorni del G8 non può essere cancellato da nessuna cesoia.
Ci ripensi caro parroco, anzi, abate, e tra due settimane provi a incontrare i ragazzi che si troveranno, ancora una volta, in piazza Alimonda.
Metta in conto, lei, uomo di mondo, qualche impropero. Li capisca, sono giovani e l'hanno presa male. Poi spieghi come -immagina la sua piazza ideale. E, per favore, metta via le forbici.
ALBERTO PUPPO

Piazza Alimonda, sfida aperta "Porteremo altre bandiere"
Agnoletto "Nel 2001 bussammo alla chiesa, chiusero le porte"

Uu gesto che reputo sbagliato" dice Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum, il movimento no global del G8 e appena eletto eurodeputato, commentando il fatto che don Timossi, il parroco della chiesa di piazza Alimonda Alimonda, l'altro pomeriggio ha cominciato a "smontare" pezzo a pezzo l'altare laico dedicato a Carlo Giuliani. La notizia è sulle pagine genovesi di "Repubblica" proprie ieri, giorno in cui a palazzo di giustizia è programmata la seconda giornata di udienza preliminare a carico di 29 poliziotti, accusati avario titolo di falso, calunnia, falso ideologico e lesioni gravi in concorso, avvenuti dopo l'irruzione nella scuola Diaz, nelle giornate del G8. Ed è giorno che Agnoletto ha scelto per riunire a palazzo Ducale amici e sostenitori e 'ringraziarli per l'aiuto in campagna elettorale, spiegando una volta di più che il suo lavoro di parlamentare europeo adesso sarà l'espressione del movimento nato a Genova in quell'estate di tre anni fa. I riflettori inevitabilmente guardano però a piazza Alimonda. Dal mondo dei pacifisti il messaggio che sale è chiarissimo: "accogliamo il gesto di don Timossi come uno stimolo a migliorare quelle che c'è: in effetti le bandiere erano vecchie, le sostituiremo e coni fiori, gli oggetti: ne metteremo anca, ne metteremo di nuovi", dice " Bruno. E' ancora lui a rilanciare il tema per porlo nel calendario dei lavori del consiglio comunale: "perché se il Comune, la cui maggioranza è peraltro appoggiata da esponenti del Genova social forum, avesse consentito la costruzione dei cippo, non avremmo i problemi della cancellata della chiesa".
Problemi che tuttavia esistono e non sono neppure nuovi. dice Heidi Giuliani, la mamma di Carlo: "Non è la prima volta che la cancellata viene spogliata; è già stata bruciata e c'è anche chi fa pipi sui fiori", ma contínua a rimanere come un simbolo, dice la mamma del ragazzo ucciso in strada in quel giorno di luglio di 3 anni fa: "un simbolo che va al di là dell'assassinio di un ragazzo, ma è contro la repressione".
Di questo altare laico, nato spontaneamente la sera stessa della morte di Carlo, mamma Heidi dice : "né come famiglia, né come comitato abbiamo mai pensato che quella cancellata ci appartenesse. Forse don Timossi si è trovato davanti ad una cosa più grossa di lui, nata dalla volontà popolare" . E se la scusa sono problemi igienici, dice Agnoletto: "ai miei colleghi me dell'igiene vorrei dire che Genova non è una città sporca, ma c'è ben altro da fare".
Agnoletto poi si rivolge direttamente a don Timossi: "vorrei dirgli di rinunciare; nessuno priori ha deciso di costruire quello che ormai tutti definiscono l'altare laico in ricordo di Carlo, non lo ha deciso nessuno ma è il frutto di persone che hanno voluto ricordare gli anni, sapendo che Carlo appartiene alla nostra e alla storia di questa città".
Lui, don Timossi, risponde a distanza nella lettera che pubblichiamo oggi nella prima pagina dell'edizione ligure del nostro giornale. Simone Leoncini di Rifondazione Comunista, dice: "quanto è accaduto dimostra che quell'esperienza è ancora scomoda. A nome del mio partito mi impegno a trovare una soluzione. Rimettiamo a tema il discorso del cippo, ma quella vicenda lì non è solo una vicenda politica è, stata un'esperienza colletìva, umana che lega affettivamente e di:cui si può condividere nulla ma che è da rispettare",
Nella saletta del Ducale dove l'onorevole, anzi, l'eurodeputato Agnoletto ha raccolto i suoi sostenitori chîede la parola una ragazza bionda, capelli cortissimi. La sua è una comunicazione quasi telegrafica; e non vuole aggiungere altro. Dice: "Non mi stupisce l'atteggiamento dei parroco di piazza Alimonda, perché io ero là quei giorni ero là abbiamo battuto contro le sue porte perché aprisse e ci desse ospitalità e invece non le ha aperte".
Intanto manca ormai poco al terzo anniversario delle giornate, Agnoletto ha spiegato anche ieri di voler portare in Europa, a cominciare dal giorno in cui si insedierà come parlamentare.
"A volte - dice Agnoletto - la storia si fa anche con le date: il terzo anniversario delle giornate di Genova coincide con l'apertura del Parlamento europeo il prossimo 20 luglio: penso che sarebbe giusto quel giorno costruire un ponte tra Genova e Strasburgo". Quale ponte e come, dice il neo parlamentare europeo, lo studierà insieme alle persone delle associazioni, dei partiti e dei movimenti che: "si sono impegnati nelle giornate di Genova, ispirati da valori che ora chiederò di portare avanti anche ad altri colleghi, pur restando ciascuno nei propri gruppi".
La mamma di Carlo, ieri ha anticipato la nascita di un portale internet, che funzionerà a partire dal prossimo 20 luglio: "si chiama "www.retiinvisibili.net": questa rete unisce le vittime che per caso si sono trovate in una banca, in una piazza, in una stazione con le vittime uccise dalle forze dell'ordine, da fascisti, per i quali le forze dell'ordine hanno contribuito a scrivere menzogne. Il filo rosso che ci unisce è la verità, non voglio neanche più parlare di giustizia. In quella rete ci saranno tutti, dal 1948 ad oggi".

