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15.02.06

G8 riconosciuto il capo di Bolzaneto

G8, riconosciuto il «capo» di Bolzaneto
L'ispettore Antonio Gugliotta era il più alto in grado nella struttura. Un teste: mi picchiavano e lui non è intervenuto. Un altro ricorda: in cella con me un fascista. È un ultras della Roma
SIMONE PIERANNI
GENOVA
Un altro riconoscimento «pesante» ieri in aula a Genova, durante l'udienza del processo per i fatti di Bolzaneto. Fabrizio Ferrazzi, cinquantenne di La Spezia, laurea in filosofia e titolare di un'azienda agricola, ha individuato l'ispettore Antonio Gugliotta, all'epoca dei fatti «responsabile della sicurezza e dell'organizzazione dei servizi nel sito penitenziario di Bolzaneto». «Ero nel corridoio - ha detto il teste - mi tiravano calci e lui era lì e non faceva nulla». Antonio Gugliotta era il funzionario con il grado più alto nella struttura ed era direttamente responsabile della custodia dei detenuti una volta passati «nelle mani» della polizia penitenziaria. A Gugliotta sono contestati anche i reati di percosse e violenze privata (uno delle sue vittime testimonierà oggi a Genova). Ferrazzi ha confermato in aula quanto già dichiarato ai pm in sede di indagini, riconoscendo anche Giuliano Patrizi, sovrintendente di polizia penitenziaria in servizio a Bolzaneto (nonostante in prima battuta i pm abbiano mostrato una foto pescata dall'album sbagliato che infatti il teste non ha identificato, salvo poi riconoscere la foto corretta), la cui posizione fu però archiviata dal gip, e infine il medico Giacomo Toccafondi. Per il responsabile del servizio sanitario presso la caserma di Bolzaneto si è trattato del secondo riconoscimento in un giorno solo. Anche Diana Franceschin, 25 anni, milanese, lo ha infatti ricordato come uno dei principali protagonisti delle battute di scherno che regnavano in infermeria, che - a parere dei pm - avrebbe dovuto essere invece un luogo di «forte dissenso» rispetto al resto della caserma. Proprio una maglietta requisita alla Franceschin sarebbe uno dei «trofei» che Giacomo Toccafondi avrebbe conservato.

La deposizione di F.G., primo teste della giornata, ha invece offerto quello che lo stesso testimone, poco dopo la sua deposizione, ha definito «un aneddoto paradossale». «Allo stadio mi denunciano se canto "faccetta nera", qui mi obbligano a cantarla», gli avrebbe infatti detto un ragazzo al suo fianco nella cella. Lo stesso ragazzo che F.G. aveva visto in piazza, picchiato dai poliziotti in modo violento, qualche ora prima: «Gli misero un piede in testa, come per mettersi in posa».

F.G., dopo una simile esternazione, ricorda di avere pensato allora che «i carcerieri avevano arrestato un loro simile». Le circostanze con cui F.G. ha descritto i fatti - sia le fasi dell'arresto, sia le fasi all'interno della caserma - sembrano coincidere con quanto rilasciato in fase di indagini da B.M. (un ragazzo romano, tifoso giallorosso e figlio di un ispettore-capo della Dia di Roma) già ascoltato in aula sulle violenze subite dopo il suo arrivo nella caserma. Questo episodio non è l'unica novità della deposizione di F.G. - che ancora oggi ha problemi di circolazione alle mani a causa delle reiterate occasioni in cui i poliziotti gli stringevano i laccetti neri usati come manette: «In infermeria ero nudo e mi obbligarono a vestirmi con una felpa fradicia di urina», ha detto ieri in aula, aggiungendo un nuovo particolare all'elenco dei «trattamenti inumani e degradanti» ravvisati dai pm in fase di indagine.

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