01.08.06
www.corriere.it: Genova, 5 anni dopo Il G8 dei segreti inesistenti
Genova, 5 anni dopo Il G8 dei segreti inesistenti e il G8 del senso comune
Pierluigi Battista
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)
24 luglio 2006
Ma davvero c' è qualcosa di essenziale ancora da scoprire? Grava ancora l'
ombra fitta del mistero, del silenzio, dell' omertà criminosa su quella
scena tragica di Piazza Alimonda, luglio 2001, quando morì Carlo Giuliani
durante l' inferno di Genova, ospiti i grandi della Terra per il vertice
del G8? C' è urgente bisogno di una Commissione d' inchiesta parlamentare,
come viene imperiosamente chiesto da Rifondazione comunista malgrado i
dinieghi di Luciano Violante? Bisogna «fare piena luce» sulla morte di
Giuliani, come invoca il Diario? «Il caso è aperto», come sostiene il
manifesto, anche se la pratica giudiziaria è stata archiviata nel 2003?
«La democrazia di questo Paese», come sottolinea con enfasi Liberazione,
ha vitale necessità di rimuovere colpevoli non ancora individuati,
responsabili ancora coperti, mandanti ancora non identificati? E se invece
non ci fosse proprio niente da illuminare, perché mai un episodio tragico
come questo si è dipanato sotto la luce di tanti riflettori, immortalato
da innumerevoli flash, fissato e memorizzato da una quantità
impressionante di videocamere e cineprese? Resta, di ciò che accadde a
Genova cinque anni fa, la vita stroncata di un giovane, il dolore
immedicabile dei genitori, l' infelicità del carabiniere che ha premuto il
grilletto e che nel ricordo schiacciante di quelle ore è uscito di senno,
le brutalità notturne della polizia nella scuola Diaz, le sevizie
ingiustificabili nella caserma di Bolzaneto. Ma resta anche, impressa
nella memoria del finimondo di una città intera che venne devastata e
saccheggiata, una sequenza causale e fattuale confermata dalle migliaia di
foto e di immagini riprese da ogni angolatura possibile, da ogni punto di
vista, da ogni postazione, da ogni prospettiva, da ogni strumento di
rilevazione, audio o video che fosse. La sequenza, sempre la stessa, di un
poderoso gruppo di manifestanti con caschi, tute, scudi, passamontagna,
bastoni, spranghe, bottiglie che si avventa su una camionetta isolata; di
un giovane con la canottiera bianca, il viso coperto da un passamontagna
che si china per raccogliere un estintore e poi tenta di scagliarlo contro
un autoblindo intrappolato; la sagoma di una pistola all' interno della
camionetta e i colpi esplosi da un giovane in divisa preda del terrore più
cieco, in balìa del panico, del fumo tossico, delle urla di chi lo sta
circondando. Che cosa c' è da scoprire? Quale perizia balistica, quale
sofisticato strumento d' indagine potranno mai smentire (o alterare nella
sostanza) questa sequenza così macroscopicamente evidente? Quale mistero
ha potuto avvalersi, con foto e video di ogni tipo, di testimonianze tanto
numerose, convergenti, dettagliate? C' è un solo strumento che impedisce
di vedere ciò che tutti hanno visto, di captare le immagini che tutti
hanno potuto visionare: la lente deformante del pregiudizio ideologico.
Non la sofferenza atroce di chi non sopporta il ricordo del proprio figlio
steso sul selciato, in una chiazza di sangue. Non la pietà per un giovane
che credeva di fare la rivoluzione armato di un estintore e convinto di
scorgere nel suo coetaneo in divisa e miseramente retribuito l' agente del
male e dell' ingiustizia nel mondo. Ma la coazione a ripetere, l'
ossessione del mistero, del complotto, della cospirazione che fodera lo
sguardo libero da pregiudizi e ricostruisce mentalmente e culturalmente
una sequenza distante e incompatibile con quella percepita dal senso
comune (che, come ha spiegato Raffaele La Capria, è cosa ben diversa dal
mediocre buon senso). Non un omaggio alla memoria, ma l' eterna
propensione a confondere la visione delle cose con la propria visione del
mondo.