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dal mercantile

Agnoeltto: tra gli imputati doveva esserci De Gennaro

Ha scelto, non a caso, Genova Per il primo ringraziamento e festeggiamento pubblico per la sua' eiezione a parlamentare europeo e, non a ca so, nel giorno fissato, proprio a Genova, per l'udienza preliminare a carico di 29 poliziotti sotto accusa per l'irruzione alla scuola Diaz nella notte fra il 20 .e il 21 luglio 2001. Inevitabile, quindi, che Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa social forum e neo-parlamentare europeo eletto, come indipendente, nella lista di Rifondazione comunista nella circoscrizione nord ovest, ieri all'Informagiovani di Palazzo Ducale, dopo aver ringraziato chi ha sostenuto la: sua candidatura, intervenga sul processo per i fatti della Diaz e sul secondo rinvio dell'udienza deciso ieri. "Io trovo grave -'commenta - che il vicepresidente della Camera (Alfredo Biondi ndr) abbia fatto di tutto per rinviare questo processo. E' grave perché chi ha fatto questo ha un ruolo istituzionale e dovrebbe lavorare per accertare la verità. questo processo - sottolinea fa parte; Questa città ed e giusto che si svolga qui, Noi dobbiamo dare atto aì magistrati non tanto di aver dimostrato coraggio ma di aver fatto il loro mestiere, nonostante le pressioni che é facile immaginare abbiano ricevuto". Detto questo Agnoletto denuncia, però, il "grande assente in questo processo, l'imputato. numero uno, De Gennaro, il capo della polizia, che, invece, non siede al banco degli imputati. Alla Diaz - spiega - ci sono state responsabilità individuali ma anche responsabilità apicali di chi ha dato quegli ordini, e l'indice va puntato verso il vertice della polizia. La mia interpretazione é che l'assalto notturno alla Diaz e le cariche del 21 luglio contro i manifestanti furono usate come "merce di oscambio" per dimostrare la fedeltà del capo della polizia al nuovo Governo. Si sarebbe dovuto salire più in alto nella scala delle responsabilità, e - non bisogna dimenticare che il vicepremier, Fini il 20 luglio era nella sala; operativa dei carabinieri". Ma il legarne con Genova non è legato soltanto al passato, lontano e recente. "Ho deciso di fare e questo ringraziamento . prima a Genova che nella mia città Milano - spiega . Agnoletto,perché i simboli, contano:' il movimento ha preso la sua forma a Genova e qui io torno a restituire un pezzo di questo percorso il mio rapporto con questa città, sarà particolarmente intenso e siccome il terzo anniversario delle giornate di Genova coinciderà con la seduta inaugurale del Parlamento europeo, il 20 luglio penso che sarebbe significativo costruire, in quel giorno, un "ponte" fra Genova e Strasburgo, ricordando quanto e accaduto qui, anche perché grazie all'Europa; abbiamo svelato la repressione compiuto ai Genovesi , furono le cancellerie e le televisioni di mezzo continente a raccontare la verità su quella settimana di brutale repressione". Intanto Agnoletto eurodeputato da 58 mila preferenze "frutto dice - di un combinato disposto: una candidatura nata da Rifondazione comunista ma condivisa anche da molti altri", spiega che "sono e rimango indipendente ma mi considero interno al percorso di costruzione di una sinistra europea anti-liberista che sappia stare insieme sulle cose da fare". E le cose da fare, per il neo-parlamentare europeo, saranno innanzitutto i temi della pace e quelli ambientali "Mi batterò per la difesa popolare non violenta - annuncia - e vorrei creare un gruppo di, parlamentari che si ponga come interfaccia del movimento: in vista del forum sociale di Londra, a ottobre, e di quello di Porto Alegre, a gennaio". L'impegno per la pace passi anche attraverso la campagna di mobilitazione, annunciata, per far sì che nella Costituzione europea sia inserito l'articolo che impegni l'Europa a ripudiare la guerra ca come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. "La lotta del movimento non si ferma e io dichiara Agnoletto - continuerò a far parte del movimento e a lavorare con le associazioni con cui ho lavorato finora,: anche perché un parlamentare non può sapere tutto".
[a.c.]

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