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10.07.07

www.carta.org Continuità

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Continuità

Lorenzo Guadagnucci

Mi dispiace ma non ci sto. Non dite che la questione G8 sta arrivando a conclusione, perché non è così. Gianni De Gennaro esce di scena, ma le ferite di Genova sanguinano ancora, forse più di prima. Se qualcuno pensa che la nomina di Antonio Manganelli sia un punto di svolta definitivo, si sbaglia di grosso. L'avvicendamento al vertice della polizia, per come è stato gestito e per cio' che rappresenta, non ricompone affatto la frattura che si consumò nel luglio del 2001 fra forze di polizia e cittadinanza. Non sana la lesione che fu inferta all'ordinamento democratico, non riscatta le istituzioni, che si rivelarono inacapaci di impedire la sospensione dello stato di diritto.
Potrei parlare di tutto il G8, di quanto accaduto nelle strade di Genova, in piazza Alimonda, nella caserma di Bolzaneto, ma voglio limitarmi alla notte della Diaz, il 21 luglio 2001, perché ero dentro la scuola e ne uscii [con altri 92] con le ossa rotte, oltre che in stato d'arresto. Quella notte mi sentii letteralmente un cittadino senza Costituzione. Gli agenti delle forze di polizia del mio paese mi pestavano a sangue senza alcun motivo e mi privavano della libertà senza nemmeno premurarsi di comunicarmene il motivo.
Non c'era più legge, non c'erano garanzie. La Diaz era un buco nero senza democrazia.
Sono uscito da quella scuola con due obiettivi: recuperare fiducia nelle forze di polizia e nello stato democratico; ottenere giustizia in tribunale.
Sotto quest'ultimo aspetto, che reputo il meno importante, è in corso un processo, che dovrebbe chiudersi in primo grado entro il 2007, ma che difficilmente arriverà al terzo grado di giudizio prima che scatti la prescrizione.
La lentezza della giustizia è un male italiano molto noto e questo caso non sfugge alla regola.
Ma è il primo obiettivo quello che più mi sta a cuore.
Dopo i due giorni trascorsi in ospedale piantonato, e una volta recuperata piena serenità di giudizio, mi sono ripromesso di dare un contributo alla ricerca di una via d'uscita, sotto il profilo etico e politico, all'eclissi di democrazia che avevo sperimentato sulla mia pelle.
Nel mio piccolo, ho scritto un libro su quanto accaduto alla Diaz, ho contribuito a fondare il Comitato Verità e Giustizia per Genova, ho partecipato a centinaia d'incontri e dibattiti in tutta Italia, ho cercato il dialogo con sindacalisti della polizia di stato.
Mi aspettavo, data l'enormità di quanto avevo vissuto, un forte moto d'indignazione fra la gente e fra gli uomini delle istituzioni.
Credevo che i miei diritti di cittadino e le mie aspettative di riscatto morale sarebbero stati accolti e valorizzati. In questi sei anni, a parte il sostegno e l'affetto di migliaia di persone, ho raccolto invece ben poco, specie dalle istituzioni.
Da cittadino convinto che la Costituzione venga prima di tutto e che ogni funzionario debba esserle fedele, mi sarei aspettato nei giorni e nei mesi seguiti al G8 una serie di cose: una denuncia pubblica, da parte del potere politico, che abusi del genere sono intollerabili; un'ammissione di colpa da parte della polizia, con l'avvio di una rigorosa inchiesta interna e le dimissioni del massimo responsbaile del corpo; la sospensione immediata dei dirigenti coinvolti nell'operazione; un messaggio di scuse alle vittime delle violenze; la massima collaborazione con la magistratura; l'avvio, da parte del parlamento, di una commissione d'inchiesta sull'intera gestione dell'ordine pubblico durante il G8.
È quanto avverrebbe in un paese autenticamente democratico, rispettoso delle leggi e della sua Costituzione.
In questi anni, è accaduto invece questo: la polizia ha mentito nel riferire la dinamica del blitz [la resistenza degli occupanti, le ferite pregresse]; ha costruito prove false per giustificare gli arresti [le bottiglie molotov]; non ha sospeso i responsabili dell'operazione, che sono anzi stati promossi; non ha chiesto scusa di alcunchè; ha ostacolato l'azione della magistratura [gli elenchi incompleti degli agenti impegnati nel blitz, l'invio di foto inutilizzabili per i riconoscimenti, la scomparsa delle bombe molotov ricevute in custodia].
Gli imputati, non paghi delle promozioni ricevute, hanno tenuto un comportamento processuale assolutamente inadeguato per funzionari dello Stato: hanno disertato tutte le udienze e solo due [Canterini e Fournier] su 29 hanno accettato di rispondere alle domande di pm e avvocati.
Il potere politico ha avallato questa condotta.
All'epoca del centrodestra c'è stata una legittimazione piena, con le promozioni degli imputati, il rifiuto di una commissione d'inchiesta, la conferma del capo della polizia. All'epoca del centrosinistra la politica delle promozioni è proseguita e il capo della polizia viene sostituito "per fine naturale del mandato" proprio nei giorni in cui viene indagato per istigazione alla falsa testimonianza e a ridosso del clamore suscitato dalla deposizione di Michelangelo Fournier sulla "macelleria messicana".
Come si vede, ci vorrebbe ben altro che l'ambiguo avvicendamento deciso dal governo Prodi.
Non siamo di fronte ad alcuna svolta. Il governo in carica non ha denunciato gli abusi commessi alla Diaz per quello che sono, una "macelleria italiana"; non ha revocato le promozioni [anzi ne ha concessa una]; non ha chiesto scusa alle vittime; non ha istituito una commissione d'inchiesta; non ha rimosso De Gennaro in quanto oggettivo responsabile, come capo della polizia, di quanto accaduto a Genova e delle coperture successive; ha scelto la strada della continuità anziché avviare quell'operazione di pulizia e trasparenza che sarebbe necessaria per ripristinare un clima di fiducia fra cittadinanza e forze dell'ordine.
Sono passati sei anni e la sensazione d'essere un cittadino senza Costituzione è ancora intatta.
Almeno, vi prego, non prendeteci in giro, e rispondete, se potete, a queste semplici domande: chi controlla davvero le forze di polizia? Chi garantisce la effettiva preminenza dei diritti costituzionali?

Comitato Verità e Giustizia per Genova

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