Il G8 di Genova e le domande senza risposta
Vittorio Agnoletto (Ex portavoce del Genoa Social)
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)
25 luglio 2006
Scrivo in riferimento al commento di Pierluigi Battista «Genova, 5 anni
dopo. Il G8 dei segreti inesistenti e il G8 del senso comune» (pubblicato
sul Corriere del 24 luglio, a pagina 24). In Italia, nel luglio del 2001,
abbiamo vissuto quella che Amnesty International ha definito «la più grave
sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la
seconda guerra mondiale». Basterebbe questo per attivare immediatamente
una commissione d' inchiesta parlamentare. La ferita di quei giorni è
rimasta aperta e dolorante nelle coscienze di tanti italiani che ancora s'
interrogano sulle responsabilità politiche, oltre che materiali, dei fatti
accaduti. L' individuazione degli addebiti penali dei singoli attraverso i
processi in corso non può compensare la richiesta di verità su coloro che
stavano all' apice della catena di comando, sulle inadempienze e sugli
abusi di potere, sugli occultamenti di prove o sulla loro invenzione. Le
domande senza risposta si sprecano. Cosa ci facevano gli onorevoli Fini e
Ascierto nella sala operativa dei carabinieri a Forte San Giuliano? Chi ha
deciso l' assalto alla scuola Diaz e tollerato le torture a Bolzaneto?
Qual era l' intreccio tra forze dell' ordine infiltrate e black block e
perché questi ultimi hanno agito indisturbati, entrando e uscendo
liberamente da una delle città più blindate al mondo? Ancora, chi era
responsabile del coordinamento tra carabinieri e polizia in occasione
dell' attacco al corteo autorizzato delle Tute bianche in via Tolemaide?
Sull' uccisione di Carlo Giuliani poi, faccio notare che è proprio una
perizia balistica, quanto meno fantasiosa, ad avere archiviato il caso: un
calcinaccio volante che devia un proiettile sparato in aria e che invece
lo colpisce alla testa. Altro che senso comune. Infine se la commissione
d' inchiesta, scritta nero su bianco nel programma dell' Unione, dovesse
rilevare delle precise responsabilità del capo della polizia, Gianni De
Gennaro, saremmo ancora in tempo per evitarne la promozione ai vertici dei
servizi segreti italiani.
La Giuliani: benefici agli agenti del G8? Sono favorevole, la galera non
serve
Marco Nese
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)
31 luglio 2006
ROMA - Haidi Giuliani, la madre di Carlo ucciso a Genova durante il G8,
dovrebbe subentrare al senatore di Rifondazione comunista Luigi Malabarba
che vuole dimettersi (anche se la sua richiesta per ora è stata respinta)
per lasciarle il seggio. «Fossi stata già presente in Aula - racconta -
avrei votato con convinzione a favore dell' indulto». Non la disturba l'
idea che il provvedimento di clemenza andrà anche a beneficio dei
poliziotti accusati di aver commesso abusi a Genova nei giorni in cui si
svolgeva il G8. Perché, dice, infliggendo punizioni non si risolvono i
problemi, «non ho mai pensato che tutto vada a posto sbattendo la gente in
galera». A suo modo di vedere, considerando come si sono comportati i
poliziotti a Genova, le condanne «servono a poco, basta la condanna
morale, ma ciò che conta veramente è l' azione preventiva, è l'
educazione, la lezione democratica da impartire agli agenti perché
manifestino un atteggiamento umano e non facciano mai più ricorso ai
maltrattamenti». Alla signora Giuliani bastano le attribuzioni della
responsabilità. È sufficiente che si dica: ecco, tu hai commesso queste
violenze, è accertato, non puoi negarlo. «Nella sua coscienza, l' accusato
sa di essere stato scoperto e questo basta. Poi per il resto chi se ne
importa, sappiamo che nella storia della Repubblica poliziotti e
carabinieri non hanno mai pagato, godono di un' immunità sicura». Quello
che si è prospettato in Parlamento, agli occhi della futura senatrice
Giuliani, suona come un «ricatto», se voi della sinistra insistete per far
rimettere in libertà «tanti poveri derelitti che nelle celle stanno
pigiati, sopportando una vera crudeltà umana, allora dovete accettare che
il beneficio vada anche a favore di persone che sono lontane dai vostri
interessi».